Come da sua richiesta

“Utente: Marco Pierfranceschi <marco.pie@gmail.com>
Rimosso da ruotalibera-list il giorno 24/10/2008,
come da sua richiesta.”

È strano come eventi ben più che prevedibili, direi anzi del tutto attesi quando non addirittura desiderati, finiscano col restituire un retrogusto molto più amaro di quanto ci aspettassimo. Questo è uno di quei casi. La mailing-list dalla quale sono stato da poco disiscritto, dietro mia precisa richiesta, l’avevo fortemente voluta far nascere, quasi dieci anni prima, per dare all’associazione di cui avevo ereditato la presidenza uno strumento nuovo, di dialogo e confronto.

Ed era servita, quella lista. Tra dibattiti, interminabili pippettoni e battibecchi (all’epoca ancora amichevoli e ben dentro la soglia di tolleranza) Ruotalibera-list è stata, a suo modo, la spina dorsale della nuova associazione che cominciava a prender forma. L’associazione di cui, ormai da qualche giorno, non faccio più parte.

Quando a lasciare un’associazione non è un semplice iscritto ma uno che ne è stato presidente per sei anni, probabilmente ciò avviene a causa di qualche tipo di evento catastrofico. Quella di Ruotalibera-Fiab è stata per me, negli ultimi tempi, una “catastrofe al rallentatore”, iniziata ben prima delle mie dimissioni dalla presidenza. Una catena di eventi che vorrei ripercorrere e fissare, prima che la memoria cominci a giocare brutti scherzi.

Quello che farò, tuttavia, non sarà un tentativo di “narrazione imparziale”, ché rimanere imparziale mi è impossibile, essendo parte in causa. Cercherò di raccontare quello che ho visto dal mio punto di vista, parziale e ristretto, e ci saranno di certo persone il cui punto di vista sarà diametralmente opposto al mio.

Come non mi è riuscito di dialogare con queste persone negli anni passati, mi aspetto di non riuscirci ora. Tuttavia non saranno direttamente menzionati nel racconto, quindi non potranno ritenersi oggetto di attacchi personali. Memore delle esperienze passate, il caldo invito che rivolgo è, se possibile, di evitare di scatenare l’aggressività personale nello spazio dei commenti. Questo è un blog pubblico, ma anche e soprattutto uno spazio personale, e non esiterò a rimuovere gli interventi che riterrò irrispettosi del mio pensiero e della mia persona. Punto.

La mia “carriera” (detta così fa ridere, lo so) all’interno di Ruotalibera era iniziata nel 1990, con la prima guida di un’escursione, ed era proseguita con diverse altre iniziative fino al 1996, anno in cui il “presidente-fondatore” Maurizio si era da un giorno all’altro trasferito in un’altra regione, lasciando una manciata di associati in stato semi-confusionale.

Ricordo frammenti di un’animatissima riunione in cui sembrava che l’associazione stessa, in assenza della sua principale “icona”, fosse sul punto di dissolversi nel nulla. Da quella riunione ne uscii fuori come neo-presidente, spuntandola sulla candidatura di Miguel. Quella mia prima presidenza durò solo sei mesi, che servirono più che altro per ridare alle “guide” (n.b. = accompagnatori delle escursioni) la fiducia in sé e nelle possibilità di un’associazione ancora viva e forte.

Poco dopo fu il turno di Miguel, che portò avanti l’opera per circa due anni, in piena continuità col passato. Furono anni di ricambio del gruppo di “guide”, con l’ingresso di diverse persone nuove che alla lunga non si trovarono in linea con lo “stile dirigenziale” del presidente, e nel 1999 ne chiesero ed ottennero le dimissioni. Per rieleggere nuovamente me.

Miguel mi disse, cedendomi il testimone, una frase lapidaria: “un anarchico non può fare il presidente”. Quella frase mi è tornata in mente spesso. Posso dire di aver passato i miei sei anni di presidenza nel tentativo di confutarla, temporaneamente riuscendoci. Ma sulla distanza si è rivelata una profezia esatta.

Molte delle persone che vissero quel periodo non fanno più parte di Ruotalibera, ma diversi di loro continuano ad animare la scena ciclistica romana in altri gruppi ed associazioni, o con attività di varia natura. Alcuni non vivono più a Roma, altri ed altre non si vedono più in bici ormai da anni.

Tornando alla posta elettronica, le e-mail più “antiche” che sono riuscito a recuperare datano agosto 2000, e la mailing-list esisteva già, nella sua prima “incarnazione” denominata “giollolist”.

Dopo un breve periodo passato a circolare fra noi messaggi con più indirizzi in copia, forte dell’esperienza datami dalla partecipazione alle liste di discussione del Linux User Group di Roma avevo chiesto a Giovanni, operante nel settore informatico e “guida” dell’associazione, di attivare una mailing list gratuita.

Per l’associazione fu un notevole salto di qualità. Persone che, per anni, trovandosi ad abitare ai quattro angoli di una grande e caotica città avevano solo potuto telefonarsi, o più raramente vedersi di persona una o due volte al mese, all’improvviso avevano modo di dialogare con continuità, quotidianamente, dibattere nuove idee, sviluppare progetti.

Fu un periodo di grandi cambiamenti, coinciso con un equivalente momento di crescita della FIAB – Federazione Italiana Amici della Bicicletta, di cui Ruotalibera faceva, e fa tutt’ora, parte. Aumentò il numero delle Guide e dei soci attivi, l’associazione ebbe il suo primo sito web, si iniziò a prender parte alle campagne nazionali della Fiab.

Contemporaneamente era aumentato il mio impegno al “livello nazionale”, dopo un periodo di “partecipazione informale” ero stato accolto nel Consiglio Nazionale della Fiab, e partecipavo alla crescita della Federazione, non solo a quella dell’associazione della mia città.

Ma la prima “pugnalata alle spalle” arrivò proprio dalla Fiab, nella primavera del 2004 all’assemblea di Mestre, quando il mio incarico di consigliere non venne rinnovato. Fu una scelta distruttiva, in primo luogo nei miei confronti, in secondo nei confronti dell’associazione che ero lì a rappresentare, ma soprattutto delle potenzialità di crescita e sviluppo della Fiab in una realtà nodale come quella romana, crocevia di ministeri e movimenti politici.

Provai a reagire alla situazione che si era venuta a creare candidando Roma ad ospitare il Cicloraduno annuale nel 2005, anche se probabilmente sbagliai nel considerare i tempi maturi. L’evento fu un discreto successo ma il periodo che lo precedette, il sovraccarico di impegni e stress, l’assenza percepita della Fiab, furono micidiali per la serenità ed i rapporti interni dell’associazione. Passammo mesi pesantissimi ed il risultato fu, a mio parere, un “successo a metà”. I nostri eroici sforzi furono scarsamente premiati da un’adesione molto inferiore alle aspettative.

Interpretai questo come una scarsa volontà, da parte della Fiab, di valorizzare il peso e le potenzialità dell’esperienza romana. Quasi un volerci togliere importanza, anche a costo di perdere un nodo di collegamento cruciale tra la Federazione e le “stanze del potere”. Questione di scelte: la mia già traballante fiducia nel gruppo dirigente della Fiab continuò a declinare.

Preso atto della personale “inadeguatezza” a recepire i desiderata della Fiab, come pure delle numerose critiche che mi venivano rivolte dall’interno di Ruotalibera, il primo atto formale del progressivo allontanamento dall’associazione che avevo rifondato fu il rifiuto a candidarmi nelle elezioni dell’autunno 2005.

Sentivo sulle spalle il peso di troppi anni di decisioni e scelte, ero curioso di scoprire cosa sarebbe potuta diventare l’associazione senza la mia ingombrante presenza. Non intendeva essere un allontanamento definitivo, anche se di fatto lo diventò. Mi ritagliai un ruolo “propositivo” (che comunque avevo sempre svolto), pensando che Ruotalibera avrebbe potuto continuare a giovarsi delle mie idee senza subire la pressione della relativa volontà.

Inutile dire che non funzionò. Il progetto su cui più mi impegnai, la ristrutturazione del sito, fu un altro buco nell’acqua. L’intenzione era di aumentare il coinvolgimento dei soci mediante uno strumento informativo capace di creare un dialogo interattivo, e per far questo la struttura a pagine statiche era stata trasformata in un Blog, per facilitare l’inserimento dei contenuti ed il dialogo con iscritti e simpatizzanti.

Quello che invece accadde fu che sulla strada del “citizen journalism” in prima persona mi seguirono in pochissimi. Per settimane mi feci un punto di pubblicare con continuità resoconti, cronache, notizie e riflessioni personali, mantenendo il sito vivo e frequentato, ma in quest’opera di dialogo coi soci il grosso delle “guide” restò a guardare. Più tardi mi si accusò di averlo fatto solo per aumentare la mia visibilità, e di voler usare gli strumenti dell’associazione per diffondere le mie idee personali.

Fu la classica “goccia che fa traboccare il vaso”. Alla fine del 2006 mollai tutto, smisi di scrivere sul sito di Ruotalibera per continuare il mio “dialogo” su RomaPedala, un blog informativo di ciclisti urbani i cui obiettivi coincidevano coi miei. Poco dopo nasceva anche il blog Mammifero Bipede, sulla piattaforma Splinder (ora estinta).

Il 2007 fu un “anno sabbatico”, non mi proposi per effettuare escursioni e venni tacitamente depennato dal novero delle “guide”. Ma la decisione di recidere il cordone ombelicale che mi teneva legato a Ruotalibera ed al passato non era ancora sufficientemente matura.

Quando si è parte attiva di un’associazione che conta decine di iscritti gli attriti personali finiscono col riguardare al più una manciata di persone, mentre le relazioni restano buone con moltissimi altri. Oltretutto i disagi nei confronti delle scelte e dello “stile” imposti dalla nuova dirigenza non erano solo miei, e diversi iscritti continuavano ad auspicare un mio “ritorno”.

Di fatto, però, la distanza maturata nel frattempo fra me e l’associazione, o dovrei dire l’associazionismo tout-court era oggettivamente troppa. Le frequentazioni di altre realtà come Critical Mass, o i Ciclopicnic, mi avevano riportato a galla l’istinto libertario ed anarchico che per anni era stato tenuto a bada dalle esigenze di strutturare un’associazione funzionante.

A fine 2007 scelsi di ripropormi come “guida” per due uscite su un tracciato di mountain bike urbana, il Grande Sentiero Anulare, progetto maturato sulle pagine di RomaPedala e già variamente esplorato con gruppi estemporanei di amici.

Nel frattempo, tendenze e modalità relazionali già evidenti nei primi mesi del “nuovo corso”, anziché stemperarsi nel tempo, si erano andate via via esasperando. Al primo “nuovo Consiglio Direttivo” di Ruotalibera, in cui coesistevano (peraltro poco pacificamente) anime diverse, si era andato progressivamente a sostituire, con scelta ostinata e caparbia, un gruppo più omogeneo e “chiuso”.

Quest’ultimo anno di partecipazione alla mailing-list di Ruotalibera è stata per me una inaspettata sofferenza. Ho scelto di rimanervi iscritto per necessità legate all’impegno preso di condurre le due escursioni sul G.S.A. sforzandomi, soprattutto negli ultimi tempi, di non intervenire nelle discussioni, anche a fronte di situazioni estremamente sgradevoli.

Non sta a me giudicare o criticare il pensiero e l’operato altrui, non son qui ad affermare la supremazia della mia etica su quella di chicchessia, mi limito a registrare la condizione di permanente fastidio che mi ha condotto alla scelta di abbandonare al suo destino una realtà che per anni è stata per me una specie di “seconda vita”.

E se un insegnamento si può trarre da tutta questa vicenda, penso che sia proprio: “un anarchico non può fare il presidente”. O quantomeno non  indefinitamente. Può farlo per un po’, finché la realtà che presiede cresce, prendendo forma dal caos. Ma quando quella realtà acquista una forma definita, si crea l’ambiente adatto a persone più amanti dell’ordine.

Negli anni a cavallo tra la metà dei ’90 e il fatidico 2005 Ruotalibera si è trasformata profondamente, tumultuosamente. Sono stati anni di continui cambiamenti, di innovazione, ed anche di strutturazione. Persone capaci di vivere con entusiasmo queste fasi caotiche e turbolente sono le meno adatte a gestire una realtà finalmente strutturata.

Quando un’associazione raggiunge una dimensione tale da coinvolgere molti iscritti deve necessariamente darsi delle regole nette, ed includere individui che in quelle regole si riconoscano, che le amino. A quel punto si innesca un conflitto tra la volontà di cambiamento di alcuni e la volontà di conservazione di altri, e dalla gestione di questo conflitto dipende la futura evoluzione di quella realtà.

Dentro Ruotalibera sono successe molte cose, durante e dopo l’organizzazione del Cicloraduno. Quello che posso dire per me è che lo spirito con cui si è cercato di lavorare insieme negli anni precedenti è andato a farsi benedire, sostituito da riluttanza ai cambiamenti, rigidità eccessive, innalzamento della soglia di conflitto interpersonale.

Si è venuto a creare un ambiente ostile alle innovazioni, ed ostile anche nei confronti dei soci “eretici” che si permettevano di mettere in discussione e criticare, anche costruttivamente, quanto veniva realizzato. Poco alla volta diverse persone hanno scelto di tirarsene fuori.

Va dato atto che, una volta rimossi i “dissidenti”, il lavoro ha potuto procedere molto più serenamente. Operato il necessario ricambio Ruotalibera va ora per la sua strada, senza impicci ed intralci. Cosa accadrà di qui ai prossimi mesi ed anni resta tutto da scoprire.

Per quanto mi riguarda penso di aver fatto tesoro dei miei molti errori ed ingenuità. Mi è stato chiesto di fondare una nuova associazione, ma siccome “errare humanum est, perseverare autem diabolicum”, me ne sono ben guardato.

Ho dato vita, piuttosto, ad un esperimento che si avvia a compiere un anno a breve: il Forum CicloAppuntamenti. Niente gerarchie, niente adesioni formali, niente regole, solo la voglia di pedalare e stare insieme in allegria.

Per ora, pare che funzioni…

16 pensieri su “Come da sua richiesta

  1. Probabilmente quando le cose diventano troppo serie e necessitano di regole rigide e scritte é l’inizio della fine.
    Così come quando una civiltà ha bisogno che le regole basilari di educazione e convivenza debbano essere scritte e tradotte in leggi, questa é una civiltà che ha fallito.
    Bada bene, questo é il mio punto di vista, un mio modo di vedere dettato dalle esperienze personali.
    Fatto sta che ho riscontrato lo stesso epilogo in molte associazioni di vario genere: nate dalla buona volontà e dal voler stare insieme col tempo si sono evolute in qualcosa di troppo rigido e burocratico…
    Non sò, forse é proprio la burocrazia o il voler dettare leggi, che rovina tutto.
    Bisogna riconoscerti che sei stato coerente con le tue scelte e allora tanto di cappello!

  2. Ho sempre creduto nello spontaneismo e poco nell’associazionismo per quel che riguarda il tempo libero; sto con chi mi fa piacere, non perchè “socio” ma perchè ho qualcosa da condividere che ci unisce.
    M!!!

  3. @ M
    “Accompagnerò” più di prima, solo in maniera diversa.
    Niente più tessere, iscrizioni, registrazioni, assicurazioni, regolamenti… solo pedalare insieme.
    E’ l’idea di Critical Mass applicata all’escursionismo.
    Togli le sovrastrutture, e quel che resta sono le persone.

    @ Mamaa
    La pena del contrappasso vuole che molte di quelle “regole” le abbia scritte io.
    Ma le regole sono solo strumenti. Neutre in sé, ma pericolosissime quando cadono in mani sbagliate.

    Con Ruotalibera ci ponevamo il problema di riuscire a coinvolgere ciclisti sconosciuti, guadagnandoci la loro fiducia.
    In quest’ottica un corpus di regole nette svolge la sua funzione: tranquillizza il partecipante rispetto a quello che potrebbe accadere.
    il problema semmai si pone nel momento in cui la regola non basta più, perché il contesto è mutato.
    Quando ciò si verifica si hanno reazioni diverse. Persone più “flessibili” tendono ad interpretare le regole, trovando soluzioni alternative, o al limite cambiando le regole stesse per adattarle al mutato contesto. Persone meno flessibili restano rigide sull’applicazione delle regole, ignorando il mutato contesto ed ingigantendo il problema iniziale.
    Il mio guaio con Ruotalibera è stato di voler continuare a cambiare le regole, avendo percepito una mutazione nel contesto, ed essermi trovato di fronte persone, più persone, incapaci di percepire, o desiderose di negare, il mutamento di contesto.

  4. Ciao Marco! Anch’io sono stato iscritto, da 2001 fino a 2004! E posso dire che nel mio secondo romanzo (che, dovuto al non-successo del primo, forse mai viene in edicola), già pronto, il presidente di Tuttimbici se ne va. Giuseppe e Rudi visitano un concerto di King Crimson, e fuori squilla il telefono, ed il loro amico dice che s’è dimesso; e sono tristi. Per me Ruotalibera sarà sempre sotto la guida di Marco P. … Ciao Manfred.

  5. Ehilà, Manfred!
    Come cantava una canzone dei Byrds (“Turn, turn, turn”): “there is a time for every season”, c’è un tempo per ogni stagione…(*)
    Niente dura in eterno. L’importante, secondo me, è farsene una ragione e ripartire con nuovi progetti.
    Anche se, ogni tanto, un po’ di tristezza ritorna su.

    (*) per la verità è una frase tratta dall’ “Ecclesiaste”

  6. La tua decisione, caro Marco, ha un’influenza che oltrepassa l’aspetto personale per investire quello della rappresentatività generale dei ciclisti. Ho atteso qualche giorno prima di commentare perché ho pensato a lungo alle tue parole, cercando di trovare un filo logico che collegasse i pensieri che mi hanno suscitato. Poi un tuo commento mi ha fatto scattare il click.
    Certamente la tua attività è stata importante per aggregare intorno a qualcosa (una bandiera, un’idea, uno statuto, fai tu) persone, in questo caso ciclisti, con bisogni comuni.
    Oggi, dopo anni di impegno più o meno coinvolgente, senti la necessità di trovare forme di aggregazione diverse, senza “…più tessere, iscrizioni, registrazioni, assicurazioni, regolamenti… solo pedalare insieme”.
    E’ questo che mi lascia perplesso: io sento forte l’esigenza che i ciclisti romani trovino un punto di incontro dove confrontarsi, cercare soluzioni a problemi diffusi, dare voce e forza alle loro idee. Non sono sicuro che lo spontaneismo, o il ritrovarsi in un blog o in un forum, possa rispondere a questa esigenza. Quante volte in altre pagine internet abbiamo discusso di sicurezza (ricordi l’annunciata “rappresentazione della morte”?) stradale, di interventi strutturali, di strumenti di gestione della mobilità cittadina? eppure ogni volta ci siamo scontrati con lobby più potenti ed organizzate (basti pensare a quello che sono riusciti ad ottenere i commercianti di viale Marconi: la cancellazione di un progetto di pista ciclabile!) che sono riuscite a far prevalere la loro voce sulla nostra.
    E quindi, se una persona come te, esperta, conosciuta, stimata, apprezzata, si rifugia, come si diceva alcuni anni fa, nel privato, o quantomeno nel destrutturato, che speranze potremo dare al popolo dei ciclisti romani? Per dirla ancora più chiaramente: non credo che sarà la Ciemmona (divertente, colorata, di alto impatto) a risolvere i nostri problemi, ma una seria politica di aggregazione e condivisione di valori.
    p

  7. Ciao P
    Non ho capito chi sei, ma non è un motivo valido per non provare a darti comunque una risposta.
    Hai scritto: “io sento forte l’esigenza che i ciclisti romani trovino un punto di incontro dove confrontarsi, cercare soluzioni a problemi diffusi, dare voce e forza alle loro idee”.

    Sarei d’accordo con te, se non fosse che l’esperienza che ho maturato mi racconta ben altro.
    In primo luogo dire “i ciclisti romani” significa parlare di diverse “tribù” quasi sempre non dialoganti: ciclisti quotidiani, ciclisti “della domenica”, ciclisti sportivi, cicloescursionisti, mountain bikers ed altro ancora. Ognuna di queste “tribù” si ritiene detentrice dell’unica verità e tende a snobbare le altre ed a creare distinguo. Se i ciclisti “della domenica” chiedono piste ciclabili, i ciclisti quotidiani non le vogliono perché le considerano un ghetto, mentre i ciclisti sportivi non ci andrebbero nemmeno morti, ecc, ecc.

    L’altro fatto è che le associazioni non riescono a svolgere la funzione di “punto d’incontro” che tutti auspichiamo, un po’ perché la fetta di ciclisti che si iscrive spesso non ha l’esigenza di “incontrarsi e discutere” quanto quella di usufruire di “servizi” (escursioni guidate, nella maggior parte dei casi) e praticare dello “svago”. La stessa Ruotalibera, pur nei momenti “felici”, non è riuscita a creare dibattito fra più di una manciata di persone… una ventina, a voler essere generosi.

    In più emergono altri fattori negativi, non ultimo quello, consapevole o meno, di imporre la propria volontà agli altri strumentalizzando l’associazione stessa e le sue regole associative. Questo produce una inevitabile disaffezione tra gli iscritti, ed è quello che mi ripropongo di impedire che accada per mezzo di uno strumento “destrutturato” come Cicloappuntamenti. Oltre a ciò egocentrismo e voglia di protagonismo sono una tra le principali cause della frammentazione delle realtà ciclistiche romane.

    Poi aggiungi: E quindi, se una persona come te, esperta, conosciuta, stimata, apprezzata, si rifugia, come si diceva alcuni anni fa, nel privato, o quantomeno nel destrutturato, che speranze potremo dare al popolo dei ciclisti romani?

    Mi verrebbe da dirti “nessuna” e chiudere la discussione. In realtà non mi sento, in questo momento, di poter dare ad altri cose che neppure io possiedo, speranza inclusa. So che è una visione catastrofica, ma dopo aver combattuto per vent’anni contro i mulini a vento, ed aver constatato che i mulini stessi sono aumentati ulteriormente, non mi resta più molta fiducia nel futuro. La struttura deforme della nostra società è un’idra dalle molte teste, che oltretutto si difendono l’un l’altra e rendono il mostro invincibile.

    Si può provare ad essere intelligenti e propositivi: in tal caso quando le nostre proposte verranno realizzate si farà talmente male da far preferire che non si fosse fatto nulla (vedi la ciclabile di viale Palmiro Togliatti).
    Si può provare ad essere combattivi, e ci si scontrerà col basso numero di adesioni, e con la scarsa autoconsapevolezza dei ciclisti stessi.
    Si può provare a coinvolgere le persone, e l’energia ricavata sarà sempre e comunque inferiore a quella spesa.

    Per dirla ancora più chiaramente: non credo che sarà la Ciemmona (divertente, colorata, di alto impatto) a risolvere i nostri problemi, ma una seria politica di aggregazione e condivisione di valori.

    In tal caso, io non la so fare.
    Getto la spugna, accetto i miei limiti.
    I miei migliori auguri a chi ci proverà.

    In conclusione vorrei che fosse chiaro un punto: Cicloappuntamenti non è alternativo alle associazioni ed al mondo dell’associazionismo, semmai è qualcosa di “collaterale”. Niente impedisce ad un frequentatore del Forum di iscriversi anche ad un’associazione, qualora vi ravvedesse opportunità ulteriori al semplice svago.

    In Ruotalibera c’era l’idea che promuovere l’escursionismo potesse portare ad aumentare il numero dei ciclisti, farli affezionare al mondo della bicicletta, consentirgli di operare un “salto di qualità” in termini di consapevolezza. Poi è accaduto che lo “strumento” è diventato “fine”, e che tutte o quasi le energie dell’associazione finissero incanalate a questo scopo. Ho provato, purtroppo senza riuscirci, a far notare il problema.

    Adesso mi piacerebbe che il Forum diventasse un motore di aggregazione e fidelizzazione alla bicicletta se possibile ancora più efficiente delle singole strutture associative, grazie alla estrema apertura e flessibilità offerte dalla nuova concezione (già ora riusciamo a “coprire” tutti i sabati e tutte le domeniche, anche con più proposte in parallelo).

    Tolto il “peso” di promuovere l’uso della bicicletta, penso che alle associazioni resterebbero molto più tempo ed energie per una seria azione di lobbing. Ammesso che siano in grado realmente di svolgere questo compito, cosa che tutti, credo, auspichiamo.

  8. Caro Marco,
    sono preoccupatamente d’accordo con Te e P (che penso di conoscere e stimare).
    Sono io stupido (probabile) o entrambi dite cose condivisibili, frutto di impegno intellettuale, passione, voglia di mettersi in gioco, ma anche amara e reiterata esperienza di quotidianeità di gestione del concreto.
    ( “…la struttura deforme della nostra società è un’idra dalle molte teste, che oltretutto si difendono l’un l’altra e rendono il mostro invincibile…”).

    Ma una persona come Te, per quanto sensibile e quindi più esposta alle insopportabili ingiurie della meschina furbettosità quotidiana, DOVREBBE (ovviamente il condizionale non è casuale) trovare coraggio, tempo e apnea e rimedi antiemetici per provare , riprovare spasmodicamente a non TIRARSI INDIETRO.

    Perchè sono veramente poche le persone che hanno le conoscenze e la preparazione, la passione e l’intelligenza e gli strumenti per DARE CONTRIBUTI CONCRETI ALLO SVILUPPO DELLA CICLABILITA’ ROMANA, per quanto multiforme e contraddittoria possa essere.

    Drammaticamente vere (e in parte provate pure sulla mia pelle) tutte le amare considerazioni sulle terribili dinamiche dell’associazionismo in generale e relativo alle bici in particolare.

    Ma mi permetto di tenere acceso il lumicino e giungere a conclusioni diverse: la Togliatti non è l’offensivo epilogo di una impari battaglia contro stupidità, malafede, superficialità, maggioranze itagliote di sorcicorrenti lobbistici…

    ….ma forse solo un incidente di percorso, grave soprattutto per la NON PERCEPITA VALENZA STRATEGICA di quel collegamento che permetterebbe di rendere praticamente e convenientemente ciclabile dall’EUR a Ponte Milvio, passando per le più immense e disperate periferie di Roma (GSA docet).

    Ma se poi dai uno sguardo “storico” dall’alto degli anni passati, non puoi negare i concreti miglioramenti e opportunità per le crescenti quantità di persone che si convincono a pedalare,

    anche nella nostra città, meno, molto meno del resto del Mondo e delle nostre attese certo, ma un’INNEGABILE MIGLIORAMENTO.

    Insufficiente, contradditorio e soprattutto fragile, ma NETTO.

    Bè sicuramente in questa piccola pagina positiva di Storia di Roma Tu sei tra i protagonisti, devi andarne fiero e non fermarti, assolutamente.

    La Storia non la fanno solo le maggioranze, oribbili e trasversali quanto si voglia.

    ( E poi, Cicloappuntamenti ha successo non a caso.)

    Con affetto,
    AVE caiofabricius VALE

    P.S.
    NeoTeorema delle associazioni cicliche:
    “20 è il numero massimo perchè il pensiero aggreghi, la passione copra le delusioni e la spinta sia centripeta e non centrifuga”

  9. Ma una persona come Te (cut) DOVREBBE (ri-cut) trovare coraggio, tempo e apnea e rimedi antiemetici per provare , riprovare spasmodicamente a non TIRARSI INDIETRO.

    Cicloappuntamenti non è “tirarsi indietro”. E’ provare a percorrere una strada diversa.
    E poi non ha ancora un anno di vita, dagli il tempo di crescere e svilupparsi.
    🙂

  10. Ma certo Marco, apprezzo e intravedo anch’io le grandi potenzialità del Cicloappuntamenti, ma ovviamente mi riferivo al gravoso ma indispensabile impegno di collegamento, critica e stimolo con le diverse Istituzioni che forse con la presidenza di Ruotalibera era quasi “obbligato” e ora , visto anche il clima peggiorato, verrebbe più comodo e antiemetico ignorare.

    Lo sai bene che sono da sempre volutamente un “cane sciolto”, termine non proprio affettuoso usato dagli “strutturati”, ma non è detto che la mancanza dei teribbbbili c.d. e di gradi e stellette non impedisca cmq le stesse dinamiche gerarchiche, autoreferenziali e ginopriscamente spocchiosamente escludenti.

    Il Teorema associclico del 20, non più di 20, fa paura ma la matematica, purtroppo, non è un’opinione.

  11. non è detto che la mancanza dei teribbbbili c.d. e di gradi e stellette non impedisca cmq le stesse dinamiche gerarchiche…

    No, però sicuramente aiuta!
    Quanto al “collegamento”… largo ai giovani.

  12. Scusate tutti,ero convinto di essere loggato e non ho notato di essere uscito anonimo.
    il “P” del commento #10 sono io, Paolo magociclo.
    Sorry
    magociclo

Scrivi una risposta a Pierfranco Cancella risposta