Travelling dobsons

alkaid-compact
Da quando, circa un anno e mezzo fa, ho cominciato ad osservare il cielo con l’occhio gigante di un dobson da 30cm, le dimensioni ed il peso di quest’ultimo hanno rappresentato un pesante freno ad un utilizzo frequente e continuativo. I problemi derivanti dal movimentare il basamento in legno truciolato ed il “secchio” del primario, entrambi pesanti più di quindici chili, hanno fatto sì che la media delle mie uscite osservative fosse inferiore ad una al mese.

In pratica, non disponendo di garage, il trasferimento dall’appartamento all’auto dell’intero ordigno completo di accessori (una valigetta con oculari e mappe, un binocolo, uno sgabello, una borsa con abbigliamento pesante indispensabile per passare ore al freddo) richiedeva quasi mezz’ora e la collaborazione di una seconda persona.

La prima fase consisteva nel portare tutti i “pezzi” del telescopio ed i vari accessori in prossimità della porta di casa, quindi potevo chiamare l’ascensore e cominciare a riempirlo per trasportare il tutto al pianterreno, rischiando strappi muscolari per gestire oggetti pesanti e sbilanciati.

Una per tutte la base rotante del peso di circa 20kg il cui diametro è risultato superiore all’apertura delle porte dell’ascensore condominiale, cosa che mi obbligava a sollevarla, ruotarla in verticale, metterla dentro, raddrizzarla, ed a ripetere la stessa sequenza di operazioni una volta arrivato a pianterreno per tirarla fuori.

Nella seconda fase il materiale temporaneamente appoggiato all’ingresso dello stabile doveva essere vigilato da una persona fidata per il tempo che mi era necessario ad andare a prendere l’auto da dove l’avevo parcheggiata e portarla davanti al portone in doppia fila (impensabile trovare un parcheggio a distanze ragionevoli). Quindi riprendeva l’usuale trafila di sollevare, trasportare, posare, andare a prendere il pezzo successivo, ecc, ecc…

L’ingombrante strumento finiva quindi con l’occupare entrambi i sedili posteriori della vettura (con una serie di interessanti contorsionismi per collocarcelo), ed il materiale accessorio tutto il resto del bagagliaio. Al che, già stanco e sudato come un cavallo al galoppo, potevo avviarmi per il paio d’ore di guida (in media) necessarie a raggiungere il sito osservativo.

Va detto che queste fatiche di Sisifo erano in genere ben ripagate dalla qualità delle osservazioni che il gigante era in grado di darmi. Ma, altrettanto, almeno un mese di tempo era necessario perché ritrovassi di nuovo la motivazione per sobbarcarmi una tale sfacchinata.

Per questo quando all’inizio dell’anno un frequentatore del forum “Dobsoniani” postò il link al sito web di un artigiano olandese capii che quella poteva essere la soluzione a molti dei miei problemi. Seguì uno scambio di e-mail con Michael Kalshoven per definire i dettagli dell’acquisto e delle operazioni successive.

Alla fine ho optato per il modello Alkaid. Il risultato finale dell’operazione avrebbe trasformato il precedente strumento (70 x 70 x 95cm e 37kg di peso complessivo) in un box di 45 x 37,5 x 15 cm per circa 16kg. Non così poco da poter viaggiare come bagaglio a mano su un aereo ma quasi.

Per fare un confronto al volo la foto seguente racconta più di mille parole (a destra il vecchio telescopio, a sinistra il nuovo):
IMG_8153

Dato che, fatti due conti, mi sarebbe convenuto di gran lunga riciclare specchi, focheggiatore, cercatore ed oculari del LightBridge (ricomprarli nuovi mi sarebbe costato di più di quanto avrei ricavato complessivamente dalla vendita del vecchio telescopio), ho deciso di imbarcarmi nell’impresa di smontarli e trasferirli nella nuova struttura, in parte sottovalutandone le possibili complicazioni.

Una tra tutte la difficoltà di Michael nel fornirmi uno strumento già interamente collaudato e soprattutto bilanciato. Pensavo di potermi gestire agilmente le varie problematiche legate alla definitiva messa in opera del marchingegno, mentre ne sono rimasto assorbito per quasi una settimana.

Appena arrivata a casa la nuova struttura la prima cosa che ho fatto è stata di assiemare il tutto in assenza delle parti mancanti. Ho aperto la “cassa”, estratto tutto il contenuto e, pazientemente ed aiutandomi col manuale di istruzioni fornitomi da Michael, rimontato il tutto.

Questo è l’aspetto della “cassa” aperta con tutti i pezzi ancora al loro posto:
IMG_8160
Questo è l’esploso dei vari componenti da riassiemare:
IMG_8161
Questa prima operazione mi ha chiarito alcuni passaggi che non erano facilmente desumibili dalle foto on-line. In primis il numero di operazioni necessarie per ricomporre il puzzle risulta drammaticamente superiore a quelle prima richieste dal LightBridge, il tempo necessario è di conseguenza più lungo. In secondo luogo l’abile sandwich ad incastro che consente di reinserire tutte le parti nella “cassa” obbliga anche ad estrarle e sparpagliarle prima di partire a rimontare il tutto.

Oltretutto l’elevato numero di operazioni da compiere richiede cura ed attenzione, ed un minimo di presa di confidenza per poter rendere al meglio. Si diventa realmente padroni dello strumento solo dopo averlo montato e riposto almeno una decina di volte.

Di buono c’è l’estrema cura ed attenzione progettuale, il largo impiego di perni, piccole calamite e velcro per posizionare esattamente le diverse parti e la relativa semplicità risultante nell’effettuare un numero di operazioni che all’inizio può incutere preoccupazione.

Il risultato finale è grossomodo questo (la foto è tratta dal sito “Sumerian Optics” ed illustra uno strumento da 10″, il mio è poco dissimile):
alkaid-upTrasferire le ottiche non ha rappresentato un problema enorme, ma lo smontaggio del secondario dalla sua sede nel LB e la sua ricollocazione sul supporto dell’Alkaid mi ha fatto tribolare un po’ ed esposto a preoccupazioni sull’efficacia del risultato, poi spazzate via dall’osservazione diretta una volta che ho potuto finalmente metterci l’occhio ed guardare il cielo (purtroppo fin qui solo dal balcone). Rispetto alla soluzione di Michael ad ancoraggio puramente magnetico ho costruito ed aggiunto un ulteriore pomello di bloccaggio sul perno filettato dello specchio secondario (più per esigenze di stabilità della collimazione che per reali preoccupazioni sul rischio di distacco).

Per il focheggiatore la soluzione adottata, a differenza del modello visibile sul sito, consiste nel renderlo rimovibile ed assiemarlo ogni volta. Questo ha significato trovargli un posto nella valigetta portaoculari, che si è di conseguenza appesantita.

Invece quello che mi ha fatto penare di più è stato il puntatore, obbligandomi ad inventare un’apposita staffa, costruirla in officina e montarla sopra l’anello portasecondario. Il problema è dipeso dal sistema di richiusura del telescopio, che praticamente non lasciava spazio per il montaggio della staffa standard in una posizione comoda per l’utilizzo osservativo. Ho risolto eliminando parte del precedente supporto e costruendo una nuova staffa ultrasottile.

Assiemato il tutto e testato sul cielo lo strumento risulta comunque abbastanza dissimile dal precedente. La leggerezza ha un prezzo che si traduce in una maggior flessibilità ed elasticità della struttura. Le varie prove effettuate col collimatore laser hanno comunque dato come risultato un ritorno elastico alla condizione di partenza: la struttura flette, ma elasticamente si riassesta nella posizione ottimale, anche se la collimazione a diverse altezze richiede piccoli ritocchi.

Un minimo di flessione complessiva appare al momento non eliminabile passando dalla visione allo zenit ad oggetti più bassi. Il punto rosso del collimatore laser si sposta in basso di un paio di millimetri rispetto all’anellino di centraggio sul primario. Questo potrebbe danneggiare la qualità dell’immagine lavorando ad altissimi ingrandimenti per osservazioni planetarie, ma può essere comodamente corretto sul momento effettuando una collimazione ad-hoc. In ogni caso attendo di verificare sul campo l’effettivo sussistere di eventuali problemi.

La leggerezza della struttura si evidenzia invece con una eccessiva sensibilità alle vibrazioni introdotte dalla ventola di raffreddamento dello specchio primario. In pratica se si vuole salire molto con gli ingrandimenti occorre che tale ventola sia spenta. La ventola è fissata sulla cella del primario mediante velcro, in modo da renderla asportabile, è perciò sufficiente evitare di spingerla troppo a fondo, lasciando al tessuto l’onere di assorbire le vibrazioni senza trasmetterle alla struttura.

Un altro limite di questa soluzione è rappresentato dall’impossibilità di puntare oggetti in prossimità dell’orizzonte. Questo è dovuto all’esigenza di inscatolare all’interno del “box” le due “D” curve su cui lo strumento effettua lo scorrimento verticale, il che ne limita le dimensioni. Nel concreto lo strumento non può assumere una posizione orizzontale ma deve limitarsi ad oggetti posti ad almeno 5°~10° dall’orizzonte.

In realtà questo è un limite molto relativo. Dato che l’inquinamento luminoso e l’assorbimento atmosferico danneggiano maggiormente gli oggetti “bassi” si preferisce di gran lunga osservare in prossimità dello zenit (salvo per particolari situazioni estremamente rare in cui si osserva ugualmente anche se in condizioni meno che ottimali e con qualche “acrobazia”).

Da ultimo lo strumento risulta leggermente sbilanciato montando gli oculari più pesanti. Questo è probabilmente dovuto non tanto al peso degli oculari quanto a quello del focheggiatore. Purtroppo, come già spiegato, Michael non ha avuto presso di sé lo strumento completo per poter effettuare una equilibratura ottimale e fornirlo perfettamente performante. Sapevo di correre questo rischio ed ero preparato.

In realtà anche questo è un problema risolvibile. Su telescopi ultraleggeri come questo non si ricorre a pesi aggiuntivi per il bilanciamento ma ad un elastico. Dovrò solo trovare un altro elastico più robusto e sostituire quello attuale.

In cambio però ho uno strumento che, senza rinunciare alle performance ottiche del precedente, è diventato finalmente gestibile, posso metterlo in macchina e portarlo in ufficio in previsione di una sessione osservativa serale, o decidere di averlo con me quando invitato a cena da amici, o imbarcarlo in aereo per la prossima vacanza.

Per darvi un’idea, la scorsa settimana ho rinunciato ad un’uscita osservativa infrasettimanale su invito di un amico, che mi avrebbe trasportato con la sua automobile, perché non avevo ancora risolto il problema del piazzamento del cercatore. Mi è dispiaciuto aver perso un’occasione… fino al momento in cui ho realizzato che quell’occasione dipendeva unicamente dall’avere il nuovo strumento.

Col vecchio non sarebbe stata “un’occasione”, non avrei semplicemente avuto la possibilità di portarlo con me. Insomma, dover rinunciare, per una volta, a qualcosa che prima non si aveva proprio… è già un po’ un mezzo successo!

UPDATE (2018): questa, infine, è la versione ‘trolleizzata’, con involucro protettivo imbottito, cucito a mano (realizzato mettendo a sandwich un tappetino da palestra e due fogli di stoffa), che previene dai graffi il telaio esterno. Assieme alla valigetta portaoculari ed alla sacca delle aste occupa metà del bagagliao (ridicolo) di una Fiat 600. E, volendo, consente di viaggiare in treno. Per quanto riguarda il trasporto in aereo, l’occasione non è ancora capitata…

IMG_8430

9 pensieri su “Travelling dobsons

  1. In che senso "studiare da sindaco"?
    Che per fare il sindaco qui bisogna studiare?
    Meno sai meglio è!
    Al limite, come preparazione, dovrei cominciare col disimparare quello che so…

  2. Da profano, mi sembra che tu abbia fatto un ottimo acquisto. In fondo la perfazione non è di questo mondo, e qualche compromesso lo dovrai pure accettare. Dalla tua descrizion mi sembra che il rapporto vantaggi/svantaggi sia migliorato di brutto.
    E poi un po' di fai-da-te può rendere la cosa più interessante.

    Cicleppe

    P. s.: Se ti candidi sindaco ti voto ad occhi… bne aperti! (per essere sicuro di non sbagliare)

    P. p. s.: Purtroppo per noi, non credo tu sia così autolesionista da candidarti.

  3. Cicleppe, ti ringrazio per la stima ma la mia candidatura è fuori discussione. Mi è bastata l'esperienza di presidente di un'associazione. Non ho la forma mentis per stare in politica… mi farebbero a pezzi nel giro di cinque minuti.

  4. Dopo tanto lavoro, sei pronto per la prima osservazione con novilunio ?
    Let me know !

    Magari preceduta da una serata dopocena di istruzione per farmi un po' di ripasso dei concetti base e per rendermi meno passivo.

    Ciao Nick

  5. Ciao Nick
    Mi sto preparando per un'uscita "light" post lavorativa venerdì (in Sabina, max fino a mezzanotte poi crollo) ed eventualmente una sabato a Campo Felice con tutti i crismi.
    Scusa se non ti ho avvisato prima, casomai possiamo sentirci per telefono…

  6. Ciao! Ottimo articolo,piacerebbe anche a me eliminare gli ingombri e i pesi del mio 10 gso.Sei riuscito a provarlo? Lo consigli? Ci sono altri costruttori che propongono un oggetto simile?
    Un saluto
    Gabriele

  7. Pingback: Diario di un ritorno alle stelle | Mammifero Bipede

Lascia un commento