Il volo notturno

Sere fa mi è capitato, al termine di una giornata particolarmente densa di avvenimenti (conclusasi con una Critical Mass e successiva cena al CSOA Ex-SNIA), di tornarmene a casa in bici di notte. E’ un tema al quale avevo già dedicato un post, ma sentivo la necessità di parlarne usando un linguaggio “altro”. Così è uscita fuori questa poesia.
(come sempre, il suggerimento è di leggerla a voce alta, e non solo con gli occhi, per ascoltare il suono delle parole)


Il volo notturno

Decido che il giorno è finito
Saluto e abbandono la festa
Mi avvolge la notte e il silenzio
mi serra con ali di gelo.

Spossato mi lascio alle spalle
Gli amici, le risa, la gioia
E lento nel buio riprendo
In bici la strada di casa.

Percorro viali deserti
Sfiorando perplesso le mura
Che serrano i sogni protetti
Di gente comune e distratta.

Respiro, e nell’aria invernale
Si formano nubi sottili
Il Mondo assopito non vede
Quest’uomo puntino nel buio.

Io scivolo lento attraverso
Sentieri tracciati nel nulla
Il volo notturno si nutre
Di spazi ignorati dal Mondo.

In bici mi muovo leggero
Scorrendo pensoso e silente
Lo sguardo cattura impressioni
Che macino in sogni ed idee.

Un senso di me prepotente
Ricavo dall’essere solo
Dal muovermi in fretta nel buio
Pensiero che brilla nel vuoto.

La casa mi accoglie usuale
Tepore di chiuso e certezze
Il letto mi abbraccia e nel sonno
Disciolgo la fame di vita.

(1 marzo 2008)

13 pensieri su “Il volo notturno

  1. Caro Marco! Molto riuscito, la tua poesia! Sono gli impressioni di qualcuno che ritorna a casa in bici, e mi ricordo, Roma, quando sono rientrato da Gianni ed Elena, era così, la stanchezza, l’aria fresca, mi sentivo perso ma potente, e la casa vuota ed una ultima birra m’aspettavano … Sei anche riuscito a introdurre piccoli disturbi per evitare una monotonia nel ritmo.

    Sai che nel mio romanzo c’è anche una poesia? Pagina 71. I ciclisti hanno compiuto un’azione pericoloso andata bene. Un partecipante (Giampiero Marzi?) manda una poesia, e quest’opera non esistente dovevo tradurre in tedesco. L’inizio fa pensare ad una poesia tedesca famosa scritto secondo Shakespeare, le streghe in Hamlet (“When shall we three meet again?”):

    Sieben Radler kamen hastig zusamm’,
    um sieben Uhr, am Brückenklamm.
    Sie erfuhren – und konnten’s kaum glauben:
    Sie sollten zwei Räuber berauben.

    Die Spende für Räder in Afrika
    soll keine Kawa bezahlen; und da!
    Da sind sie und reden und warten, die Ratten.
    Rudi ruft, und Mario schießt aus dem Schatten.

    Das Rudel kämpft lautlos, es sitzt jeder Tritt,
    schon taumelt der erste Ledernacken.
    Ein Schloss an die Schläfe, er muss niedersacken.

    Wir blasen zum Rückzug, das Geld nehmen wir mit,
    zwei Schurken krümmen sich, wir verduften geschwinde
    und trennen uns an der Brücke in die vier Winde.

    “Und Mario schießt aus dem Schatten” .. Questo sarebbe, naturalmente, il Presidente, attaccando dall’ombra (“aus dem Schatten”), benché dopo dice di pentirsi e di voler mai più partecipare ad un’azione bellicosa come questa. Pace, buona Pasqua e saluti Manfred.

  2. Ciao Manfred, mi aspettavo un tuo commento… 🙂
    In effetti il ritmo è volutamente un po’ sottotono, poco brillante, volevo rendere un senso di stanchezza generale ma anche, nel contempo, di attenzione ai dettagli.
    La scelta di non usare rime è fortemente voluta (a posteriori ho modificato un verso perché faceva rima con uno successivo).
    Del tuo sonetto, che proverò a farmi tradurre, ovviamente posso solo intuire il ritmo (e neppure troppo).

    P.s.: ho visto che hai inserito il commento due volte… probabilmente il server di Splinder faceva i capricci. Cmq. ho tolto il primo dei due)

  3. non ho letto ad alta voce, non sono abituata.
    però l'ho riletta una due tre volte.
    è bella, dà l'idea.
    l'idea che mi dà è quella del bisogno fisico e spirituale di ritrovarsi finalmente soli dopo un'ubriacatura di cose, di persone, di chiacchiere.
    per questo i due versi che mi piacciono di più sono:

    Un senso di me prepotente
    Ricavo dall'essere solo

    e l'ultimo,

    Il letto mi abbraccia e nel sonno
    Disciolgo la fame di vita.

    Le persone che godono nello stare con se stessi sono quelle più ricche di stimoli propri, come diceva il grande papà Ginzburg:" voi vi annoiate perchè non avete vita interiore!" (lessico familiare, Natalia Ginzburg)

  4. Fatico a commentare le poesie a pezzi, ma ti do ragione.
    I primi versi che hai scelto discendono da quanto li precede, sono il culmine di un percorso.
    Gli ultimi invece sono arrivati inaspettati. Mi serviva una chiusura, e non ne trovavo soddisfacente nessuna, poi mi ha soccorso l'ispirazione e davvero ne è uscita una conclusione spiazzante ed efficace. E' tutta una ricerca di equilibrio tra opposti, un po' come andare in bicicletta, dove "se vuoi stare in equilibrio devi muoverti".

  5. Il complimento lo rigiro al destinatario:

    Mi dispiace se ho involontariamente lasciato ad intendere che fosse una frase mia, pensavo che l'averla messa tra virgolette ed in corsivo fosse sufficiente ad identificarla come citazione… 

  6. non ti devi scusare, perchè, come dice mio figlio, c'è un'arte anche nel copiare: bisogna saperlo fare, e non tutti ci riescono. 
    a detta sua, pochissimi riescono a farlo senza, ad esempio, farsi sgamare.
    lui si considera un guru, nell' arte della copiatura.

    e io, a parte gli scherzi, penso, come scrissi qualche mese fa a iacoponi in seguito a un disguido tipo questo, che SIAMO TUTTI DEI GRAN SCOPIAZZONI. perchè credo che tutto sia  già stato scritto, dagli antichi, in modo sublime, e noi non possiamo far altro che ripetere, cercando  di farlo con stile.
    Andrò a cercare quel commento about scopiazzatura, (o era una mail?), e se trovo il carteggio te lo faccio avere, perchè iacoponi mi diede una risposta molto bella.

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