È appena partito il nuovo contest European Cycling Challenge 2015 e sento la necessità di buttar giù un po’ di appunti. I giorni precedenti la partenza sono diventati immediatamente caotici quando ci si è resi conto che il numero di partecipanti quest’anno era largamente al di sotto delle aspettative. In realtà ciò si è dimostrato vero anche per le altre città “prime in classifica”, come per un fisiologico lasciarsi andare dopo un grande sforzo. Ma è una cosa che non possiamo permetterci.
In realtà i motivi ci sarebbero tutti. Da un lato la mole di dati raccolta l’anno scorso è da sola sufficiente ad impostare dieci anni buoni di politiche per la mobilità. Dall’altro l’attenzione dell’amministrazione romana rasenta come sempre lo zero, quindi darsi da fare per ottenere come al solito le briciole appare fatica sprecata. In terzo luogo la situazione di totale abbandono a noi stessi è tale e quale quella dell’anno scorso.
A questo punto si possono fare due scelte: gettare la spugna, come sembrerebbe più sensato, o al contrario stringere i denti e continuare a spingere sui pedali. Il nostro Cycling Challenge (mi verrebbe da dire il nostro Calvario) non dura un anno, come per tutti gli altri: più i nostri interlocutori si allenano per esercitare la sordità, più dobbiamo essere in grado di urlare forte per farci sentire.
Quindi il punto è che la competizione di quest’anno non sarà tanto con le altre città europee, bensì coi nostri stessi risultati dell’anno passato. Risultati faticosamente strappati, con le unghie e coi denti e con tanto sudore sui pedali. Quello che dovremo dimostrare quest’anno è che il “muro di gomma” non ci piegherà, ma servirà soltanto a farci diventare più arrabbiati e più determinati.
Se non riusciremo a dimostrare questo, se avremo meno partecipanti, pedaleremo meno chilometri che nel 2014, sarà il segnale per i referenti comunali che la nostra resistenza può essere piegata, che l’inazione paga, che possono benissimo continuare a trattarci come se non esistessimo, dato che non siamo in grado di reagire.
Cosa fare, dunque?
Pedalare sempre ed in ogni condizione… ma quello lo facciamo già.
Registrare partecipanti anche se non pedaleranno. I numeri sono importanti nei confronti delle amministrazioni. Facciamo registrare i nostri amici e parenti che supportano l’idea di promuovere l’uso della bicicletta. Pensate al numero dei partecipanti come ad un referendum.
Aiutare chi ha problemi con l’app, la registrazione dei tracciati, le tecnologie in generale. È una buona prassi in generale, ma in questo caso torna anche utile.
Soprattutto non dimenticare che abbiamo un mese intero davanti!
Il Challenge è appena cominciato… ricordate che oltre 340 dei partecipanti dello scorso anno non ha registrato nemmeno un chilometro utile.
Possiamo fare di più.
Possiamo fare di meglio.
P.s.: come ultimo punto vorrei ricordare che i dati ECC stanno faticosamente entrando tra gli strumenti di pianificazione urbanistica. Questo significa che di qui a non molto il numero di tracciati che passano per una strada peseranno nella priorità di assegnazione dei lavori. Di conseguenza la futura messa in sicurezza dei vostri percorsi, delle strade che usate abitualmente, dipenderà in misura diretta da quanto quelle strade saranno percorse nelle prossime settimane, registrando i tragitti. In questo mese state combattendo in primis per la vostra propria futura sicurezza.