Dialogando con gli sconosciuti

Torniamo a parlare di internet, social network ed in particolare della cosiddetta comunicazione “asincrona” i cui tempi si fanno sempre più serrati grazie alla diffusione di strumenti per la connessione “in mobilità”, tablet e smartphone in testa.

Alle prime, farraginose esperienze di un decennio fa, basate prevalentemente su mailing-list di posta elettronica (i newsgroup erano roba da smanettoni), si sono progressivamente venute a sostituire forme di utilizzo della rete più “orizzontali”, smart ed aperte, non senza qualche complicazione.

Se da un lato l’abbattimento del “digital divide” ha aperto spazi in rete per tutti, dall’altro utenti “nuovi” ed impreparati si sono ritrovati ad interagire quasi alla pari con altri più esperti ed addentro alle tematiche trattate, senza tuttavia disporre della preparazione necessaria ad orientarsi nel nuovo contesto. Il risultato finale è frustrante per entrambi poiché confligge col principio di “pari dignità”.

In assenza di una chiara definizione di ruoli e competenze si finisce (soprattutto nei gruppi più numerosi ed orizzontali come quelli su Facebook) col trattare qualsiasi interlocutore come proprio pari. Come se al bar ci mettessimo a chiacchierare, col primo sconosciuto che incontriamo, di un argomento a caso, allo stesso modo in cui dialogheremmo con un amico o un conoscente.

Per contro, però, molti di questi spazi di discussione vengono attivati anche per sviluppare ragionamenti “avanzati”, che non di rado finiscono col pervenire a soluzioni del tutto controintuitive. Sistematicamente, persone provenienti da fuori che approccino questi gruppi di discussione si ritrovano spiazzati, iniziano a mettere in discussione quanto già acquisito e richiedono un ulteriore sforzo da parte dei partecipanti alla discussione per essere edotti rispetto a materie già sviscerate a fondo.

A titolo di esempio, il caso più classico, nei gruppi di discussione sulla sicurezza dei ciclisti, riguarda il caschetto protettivo. Essendo un presidio di sicurezza l’opinione corrente è che più gente lo indossa più sicuri si sarà, e molti si spingono a chiederne l’imposizione obbligatoria.

Tuttavia le esperienze di paesi che hanno fatto questo passo dimostrano l’esatto contrario: in Australia l’obbligo di utilizzo del casco ha causato un calo nell’uso diffuso della bicicletta, soprattutto tra le fasce di utenza più anziane. La riduzione del numero di ciclisti sulle strade ha comportato una disabitudine degli automobilisti ad essi ed un conseguente aumento degli incidenti.

In assenza di conoscenza reciproca atta a sancire l’autorevolezza di determinati pareri, il “principio di Pari Dignità” (istintivamente ed automaticamente associato ad un gruppo di discussione on-line) sancisce che venga riconosciuta pari dignità alle idee di tutti, finendo col dare la stura a discussioni infinite soprattutto se da parte di chi ha ragione non c’è la capacità di portare argomenti incontestabili o fonti super partes dotate della necessaria riconosciuta autorevolezza.

Un altro limite nel dialogo tra sconosciuti sta nelle motivazioni che spingono a passare il proprio tempo partecipando a discussioni on-line. Molte persone, soprattutto se altamente acculturate, utilizzano tale attività come valvola di sfogo delle proprie insoddisfazioni ed acquisire uno status di autorevolezza nella cerchia ristretta dei frequentatori del consesso on-line (tipicamente un forum).

Per questi individui non è accettabile che le proprie posizioni siano messe in discussione, e sono pronti a difenderle a spada tratta anche a fronte dell’evidenza delle argomentazioni portate, finendo con l’esaurire la pazienza degli interlocutori e conquistare la “vittoria” per KO tecnico. Una simile forma di “antagonismo virtuale” si presenta con maggior facilità in gruppi tematici su argomenti diversi dal topic di base della comunità.

L’ultima e più dannosa fauna infestante è rappresentata dai troll veri e propri, per arginare i quali si rende necessaria l’azione degli amministratori della comunità on-line. Il troll è però facilmente riconoscibile e gestibile, a differenza del “troll involontario” (per semplice ignoranza) e della persona “in cerca di status” (la cui “dannosità” è mitigata dal fatto di svilupparsi preferibilmente su tematiche off-topic).

In generale il relazionamento “tra sconosciuti” rappresenta da un lato una vittoria sul piano dell’orizzontalità della comunicazione, ma manifesta limiti e problematiche non ancora sufficientemente comprese e gestite.

2 pensieri su “Dialogando con gli sconosciuti

  1. Il problema è questo assioma della pari dignità. Un utente che ha dato prova di essere assiduo frequentatore, aperto alla discussione e informato sull’argomento non ha e non deve avere “pari dignità” rispetto al primo arrivato, bensì (senza esagerare in dogmatismi) maggiore dignità. L’onere di confutarlo spetta a chi è arrivato da poco, sempre che sia utile farlo.

    • Purtroppo in molti casi ci scontriamo con l’impossibilità di strutturare le informazioni all’interno di determinati social network. Mentre nei forum, per dire, si può organizzare una struttura tematica e porre certe conversazioni in evidenza (in modo che al nuovo arrivato si possa dire “questo argomento è già stato sviluppato qui”), in Facebook questo non è facilmente realizzabile perché concepito come un medim “a flusso”, dove non c’è una maniera facile di recuperare contenuti anche solo di un passato recente.
      A questo provo ad ovviare linkando i contenuti che man mano elaboro e strutturo su questo blog, ma restano pur sempre contenuti “autoreferenziali” che per determinati soggetti non hanno l’appeal di “fonte autorevole”.
      In Italia (ed è un limite nella formazione didattica vecchio di decenni, se non di secoli) spesso non cresciamo abituati ad analizzare e strutturare le informazioni, bensì a far proprie le idee di “qualcuno che ne sa di più”, acriticamente.

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