5 – Ideologie e Bisogni

(prosegue la serie di approfondimenti dei punti sinteticamente elencati nel post intitolato: “Sui processi di Inganno”)

I Processi di Inganno si formalizzano in Ideologie finalizzate a massimizzare il saccheggio delle risorse ecosistemiche a vantaggio delle collettività che vi si identifichino

L’esistenza dei Processi di Inganno [1] all’interno delle collettività umane porta necessariamente alla loro formalizzazione in termini di Ideologie [2]. Un’ideologia è, sostanzialmente, un sistema di idee fra loro coerenti in grado di 1) strutturare una visione del mondo e della realtà e 2) fornire indicazioni sulle pratiche da porre in essere per massimizzare sia il benessere individuale che quello della collettività che in tale ideologia si riconosce.

Il primo punto è sufficientemente chiaro e disambiguo: un’ideologia deve contenere elementi conoscitivi e verificabili, perché su questi elementi si fonda la sua credibilità. Il secondo punto introduce il concetto di ‘benessere’, che merita un approfondimento.

Nel regno animale il ‘benessere’ coincide con la realizzazione di tre condizioni: un adeguato accesso al cibo, uno stato di buona salute fisica e la soddisfazione degli impulsi riproduttivi. Gli animali non hanno bisogno di altro, e normalmente non necessitano di altro. Gli istinti migratori, presenti in moltissime specie, possono essere fatti rientrare nel primo o nel terzo punto, essendo pulsioni che si sono modellate nei millenni per massimizzare la sopravvivenza e la riproduzione.

Lo sviluppo del cervello umano ha però introdotto, in questo meccanismo di soddisfazione relativamente semplice, ulteriori gradi di articolazione e complessità, che le dinamiche sociali hanno finito con l’espandere ulteriormente. Il primo ambito da indagare riguarda le patologie psichiche.

Essendo il cervello umano un organo estremamente complesso, squilibri di natura elettrochimica, o dovuti ad uno sviluppo irregolare delle singole aree, o delle relazioni tra esse, sono sufficienti a produrre l’emergere di personalità dall’equilibrio precario, se non del tutto assente. La dimensione sociale e solidale protegge gli individui portatori di queste peculiarità dalle conseguenze dei normali processi di selezione naturale, finendo col farle divenire endemiche.

Per inciso, lo stesso sviluppo della dimensione sociale discende dallo stabilizzarsi di qualcosa di molto simile ad una patologia psichica: la sofferenza che si produce nello star lontani dai nostri simili [3]. Questa caratteristica, tuttavia, ha finito col produrre entità collettive (gruppi, branchi, tribù) caratterizzate da un’efficienza, in termini di sopravvivenza e riproduzione, superiore a quella dei singoli individui isolati.

Le diverse forme di squilibrio psichico generano un ventaglio di ‘bisogni’ molto ampio, che possono, nei casi più gravi, essere percepiti come prioritari rispetto alle esigenze naturali di sopravvivenza e riproduzione.

Senza scendere troppo nei dettagli, un caso su tutti è quello dell’anoressia, condizione psichica caratterizzata dall’incapacità, da parte del cervello, di riconoscere correttamente uno stato di benessere fisiologico e dalla conseguente ricerca di una condizione fisica patologica, che nei casi più gravi può condurre alla morte.

Altra caratteristica dei cervelli umani (ma non solo) è l’insorgere di dipendenze. L’organismo dipendente sviluppa un bisogno patologico nei confronti di determinate sostanze, o di determinate abitudini, che finisce col diventare prioritario rispetto alla salute ed al benessere individuale.

Sempre a titolo di esempio, sostanze stordenti come l’alcol e la maggior parte delle droghe psicotrope ottengono di generare un sollievo psichico quando l’individuo si trova in condizioni di stress. Questo non rappresenta un portato negativo immediato ma, se le condizioni di stress non vengono rimosse e l’assunzione di sostanze viene ripetuta con regolarità, l’organismo sviluppa una dipendenza di natura metabolica, rendendone difficile l’eradicazione.

In ragione di ciò, la definizione delle Ideologie come ‘sistemi di idee funzionali alla massimizzazione del benessere’, per quanto calzante, è resa indefinita proprio dall’intrinseca indeterminazione del concetto di ‘benessere’, che ogni individuo declina in modi e forme differenti e può variare nelle diverse fasi della vita o in risposta a condizioni esterne, come la disponibilità di cibo e risorse.

Per capirci, una persona abituata a disporre di nutrimento scarso e scadente proverà una sensazione di benessere, di fronte ad un buon pasto, molto superiore a quella provata da chi quello stesso ‘buon pasto’ lo consuma abitualmente. Questo introduce un ulteriore elemento, quello dell’assuefazione: un ‘bisogno’ è tale finché non viene soddisfatto, ma la regolare soddisfazione dei bisogni non implica necessariamente uno stato di benessere, perché il cervello tende ad abituarsi e sviluppare ulteriori bisogni di grado più elevato.

Possiamo osservare questo processo, a livello di singoli e civiltà, fin dalle epoche più remote. I nostri antenati condividevano gli stessi bisogni e necessità del resto del regno animale, ma ad ogni singolo avanzamento tecnologico, una volta soddisfatti i bisogni primari, abbiamo finito con l’elaborarne di nuovi e più energivori.

L’invenzione dell’agricoltura, nell’antico Egitto, ha generato un benessere che si è tradotto in aumento della popolazione, che a sua volta ha finito col produrre la colonizzazione di nuove aree del bacino del Nilo. La popolazione, abbondante e ben nutrita, ha quindi potuto spendere le proprie energie nella fabbricazione di manufatti di complessità crescente, dando vita ad una delle più antiche civiltà, elevando templi, città, monumenti e manufatti che appaiono sorprendenti ancora oggi. Osservando il processo nella chiave di lettura delle ideologie, possiamo dire che lo sviluppo di un’ideologia religiosa ha dapprima soddisfatto il bisogno di rassicurazione rispetto alla morte ed alla vita nell’aldilà ma, una volta ottenuto questo risultato, l’abbondanza di ricchezza prodotta ha alimentato ulteriori e nuovi Processi di Inganno (in modalità che vedremo meglio in seguito) portando all’emergere di nuovi bisogni: di rappresentazione, di affermazione, di esibizione di ricchezza. Bisogni che l’ideologia stessa si è adattata a soddisfare, finché non è entrata in conflitto con la più aggressiva ideologia militare dell’Impero Romano.

L’indeterminazione in cosa sia ‘bisogno’, e in che modo esso debba essere soddisfatto, dà conto del sorprendente ventaglio di ideologie, piccole e grandi, diffuse e di nicchia, che l’umanità, nella sua storia millenaria, ha finito con lo sviluppare. Ogni ideologia contiene in sé sia elementi conoscitivi, necessari alla comprensione di quanto esistente, sia elementi irrazionali, necessari a definire quali azioni mettere in atto.

  • Un’ideologia carente sul piano degli elementi conoscitivi risulterà fallimentare nella gestione della realtà contingente
  • Un’ideologia carente, o eccedente, sul piano degli elementi irrazionali (e motivazionali) risulterà parimenti inadeguata a garantire il benessere collettivo nel lungo termine.
  • Una cultura aggressiva nei confronti del proprio habitat ed animata da un’ideologia carente di elementi conoscitivi sfrutterà le risorse disponibili oltre la loro capacità di rigenerazione, portando l’ecosistema all’esaurimento ed al collasso.
  • Una cultura animata da un’ideologia carente di elementi motivazionali risulterà stabile ed equilibrata nel suo rapporto con l’ambiente circostante ma ‘stagnante’, continuando a riprodurre, immutati nel tempo, i medesimi comportamenti. Ciò appare vantaggioso, ma solo finché la cultura ‘stabile’ non finisce a confliggere con una più aggressiva [4].

Le situazioni descritte hanno avuto modo di verificarsi in diversi luoghi ed epoche nella storia umana. Come esempio (fra tanti) di una cultura ‘aggressiva’ mi viene in mente Rapa-Nui, l’Isola di Pasqua, dove la popolazione umana che per prima vi pose piede intorno all’anno mille dell’era cristiana ha, nell’arco di pochi secoli, irresponsabilmente portato all’estinzione una varietà di palme giganti, endemica dell’ambiente insulare e parte integrante della funzionalità di tale ecosistema, finendo col distruggere l’habitat da cui l’intera popolazione traeva sostentamento [5]. Come modello di una cultura del secondo tipo mi vengono in mente le popolazioni di cacciatori/raccoglitori, un tempo diffuse in tutto il pianeta ed ora largamente minoritarie ed in via di scomparsa, predate e sterminate a causa dall’invadenza di popolazioni animate da ideologie più aggressive e tecnologie più avanzate. Quest’ultimo tipo di conflitto è attualmente osservabile nella foresta amazzonica.

L’umanità ha avuto modo di mettere in pratica, nel corso della sua lunga storia sul pianeta, numerose e diverse ideologie, che hanno prodotto una varietà di forme di relazionamento con gli habitat naturali, con diversi gradi di successo. Quello che si osserva è che ogni civiltà, dato un sufficiente surplus di risorse, tende ad espandersi territorialmente. Tale espansione cessa, e a volte si inverte, quando la civiltà stessa si trova a corto di risorse.

I confini di una civiltà definiscono un ‘sistema chiuso’, all’interno del quale la civiltà stessa è forzata a cercare un equilibrio. Può essere un’isola, una penisola, una valle, un subcontinente, in casi eccezionali un intero continente. La cultura tecnologica attuale è arrivata ai limiti estremi, arrivando ad espandersi sull’intero pianeta, pur se frammentata in un ventaglio di varietà ideologiche, prevalentemente rispetto alla forma di governo, poco dissimili l’una dall’altra.

Tuttavia questa cultura è ben lontana dall’aver stabilito un equilibrio, perché l’espansione che ha interessato la popolazione umana negli ultimi tre secoli non si è basata sull’impiego dei flussi energetici correntemente disponibili (radiazione solare, in prevalenza), ma ha attinto a sacche di accumuli energetici prodottisi nell’arco di milioni di anni (carbone, petrolio, gas metano), rese disponibili dall’estrazione e raffinazione delle diverse vene minerali e metallifere più facilmente accessibili.

In questo momento storico le Culture Razionali, animate dal Pensiero Scientifico, stanno accumulando evidenze allarmanti sulla probabile evoluzione futura di queste modalità di consumo scriteriato, mentre le Culture Irrazionali, correntemente identificate col termine di ‘Mercati’, non sono interessate a nulla che non rientri in un’orizzonte immediato, ed operano in direzione di un’ulteriore accelerazione dei consumi.

Tuttavia, come già spiegato, le Culture Razionali, all’interno di una società umana, rivestono una funzione puramente accessoria, mentre sono le Culture Irrazionali, stante la loro funzione specificamente motivazionale, a gestire la sfera organizzativa di gruppi e collettività. Sono le Culture Irrazionali, attraverso i loro esponenti, a modellare le ideologie per meglio rispondere ai propri ‘bisogni’, e a decidere se far uso o meno delle competenze acquisite dalle Culture Razionali.

Nell’economia dei processi evolutivi non conta tanto la giustezza dell’agire, quanto l’esito finale. Credere in qualcosa che ci aiuta a sopravvivere ed affermarci si dimostra utile, indipendentemente dal reale fondamento, o meno, di ciò in cui crediamo. Sopravvivere grazie a motivazioni illusorie è preferibile al morire agendo sulla base di evidenze inconfutabili. Questo è un portato evolutivo: quando tutto appare perduto, una fede irrazionale può spingerci a non desistere dal tentativo di sopravvivere. O, detto in altri termini: “a provare si rischia di perdere, ma chi non prova ha già perso in partenza”.

Di conseguenza, ad affermarsi non sono le credenze, convinzioni e ideologie più calzanti e verosimili, ma quelle capaci di generare i maggiori vantaggi nel breve e medio termine. Qualora le condizioni di contorno abbiano a cambiare, se le credenze, convinzioni e ideologie adottate in precedenza si rivelano inefficaci nel gestire il benessere della collettività, possono essere abbandonate e soppiantate da altre.

La preistoria e la storia dell’umanità sono ricche di esempi di civiltà che hanno prosperato individuando e sfruttando le risorse naturali. Con le pietre abbiamo costruito utensili per cacciare, costruire rifugi e trasformare la realtà naturale. Con l’agricoltura abbiamo sottratto le terre fertili alle varietà vegetali non nutrienti per riservarle a quelle edibili.

Nel far questo abbiamo spesso ottenuto di esaurire la fertilità dei terreni e le risorse da cui dipendevamo, o di stravolgere equilibri ambientali delicati. Le civiltà che non sono riuscite a trovare un equilibrio col proprio contesto, dopo periodi di prosperità e di produzione di manufatti imponenti, sono finite col declinare e scomparire. Le stesse Culture Irrazionali e Ideologie alla base del successo di quelle civiltà, per aver alimentato uno sfruttamento eccessivo delle risorse ecosistemiche, ne sono state la causa prima della scomparsa.

La civiltà di cui facciamo parte sta percorrendo la stessa parabola di altre che, in epoche passate, sono andate incontro al collasso sistemico. Credo che questa evidenza dovrebbe interessarci e spingerci a cercare un rimedio alle dinamiche scarsamente lungimiranti che vengono generate dal contesto sociale.

Nel prossimo approfondimento esamineremo il ruolo dei Processi di Inganno nella modellazione di Ideologie irrazionali ed opportuniste, ovvero strettamente focalizzate sui ritorni a brevissimo termine e relativamente cieche rispetto alle conseguenze sul lungo periodo.

(Continua)


[1] – I Processi di Inganno

[2] – Ideologie

[3] – L’origine della socialità

[4] – Il Paradosso Maori

[5] – Storia dell’Isola di Pasqua

8 pensieri su “5 – Ideologie e Bisogni

  1. Pingback: Sui Processi di Inganno | Mammifero Bipede

  2. Aggiungo che – visto il livello molto elevato – sto saccheggiando in modo indecoroso i tuoi post per il mio blog personale.
    Spero che tu non te ne abbia a male… 😉

  3. Aggiungo che – visto il livello davvero elevato – sto saccheggiando in modo indecoroso i tuoi post per il mio blog personale.
    Spero che tu non te ne abbia a male… 😉

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