Ruote e lattice (sei anni dopo)

20170806_194103

Il lavoro seminale di sperimentazione di soluzioni anti-forature (avviato nel 2011 ed approdato al lattice nel 2014) continua a restituirmi domande da parte di colleghi ciclisti e conoscenti, che pian piano sono tentati dall’intraprenderne lo stesso percorso. Nei sei anni da allora trascorsi ho accumulato un ampio ventaglio di esperienze, che ritengo sia ora di raccogliere un un unico ‘compendio’.

Intanto: lattice sì o lattice no? Lattice sì, quando possibile, sempre e comunque. Al momento le bici che ho in casa sono tutte latticizzate (ad eccezione della bici da corsa, che uso ormai pochissimo ed unicamente su asfalto) ivi inclusa una Brompton che già del suo monta i famosi copertoncini antiforatura Schwalbe Marathon.

Il motivo della scelta Lattice+Marathon sta nel fatto che, singolarmente, nessuna delle due soluzioni si è rivelata risolutiva. Accoppiate mi è capitato di prendere la fatidica puntina da disegno, estrarla e proseguire a pedalare senza nemmeno dover rigonfiare la ruota (!)

Oltre alle mie bici, ho provveduto a latticizzare anche quelle di mia moglie, di mia sorella e dei miei nipoti (tutte mountain bike) il risultato è che, periodicamente, mi tocca rifornirli di nuovi copertoni latticizzati, perché il lattice degrada progressivamente ma inesorabilmente.

Il lento ma inevitabile degrado è attualmente ancora la ‘croce‘ di questo materiale: lo stesso meccanismo chimico/fisico che fa sì che il prodotto si asciughi e ‘vulcanizzi‘ il foro nel momento in cui si buca, comporta una progressiva perdita di efficienza sull’arco di diversi mesi, o anni (di fatto non c’è un arco temporale certo di riferimento).

il Lattice è composto di una parte solida (gomma) in sospensione in una parte liquida (acqua). Ne esistono diverse tipologie caratterizzate da maggiore o minore viscosità, con efficienze diverse in termini di durata nel tempo e capacità di far fronte a fori di grosse dimensioni. Col tempo possono accadere due cose:

  1. la parte liquida evapora, lasciando la parte solida a seccare all’interno della camera d’aria/ruota
  2. la parte liquida si separa dalla parte solida, col risultato che in caso di foratura il meccanismo autoriparante non funziona (liquido oleoso fuoriesce del foro senza riuscire a fermare la perdita d’aria).

In entrambi i casi il segnale è che il sistema ruota+lattice è arrivato al termine del proprio ciclo vitale. Il problema si risolve rapidamente sostituendo la camera d’aria con una nuova (latticizzata!) portata seco all’occorrenza. Dopodiché occorrerà valutare se intervenire anche sulla seconda ruota (p.e.: semplicemente rabboccando il lattice con una nuova dose).

A questo punto il lattice ‘esaurito’, avendo perso la parte acquosa, ha perso anche il 95% del proprio peso iniziale, per questo il suo permanere all’interno della camera d’aria non comporta un significativo incremento di peso. Se proprio vogliamo ragionare di importanti perdite di peso bisognerà affrontare l’idea di convertirsi alle ruote tubeless.

Con l’acquisto della mia ultima bici ho potuto sperimentare l’efficacia delle soluzioni tubeless+lattice, la vera intuizione originaria legata all’uso di questo prodotto. Le ruote tubeless risultano enormemente più reattive di quelle standard, grazie al minor momento inerziale, oltre ad offrire una scorrevolezza migliorata grazie all’aumentata elasticità del battistrada, determinata dal minor spessore complessivo.

Sulle tubeless va pianificato un refresh della latticizzazione a cadenza quantomeno annuale (i paranoici potranno farlo anche più spesso), ed in ogni caso non sarà evitabile avere con sé una camera d’aria da inserire ‘in extremis’ nei casi di forature troppo grosse per le capacità ‘riparative’ del lattice.

Come ci si comporta quando si scopre di aver ‘forato’? Di norma appare sul copertone un oggetto ‘non identificato’, che risulta essere la capocchia di qualcosa di appuntito penetrato all’interno. Di norma consiglio la rimozione della spina, o quel che sia, perché la ruota ha necessità di un comportamento elastico, non compatibile con oggetti rigidi.

Questo significa che il lattice potrebbe continuare a fuoriuscire (e l’aria con esso) ad ogni giro di ruota, semplicemente perché la parte rigida continua a sollecitare il foro in maniera anelastica, mantenendolo aperto. L’oggetto intrusivo va sfilato molto lentamente, con un moto rotatorio. Se, una volta tolto, si sente l’aria uscire, bisognerà far girare la ruota, in modo che il latice si ridistribuisca in prossimità del foro.

Per buona misura tendo a bloccare l’uscita di aria col dito, in modo da dar tempo al lattice fuoriuscito di seccare ed ostruire l’apertura. Dopo un minuto o due di questo trattamento (alternando o meno le rotazioni) per solito la ruota smette di perdere. Se l’oggetto è molto grande (tipo un chiodo) può aver senso sgonfiare in parte la ruota agendo sulla valvola, per evitare che la pressione stessa dell’aria in uscita impedisca la riparazione. Una volta fermata la perdita d’aria si procederà a rigonfiare.

Aggiungerò di seguito una serie di aneddoti legati all’esperienza col lattice. Il primo e più significativo riguarda la sostituzione di due copertoni ad una mountain bike che all’epoca utilizzavo moltissimo. Le camere d’aria erano state latticizzate un paio d’anni prima e non avevo mai avuto evidenza di forature, per cui pensavo semplicemente di riutilizzarle (per indole tendo a riciclare tutto quello che non è proprio da buttare).

Una volta estratte dai copertoncini ho tristemente realizzato come fossero letteralmente crivellate da forature di minuscole spine rimaste intrappolate nella gomma dei copertoncini, nell’ordine di una dozzina su ogni singola ruota… forature (probabilmente dovute a Tribulus Terrestris) delle quali non mi ero letteralmente mai accorto, e che in assenza di lattice avrebbero certamente richiesto interventi di riparazione.

Poi mi è successo di dover sostituire un copertoncino… senza però riuscire a sgonfiarlo! Il lattice rappreso aveva bloccato il lato interno della valvola. Ho smontato il corpo valvola (Schrader) senza alcun risultato, la ruota restava gonfia. Alla fine ho risolto bucando la membrana di gomma sottostante (lattice solidificato) con un chiodo!

Altra esperienza la scorsa estate con un vero e proprio chiodo, arrugginito, conficcato in una delle mie nuove ruote tubeless (quello della foto che correda il post). Da principio ho pensato di poterlo lasciare semplicemente lì fino al ritorno a casa. Poi però la rigidità del chiodo ha causato leggere ma sistematiche perdite d’aria, che hanno fatto perdere pressione alla ruota. A quel punto la punta del chiodo ha cominciato a danneggiare il lato interno del copertoncino…

Alla fine mi sono risolto ad annullare il giro in programma e, raggiunto un negozio di bici, ad estrarlo. Il ciclista ha fasciato la ruota con un po’ di carta e ridato pressione, ed il lattice ha bloccato la perdita. Purtroppo l’esigenza di ripartire subito ha reso la frettolosa riparazione inefficace, cosa che ha richiesto ulteriori e numerosi rigonfiaggi lungo la strada (visto che, caparbiamente, mi sono rifiutato di metter su la camera d’aria). Alla fine però sono tornato pedalando.

In conclusione l’esperienza di questi sei anni mi ha insegnato che il lattice è una straordinaria risorsa quando si percorrono con frequenza terreni infestati da oggetti perforanti (tipo il Tribulus nelle aree verdi periurbane tra l’estate e l’autunno), e che a fronte di un minimo di impegno in più, tra messa in opera e refill, consente di pressoché dimenticare l’incubo delle forature (ad esclusione dei grossi chiodi!)

Quello che non consente, come all’inizio avevo sperato, è di alleggerirsi anche della camera d’aria di scorta, dell’immancabile pompetta e dei tip-top (tradizionali, quelli autoadesivi non si sposano bene col lattice). Per una soluzione definitiva bisognerà aspettare ancora, ma se penso alle decine di riparazioni che mi sono risparmiato in questi anni, di certo non tornerei indietro.

4 pensieri su “Ruote e lattice (sei anni dopo)

  1. Ciao Marco, mi sembra che non hai sperimentato la soluzione tubeless + anti foratura Slime verde che non fa pellicola, rimane liquido e affidabile per più tempo da notare che lo Slime verde e’ abbinabile solo a coperture stagne come i copertoni UST

    • No, non l’ho provato. A suo tempo abbandonai lo Slime verde (inserito nelle camere d’aria, non nei tubeless) proprio perché “rimane liquido”: in diversi casi mi lasciò per strada con la ruota a terra. Lo Slime funziona ancora con fori molto piccoli, ma ha tempi di solidificazione più lunghi. Se riesci a finire il giro e tornare a casa, magari con una foratura, può essere che la ruota si sgonfi. Poi puoi rigonfiarla all’uscita successiva e viaggiare tranquillo, perché il prodotto ha avuto tempo a sufficienza per indurirsi. Ma se fori a causa di una spina di grosse dimensioni, in una stagione fredda, puoi benissimo ritrovarti con una ruota a terra che non si rigonfia, obbligato a cambiare la camera d’aria.

  2. Ciao Marco sono anno che ti seguo sul blog e da anni he anch’io sono passato al lattice da quando ero arrivato ad almeno una foratura ad uscita. Faccio presente di utilizzare esclusivamente gomme con camera d’aria e lattice acquistato e a marchio Antichità Belsito in flaconi da 1 litro (10 euro). Concordo pienamente con quanto da te esposto ma con alcune piccole differenze dovute probabilmente al tipo di lattice utilizzato. In primis la camera d’aria latticizzata ha una vita massima di sei mesi in quanto specie d’estate il lattice si solidifica creando “blocchi” di gomma anche molto duri e viceversa rendendo la gomma della camera d’aria più morbida e quasi incoerente; inoltre diventa praticamente quasi impossibile il rabbocco di lattice in quanto anche a valvola smontata il foro si blocca per il lattice solidificato all’interno. Durante i sei mesi però i benefici sono enormi con le gomme sempre e ad ogni uscita alla stessa pressione e dimenticando ogni tipo di controllo e manutenzione.
    Personalmente io utilizzo ancora due piccole strategie. La prima di montare ugualmente le fasce in kevlar che ho dovuto rimontare in quanto riparano da danni da schegge di vetri o altri oggetti che non perforano il kevlar. La seconda è di incollare il copertone al cerchio per avere con una pressione più bassa maggiore aderenza più confort senza il pericolo di strappare per rotolamento la valvola.
    Anche per la mia esperienza ritengo che una camera di scorta e la pompa siano sempre inseparabili “compagni” di viaggio insieme a smagliacatena e chiavi varie.

    • Come prodotti ho usato Lastix e, più recentemente, Latex. Mi sono parsi tutto sommato equivalenti. Un’accortezza, tratta dagli ‘spiegoni’ trovati in rete, è quella di diluire ulteriormente il prodotto, aggiungendo un 40~50% d’acqua prima di inserirlo nella camera d’aria. Quando ho evitato di fare ciò ho notato che il lattice si asciugava anzitempo.

      Ho anche notato differenze tra ruote gonfiate a pressioni diverse. L’uso del lattice diventa (leggermente) più problematico sulle ruote stradali, che lavorano a pressioni intorno a 7 BAR. È come se la maggior pressione spingesse ad una prematura separazione delle componenti del prodotto, oltre al fatto che una perdita d’aria ad alta pressione è significativamente più difficile da arginare di una a bassa pressione…

Lascia un commento