
C’è qualcosa di sicuramente inconsueto nel pedalare a Roma intorno alla mezzanotte di un giorno feriale. Il traffico è minimo e non particolarmente aggressivo, nonostante il buio si rischia molto meno che ad andare in giro di giorno. I marciapiedi, poi, sono in genere deserti, per cui anche nei punti in cui il poco traffico continua a farsi sentire è possibile svicolare e muoversi in tranquillità. Molte delle strade secondarie, che per solito utilizzo di giorno per evitare il caos, di notte sono pressoché deserte, "deserte e silenziose" come in una vecchia canzone di Domenico Modugno.
E ancora la notte porta con sé il fresco e l’umidità, e una volta dispersi i residui di combustione che ci intossicano l’aria perfino i profumi degli alberi fioriti tornano a farsi sentire. E già, pensavamo che fossero soltanto un’invenzione dei poeti, invece è solo che preferiamo respirare fumi di scappamento pestilenziali.
Ma c’è, sotto sotto, ancora qualcos’altro. Pedalare di notte per le strade della città è talmente estraniante che mi sembra di vivere in un mondo assurdo ed incomprensibile, fatto di palazzi enormi, di automobili enormi, di enormi rumori ed altrettanto enormi silenzi. In questo sentirmi minuscolo mi ritrovo un po’ bambino, uno strano bambino di quarantadue anni che, a differenza di chi sta chiuso in casa davanti al televisore, o già a dormire, ha ancora tanta fame di vita e voglia di giocare, e correre nel buio sulla propria biciclettina.
Complimenti, per il post, la descrizione finale è sublime.
Giancarlo
Confidavo che a qualcuno/a sarebbe piaciuta. 🙂
Grazie per i complimenti, e ricambio per l’ottimo lavoro che stai portando avanti sul tuo Blog.
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