Riappropriazione sensoriale

Pincio

Un senso di me prepotente
Ricavo dall’essere solo
Dal muovermi in fretta nel buio
Pensiero che brilla nel vuoto.
(M. B. – Il volo notturno)

Nella notte tra sabato e domenica una cinquantina di ciclisti romani ha spontaneamente aderito al mio ennesimo esperimento: percorrere tutto l’anello del GRAB al buio.
Avete capito bene: non semplicemente di notte, con le luci, ma proprio interamente al buio. Il tracciato attraversa una serie di aree verdi totalmente prive di illuminazione.

L’evento è stato concettualmente suddiviso in tre parti: un ciclopicnic serale, la pedalata notturna ed una passeggiata all’alba nel centro storico di Roma, zigzagando tra vicoletti poco noti in attesa del sorgere del sole. La possibilità di partecipare anche solo a singole ‘tranche’ ha consentito ad un maggior numero di persone di prendervi parte.

Non è la prima volta che guido gruppi di ciclisti in pedalate notturne al buio, l’ultima è stata pochi mesi fa. La condizione ‘necessaria e sufficiente’ riguarda la disponibilità di una sede pedalabile di sufficiente ampiezza e regolarità, con assenza di ostacoli. Situazione presente in diversi parchi urbani, a patto di scegliere bene dove passare.

Ovviamente c’è da vincere una forte resistenza dei ciclisti stessi, al punto che normalmente un piccolo gruppo preferisce viaggiare ugualmente con le luci accese. In questo caso ci si organizza per mandare avanti quelli che intendono sperimentare la pedalata al buio e lasciare in coda gli ‘illuminati’.

Tipicamente si arriva con la luce dei lampioni fino all’ingresso del parco della Caffarella, si spegne tutto (luci posteriori comprese) e ci si inoltra nell’oscurità. Oscurità che in questo caso è quasi totale: si pedala in un tunnel sotto alberi di latifoglie che bloccano la poca luce lunare e tutto quello che si riesce a vedere è un alone più chiaro in lontananza, dove gli alberi si diradano.

Cosa accade dunque in questa situazione? E’ davvero molto più pericoloso rispetto al muoversi di giorno? La risposta, sorprendentemente, è no. Quello che avviene con la ‘perdita della visione’ è lo sblocco degli altri sensi, che inaspettatamente si “accendono”.

Il fatto è che la vista è a tutti gli effetti il nostro senso dominante, ed avendo l’evoluzione sociale della nostra specie eliminato i predatori, gli altri sensi hanno progressivamente perso importanza. Abbiamo finito col non dedicargli più attenzione.

L’udito serve ancora ad ascoltare le parole, anche se spesso lo teniamo occupato con la musica (o con qualcosa che viene definito tale). L’olfatto è pressoché dimenticato e stordito dalle puzze urbane, le sensazioni tattili sono ridotte al minimo indispensabile.

Pedalando al buio si riproduce una percezione di pericolo intimamente connessa allo stare in equilibrio su due ruote, il cervello si attiva per gestirla e, non disponendo della vista, cerca di ricavare il massimo delle informazioni da ciò che gli resta. All’improvviso si diventa consapevoli della temperatura dell’aria, delle vibrazioni della bicicletta sotto di noi, dei suoni che ci circondano a 360°, degli odori della vegetazione, del nostro stesso senso dell’equilibrio che, scopriamo, non ha bisogno della vista per mantenerci in sella.

Dopo pochi minuti si fa la prima pausa, ed è evidente la sensazione di euforia mista ad incredulità dei partecipanti. Un mondo nuovo ed inatteso gli si è rivelato e sono pronti a proseguire nell’esplorazione. Sabato scorso questa ‘esplorazione’ si è protratta per l’intera nottata, fino alle prime luci dell’alba, quando abbiamo assistito ad uno spettacolo diverso e per molti altrettanto inatteso: la città vuota.

Non molti sanno che c’è, in questa stagione, per pochi mesi, un ‘momento magico’ temporalmente collocato in una finestra molto ristretta, tra le 5.00 e le 6.00 di mattina, corrispondente ad un’ora in cui i nottambuli sono già andati a dormire e i ‘diurni’ non si sono ancora svegliati. Da notare che, in questa stagione, è anche già giorno.

In quest’ora magica si possono percorrere, in totale solitudine, le viuzze del centro storico, riappropriandosi di una città normalmente invasa da traffico, rumore, turisti. I palazzi storici appaiono come una quinta teatrale in paziente attesa del ritorno degli attori. E’ persino possibile affacciarsi dal Campidoglio su via dei Fori Imperiali e vederla totalmente deserta, da Piazza Venezia fino al Colosseo.

E’ possibile, per un’ora soltanto a cavallo tra la notte ed il giorno, scoprire la magia di una città fuori dal tempo, prima che i suoi abitanti si affannino nuovamente per cancellarla. A seguire alcune considerazioni postate sull’evento dai partecipanti.

“…è stata una navigazione pazzesca paragonabile ad un viaggio in barca in notturna: mi ha stupito molto la mia/nostra capacità di riuscire a vedere, quasi sentire il percorso, nonostante il buio e addirittura, dopo un po’, andare anche meglio che di giorno (il basolato dell’appiantica era ‘na crema).” – Piero Ventura

“E’ stata un’esperienza piena, intensa di quelle che ti ricordi. L’esperimento di riappropriazione sensoriale è stato fortissimo. Presenza e attenzione ti fanno attraversare indenne percorsi sconosciuti all’interno di un parco al buio. La stanchezza rischia di regalarti una transenna in faccia di giorno nel centro di roma. Grazie Marco per la splendida follia nell’aver concepito e guidato questo tour e grazie a tutti i compagni di avventura.” – Lorenzo Dina

La concentrazione notturna mi ha fatto riappropriare anche di muscoli che non conoscevo, oggi ancora tutti ben contratti!! Bellissima avventura, grazie Marco alla prossima! – Livia Corazziari

(foto di Alboreto DelVecchio)

6 pensieri su “Riappropriazione sensoriale

  1. Caro Marco! Bellissimo. Nel buio! Nel mio romanzo ci sono 20 righe su una gita di ciclisti nella notte nella Caffarella (con Marco B.). “In der Ferne derflimmernde, lichterübergossene Hügel von Frascati.” Il tuo articolo devo tradurre per mio blog, quando mi dai il permesso (ti mando dopo il link), è un buon esercizio per me, ed è una storia affascinante. Grazie e saluti Manfred.

    • Il mio permesso non ti serve. I contenuti del blog sono sotto licenza Creative Commons: puoi ripubblicarli a patto di citare la fonte (o semplicemente mettere un link a questo post) 😉

  2. Caro Marco! Il mio articolo. (http://manipogo.de/?p=9337). Bello: L’ho scritto una sera, e il giorno dopo, leggende un libro di un etnologo sul deserto, io trovo un passo dove scrive delle guide Tuareg. Loro vogliono sedersi sul tetto o almeno sul cofano del Land Rover per sentire meglio il paesaggio, inoltre vogliono viaggiare con la luce delle stelle e della luna: “So I had to drive with the headlights off.” Douchan Gersi (l’etnologo) scrive, che era affascinante, “truly magical to drive by the light of the moon and the stars, with the feeling of being suspended between the human unknown and the mysterious”. Ciao saluti Manfred.

    • Mi hai fatto tornare in mente un vecchio racconto fantasy, credo fosse di Clifford Simak, in cui il protagonista si ritrova a viaggiare di notte, su una Ford modello T (il racconto è degli anni ’50), bevendo alcool in compagnia di vecchi amici, salendo e scendendo sulle colline, guardando le luci delle case in lontananza, con una sensazione di benessere, finché lentamente non realizza (o almeno il lettore realizza) di trovarsi nell’aldilà. 😉

      P.s.: trovato -> http://www.bibliotecagalattica.com/racconti/fantasma_di_una_modello_t.html

      • Caro Marco! … e tu mi hai fatto tornare in mente naturalmente “Il terzo poliziotto”, romanzo da Flann O’Brien, uno dei migliori che io conosca, e ha da fare con la bicicletta, lo devi conoscere! Ciao Manfred.

  3. Pingback: Il Mammifero, la città e le elezioni | Mammifero Bipede

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