Pasolini, la città e il presente

Uno dei miei sogni, fin da ragazzo, è sempre stato quello di conoscere il futuro. Oggi, da adulto, sogno di viaggiare nel futuro per poter finalmente comprendere il presente, quello che mi accade intorno. Il mondo si sta trasformando troppo in fretta, e quello che avviene oggi potrà essere compreso solo sulla distanza, forse. Intanto continuiamo a non comprendere neppure quello che è accaduto “ieri” (m.p.).


Non più tardi di un paio di giorni fa, girando su Facebook, mi sono imbattuto in questo video di Per Paolo Pasolini, girato nel 1974, sulle dune di Sabaudia. Guardatelo, prima di proseguire nella lettura.

Eccolo lì, un fragile intellettuale con le mani in tasca sferzato dal vento, che riflette sui propri errori interpretativi, e sulla cecità che lo circonda. Quello stesso vento che porta via le sue parole e le cancella. Pasolini esprime in questo filmato un’intuizione potentissima, che non riesce tuttavia a scalfire il pensiero mainstream, non getta radici.
La conclusione del suo ragionamento è terrificante:

“Posso dire senz’altro che il vero fascismo è proprio questo potere della civiltà dei consumi che sta distruggendo l’Italia. E questo è avvenuto talmente rapidamente che in fondo non ce ne siamo resi conto. E’ avvenuto tutto in questi cinque, sei, sette, dieci anni. E’ stato una specie di incubo in cui abbiamo visto l’Italia intorno a noi distruggersi e sparire. E adesso, risvegliandoci, forse, da quest’incubo, e guardandoci intorno, ci accorgiamo che non c’è più niente da fare.”

Dell’Italia che Pasolini ha visto sparire, la mia generazione, nata negli anni ’60, non ha potuto cogliere che tracce, frammenti. Il lavoro di cancellazione portato avanti nella logica del consumo e della distruzione a ritmi serrati non ci ha lasciato che briciole a cui aggrapparci, insufficienti a comprendere il quadro complessivo.

Pasolini è stato fatto sparire, nascondendo la sua grandezza dietro uno scandalo dai contorni sessuali, il suo pensiero eretico abbandonato nel dimenticatoio, mentre l’ideologia dei consumi ha continuato a marciare incontrastata completando l’opera di annientamento della memoria collettiva, di appiattimento.

Noi “baby boomers” siamo i figli del “mondo nuovo”, del consumismo, dell’errata convinzione che un passato di povertà dovesse essere cancellato e dimenticato, che il pianeta tutto dovesse avviarsi su una strada diversa, delle “magnifiche sorti e progressive”. Un pezzo alla volta siamo stati espropriati delle nostre radici e tradizioni, del nostro passato, della civiltà rurale e contadina dei nostri genitori e nonni.

Ed ora che il “nuovo” perde il suo slancio, che le promesse “inesauribili” risorse energetiche iniziano a declinare, che il territorio è stato ricoperto di cemento, ferito, massacrato. Ora che le risorse idriche sono messe in ginocchio da sprechi, prelievi forzati, cambiamenti climatici, che le città si sono rivelate giungle urbane circondate da quartieri dormitorio dove ogni socialità è negata, ora che va in crisi l’idea di futuro, in base al quale le nostre vite sono state modellate dalla società, cosa ci rimane?

Non so se faremo in tempo a morire, prima che questo ennesimo grande inganno sia disvelato in tutto il suo orrore. Non so se vivremo una serena vecchiaia o precipiteremo nell’olocausto che stiamo pazientemente, e stolidamente, costruendo con le nostre stesse mani. Non so se faremo in tempo a sparire prima che i nostri figli, e i nostri nipoti, possano chiederci ragione di tanta ottusa cecità.

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