Perché gli automobilisti ci odiano

“Perché gli automobilisti ci odiano???” Questa domanda è stata sollevata, qualche sera fa, nel corso della presentazione del libro “No Bici“. Nessuno dei presenti ha saputo o voluto rispondere all’interrogativo ed io non me la sono sentita di intervenire dato che ero appena arrivato (in ritardissimo), sudato ed affannato per aver attraversato Roma due o tre volte in sella alla bici. Ma la domanda merita una risposta, provo a darla qui. Gli automobilisti “odiano” i ciclisti per tre fondamentali motivi.

1 – Siamo belli
Ormai se ne è accorta anche la pubblicità: la bicicletta viene usata dalle case di moda per veicolare uno stile di vita “fashion”, e mostrare biciclette accanto ad attori e modelli invariabilmente bellissimi crea un collegamento automatico.
In realtà i ciclisti non sono più o meno belli degli altri, ma il fatto in sé di andare in bicicletta attiva negli altri la percezione di modelli di “bellezza” ben più profondi ed archetipici di quelli superficiali, laccati e stucchevoli elaborati da cinema e televisione.

Tutta la nostra evoluzione sociale e culturale non ha potuto cancellare gli istinti basici della specie umana, sappiamo ancora riconoscere il valore della forza fisica, della prontezza di riflessi, dell’agilità, dell’equilibrio, e non possiamo resistere alla fascinazione dell’intelligenza necessaria a gestire queste capacità in un ambiente ostile e rischioso. La “bellezza” dei ciclisti urbani non è quindi un dato puramente estetico (anche se l’esercizio fisico aiuta a conformarsi ai modelli estetici dominanti), ma qualcosa di molto più profondo, viscerale e percepito ad un livello del tutto istintivo. Fascinazione capace, come ogni forma di esibizione fisica, di ingenerare meccanismi inconsci di rivalità.

2 – Siamo liberi
Il senso di libertà è forse il messaggio chiave al quale le pubblicità martellanti ed invasive delle case automobilistiche sono solite legare i propri prodotti. A ragionarci su un attimo, una forma di libertà ottenibile solo chiudendosi all’interno di una scatola (a ruote) fa abbastanza ridere, eppure l’innegabile successo globale di questo tipo di comunicazione testimonia sicuramente due cose: da un lato una straordinaria capacità di manipolazione delle idee da parte dei pubblicitari, dall’altro una altrettanto straordinaria e simmetrica incapacità, da parte di molti, di articolare una semplice analisi.

Ma è solo dopo aver effettuato l’acquisto che l’automobilista inizia a percepire (e contemporaneamente rimuovere) quale sia il rovescio della medaglia: spese su spese (carburante, bollo, assicurazione, manutenzione, multe…), elevati livelli di stress personale (l’attenzione alla guida, alla segnaletica, la convivenza in spazi urbani sovraffollati di altri veicoli, le code e i rallentamenti, gli inevitabili piccoli incidenti, l’assenza cronica di spazi di sosta, ecc, ecc…), e da ultimo la sensazione sotterranea di essere caduti in trappola ed essersi lasciati fregare. Niente, comunque, che non possa essere curato con una buona dose serale di rimbambimento catodico, farcito di automobili nuove e luccicanti che si muovono libere in scenari aperti e spettacolari e che nel far questo non mancano di sedurre splendide donne.

In questo meccanismo perfettamente oliato di condizionamento mentale ed autoasservimento il ciclista rappresenta il classico granello di sabbia in mezzo agli ingranaggi. Perché l’andare in bici illustra, letteralmente, l’essere fuori dalla “scatola (a ruote)”, ovvero la differenza tra dentro e fuori. Nel vedere un individuo (della propria stessa specie) scorrazzare libero all’aperto, l’automobilista diventa istintivamente consapevole della propria condizione di costrizione.

Oltre all’assenza di un “carapace” metallico, i ciclisti godono di altre forme di libertà derivanti dalla loro leggerezza e dal minimo ingombro dei propri veicoli: potendo utilizzare per i propri spostamenti spazi che agli automobilisti sono preclusi. Di fatto nella circolazione sulle strade i ciclisti subiscono un’organizzazione viaria resa obbligata dalla presenza stessa delle automobili, e sono soggetti a vincoli ed imposizioni che in assenza di automobili cesserebbero semplicemente di aver senso (i semafori, tanto per dirne una, o i sensi unici…).

Non stupisca quindi se molti ciclisti decidono di ribellarsi a queste vessazioni legalizzate praticando modalità “alternative” di utilizzo delle strade e degli spazi condivisi. Modi d’uso “anarchici, sregolati ed illegali” solo se letti in un’ottica totalmente autocentrica (come quella purtroppo condivisa dalla maggior parte della popolazione italiana), ma del tutto sensati e coerenti con le specificità di veicoli strutturalmente e concettualmente diversi.

I ciclisti sono liberi anche e soprattutto mentalmente: liberi dai condizionamenti sociali, dal bisogno di apparire, dal conformismo. Il ciclista sfida la mentalità imperante.

3 – Siamo felici
Le precedenti due affermazioni non possono che portare alla terza ed ultima constatazione: i ciclisti sono mediamente meno sacrificati e quindi più felici degli automobilisti. Chi sceglie di andare in bicicletta lo fa deliberatamente, perché gli/le piace, e normalmente la soddisfazione di fare qualcosa che piace traspare nei volti e nel “linguaggio del corpo”. I ciclisti che si incontrano sulle strade sono in genere sorridenti, o al più concentrati. Non vedrete mai un ciclista schiumare di rabbia impotente perché bloccato in un ingorgo: c’è sempre un marciapiedi, una via secondaria, un passaggio pedonale in cui svicolare, magari bici a mano. I ciclisti sono tali perché non si lasciano intrappolare, nemmeno mentalmente.

Questo per quanto riguarda le mie risposte alla domanda del titolo. In realtà, poi, tecnicamente quello di cui stiamo ragionando non è nemmeno odio. Ciò che gli automobilisti proiettano su di noi è solo la loro stessa frustrazione. La percezione (inconfessabile) di essere “dalla parte sbagliata”, di aver operato scelte di vita discutibili, di stare sporcando, inquinando, consumando risorse senza neppure ricavarne un reale beneficio.

Studi condotti sulle popolazioni cinesi esposte al recente boom economico dimostrano che a fronte di una maggior ricchezza non si registra un corrispondente aumento nella felicità delle persone, che al contrario appare declinare. Pensate a questo la prossima volta che girerete la chiave per avviare la vostra automobile, o vedrete un ciclista (o una ciclista) che vi sorpassa con aria allegra e sbarazzina. Pensate che tutto potrebbe essere diverso. Anche per voi.

Ciclisti

24 pensieri su “Perché gli automobilisti ci odiano

    • Sono automobilista e ciclista e ritengo che tutte queste disquizioni lasciano il tempo che trovano. Uso la macchina quando mi serve e per piacere personale ( ne posseggo alcune d’epoca) e uso la bici per lo stesso motivo come ad esempio, andare da casa a studio o viceversa o per piccoli acqusti o per girare la citta’o per puro piacere personale.Non mi sento speciale ne’ bello e non sono fanatico di Greta. Ritengo opportuno di essere lasciato in pace a vivere la vita che ho deciso di vivere senza costrizioni da parte di nessuno, specialmente di politici e pseudo filosofi di moda. Quanto alle tasse sulle auto, andrebbero tolte e basta dato che colpiscono un pattimonio ( di fatto sono una patrimoniale vera e propria dato che i ricavi non vengono impiegati per migliorare la circolazione e la viabilità) mentre le multe servono solo ad ingrassare i comuni che, come è noto, spendono e tassano. Condiderato il concetto di “ politica illuminata” che alberga nei cosidetti politici ( soprattutto quelli di sinistra) , sarei propenso a credere che costoro, se no esistessero le automobili, tasserebbero allo stesso modo le biciclette e perfino i monopattini ! Per tale motivo ritengo che queste discussioni lasciano il tempo che trovano!

      • Mi scuso con i lettori per eventuali errori grammaticali nel redare il mio commento ma mi riesce difficile per età ad utilizzare la tastiera dei moderni telefoni portatili.

      • Il problema delle automobili, come del fumo e, se vogliamo, di qualunque attività economica, è l’esternalizzazione dei danni a fronte di un’internalizzazione dei profitti. L’automobile produce costi sociali in ragione molto maggiore di quanto venga recuperato per mezzo della tassazione. In sostanza i costi sociali vengono spalmati sulla fiscalità ordinaria, e questo ha l’effetto di sollevare i conducenti degli autoveicoli dalle proprie responsabilità (ottenendo di favorire la vendita di automobili). In Danimarca hanno quantificato questi costi, e li applicano sotto forma di tassa di possesso al momento dell’acquisto del veicolo. In pratica, se vuoi guidare un’automobile paghi allo stato, in anticipo, i danni stimati causati dal veicolo nel corso della sua vita utile. Questi ‘danni’ valgono il 180% del costo del veicolo. In pratica su un’automobile che costa 10.000€ se ne pagano altri 18.000 di tassa di possesso. Una cifra equa. Qui, invece, li paghiamo tutti, indistintamente, che si possieda un’automobile o meno.

  1. Ottima analisi, tutti i fondamentali sono centrati in pieno. A questo punto diciamo… gli automobilisti che nutrono questo astio verso di noi sono dei poveretti e degli insoddisfatti.

  2. Pingback: Il trionfo della morte – 1 | Mammifero Bipede

  3. da noi succede che i ciclisti in gruppo disordinato rallentano e di molto il traffico nelle strade extraurbane. e’ una provocazione inutile e dannosa che aumenta almeno da noi un odio viscerale verso i ciclisti. quindi qualcosa lo provocano anche certi atteggiamenti anche arroganti. detto questo tutto il resto mi pare vero con una aggiunta. la macchina è l’idolo del comodismo a portata di mano.se una cosa è scomoda non vale. per avere l’acqua ci basta girare un rubinetto, per avere la musica ci basta schiacciare un tasto, i finestrini sono elettrici, e così via…..la bicicletta è l’inizio della ribellione al comodismo…tu che hai viaggiato in bici ti sei allenato a combatterlo e il tuo cervello e il tuo cuore ne ha ricavato energia. il comodismo fa l’opposto e se non hai soddisfazione hai solo frustrazione. esempio: mia moglie è via….mi lavo i panni a mano…e sono contento di non far andare la lavatrice. ma questa è meglio che le donne non la leggano

    • I grupponi di bici da corsa che occupano la sede stradale ci sono dappertutto. E’ un modo che hanno i ciclisti sportivi di fare “massa critica”, né d’altro canto hanno alternative. Mettersi in fila per uno comporterebbe il doppio problema di non poter replicare le dinamiche delle competizioni (sorpassi, alternarsi a “tirare” alla testa del gruppo, ecc…) e di esporsi al rischio di sorpassi pericolosi da parte degli automobilisti.
      Ti rammento che il CdS in Italia non fissa, come avviene in altri paesi, una distanza minima per il sorpasso dei ciclisti (in genere 1,50m) ma lascia la decisione alla discrezione dell’automobilista, che tende spesso a “farti il pelo”
      Di fatto, se fosse imposta la distanza minima di sicurezza, su molte strade a carreggiata stretta andrebbe vietato il sorpasso dei ciclisti, tout-court.
      In città, per dire, mi capita spesso di impegnare il centro della carreggiata e venire infastidito dai clacson dietro di me di qualche automobilista che vuole sorpassarmi a tutti i costi, anche se non c’è lo spazio per farlo in sicurezza. In questo caso sono io a stabilire che la larghezza della sede stradale non è sufficiente a garantire una “distanza minima” accettabile, e l’automobilista (o il conducente dell’autobus) protesta perché si sente privato di quello che ritiene il suo sacrosanto diritto di spadroneggiare sulla sede stradale, imponendo agli altri la propria idea di “sicurezza”.
      Su tutto questo, sull’utilizzo delle strade, sui diritti e doveri correlati alla conduzione dei veicoli, c’è un vuoto culturale terrificante, e non è un caso se poi abbiamo così tante violazioni del CdS e così tanti incidenti.

      • Non dico tutti ma vi sono quelli che in bici da corsa vanno sulle strade e con molta strafottenza si mettono a parlare e tenere le auto dietro non capiscono che così è pericoloso per loro è per gli altri

      • La maggior parte degli automobilisti non capisce quanto pericoloso è il veicolo che sta guidando, preferendo addossare la pericolosità agli altri. Lei non fa eccezione.

  4. inoltre la Bicicletta è simbolicamente strumento per la PACE…
    …dopo due guerre in dieci anni per il petrolio, la bicicletta è un mezzo di sostenibilità per l’ ambiente, per la libertà, per la salute ed è contro le leggi imposte dai potenti della terra per il mercato del petrolio.

      • Io sono d’accordosimo su tutto, perché devi tagliarli la strada con il rosso
        costringendomi a inchiodare per non tirarti sotto o mi succhi contro senso vuoi stare in strada ok rispetti il codice stradale Paghi un assicurazione e un bollo e ti becchi le multe come tutti i veicoli in strada

      • Fiore di Fiore, tu non sei “d’accordissimo” su niente, né io ho tempo e voglia di starti a spiegare il fatto che non hai capito molto dei discorsi che si fanno su questo blog, ‘cause: “life’s too short…”

  5. Io sono ciclista e automobilista, è vero! non vivo in una città, anzi tutt’altro (aggiungo fortunatamente) e non mi sono mai odiato ne perché guido l’auto per circa 30.000 km all’anno e tantomeno mi odio perché vado in bici per circa 3.500/4.000 km. Se posso essere un pochino critico mi sembra che la questione sia diventata come le faide familiari, come la rivalità tra due squadre di calcio. Ognuno rinfaccia a l’altro le cose che alcuni delle due “categorie” fanno o hanno fatto agli altri. Mi ripeto non vivo in città, ma se vivessi a Roma, Milano, Firenze o in ogni altra grande città andrei nelle loro associazioni e cercherei un punto di contatto (ci sarà uno che cli piace la bici e la macchia?) e tramite quello spiraglio li inviterei a fare altrettanto. Magari con un po’ di buona volontà si riesce a creare gruppi di interscambio o di lavoro perché, sempre nell’ottica cittadina, la colpa non è tutta dei ciclisti o tutta degli automobilisti, forse è anche un po’ delle infrastrutture non idonee o addirittura mancanti che portano a incrociare i due percorsi senza un controllo, una gestione. E “magari” i due gruppi, tra loro stessi, arriveranno a capire quali sono le ragioni della controparte, “magari” rispettivamente arriveranno a capire le necessità e i piaceri, passatemi il termine, dell’altra “categoria” e “magari” INSIEME riuscire a fare pressioni nelle amministrazioni per migliorare le condizioni di entrambi. credetemi per quanto riguarda la viabilità/ciclabilità e vivibilità cittadina E’ POSSIBILE accontentare tutti.
    E’ difficile ma la ricompensa è bellezza, libertà e felicità per tutti e due.

  6. Io sinceramente odio i ciclisti per il semplice fatto che per strada, non avendo per il 99% delle volte, un benedettissimo specchietto retrovisore (obbligatorio per qualunque altro mezzo), andando per strada giustamente spensierati, mi hanno fatto rischiare le penne in moto, in vespa e in macchina, sempre a causa dell’atteggiamento di chi non si cura di cosa gli sta intorno.
    La bibbia della guida è proprio quell’insieme di accorgimenti che ti tengono all’erta su chi e cosa ti sta intorno. Come può un ciclista, perdipiù senza specchietti, e magari con le cuffie alle orecchie, avere un minimo di consapevolezza di cosa lo circonda?
    Per questo odio i ciclisti, perché questo problema nemmeno se lo pongono, cosa che aumenta esponenzialmente l’odio.
    Awarness ragazzi… Se volete stare attenti al pianeta e alla vostra salute, imparate prima a stare attenti a cosa vi circonda. Sennò fate ridere i polli.

    • Nemmeno i pedoni hanno lo specchietto retrovisore, e spesso girano con le cuffie sulle orecchie, col risultato che, purtroppo spesso, vengono falciati sulle strisce pedonali o agli attraversamenti da quelli che, per come li descrivi, dovrebbero invece essere “sempre attentissimi”.
      La questione reale (che i fumi inquinanti della propaganda motorizzata ci impediscono di vedere) è che la motorizzazione di massa ha lentamente ma inesorabilmente trasformato le città in circhi mortali, dove i veicoli a motore sono i nuovi predatori della specie umana.
      E’ proprio la realtà che consideri “normale”, quella a cui, secondo te, gli altri dovrebbero “adeguarsi”, ad essere totalmente sbagliata.
      Cmq. è un argomento che ho già affrontato in un altro post: https://mammiferobipede.wordpress.com/salvaiciclisti/quando-le-brave-persone-uccidono/

  7. Pingback: Il Mammifero, la città e le elezioni | Mammifero Bipede

  8. Non ho niente contro i ciclisti . Ma ci sono dei cretini che vanno sulle strade extraurbane camminando in gruppo mettendo a rischio la loro vita e quella del gli altri solo per chiacchierare mentre pedalano .ma dico sedevi fare sport ok se devi discutere vai al bar

  9. No ho niente contro gli automobilisti, ma se non uccidessero le persone sarebbe meglio! 😀
    Premesso ciò, è senz’altro vero i numerosi ciclisti circolano in maniera inconsapevole e azzardata, ma sono gli stessi che quando guidano l’auto corrono oltre i limiti e compiono sorpassi azzardati. Se lo fanno in auto sembra normale perché le auto sono milioni e non fa notizia quando un automobilista ne ammazza un altro. Se lo fanno in bici si nota di più. Tutto qui.

    Di solito chi ha rispetto per gli altri non ha bisogno di prendere posizioni ideologiche pro o contro, ma sa analizzare pro e contro di volta in volta e di situazione in situazione.
    L’odio va sempre a senso unico, dalla maggioranza verso una minoranza. Se non altro perché quando la minoranza diventa maggioranza, tutti vogliono salire sul carro vincente.
    E tutto questo al di là della bontà di una o dell’altra fazione…

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