Giorni fa ho ripreso a ragionare sui parallelismi tra città ed organismi viventi. Il tema era emerso grossomodo un anno fa, ora intendo tornarci su per svilupparlo meglio.
Gli organismi viventi, non diversamente dalle città, attraversano fasi di crescita, nel corso delle quali si strutturano per gestire la propria funzionalità su una scala di dimensioni maggiori. Gli arti, gli organi ed il sistema circolatorio necessitano di svilupparsi di conseguenza.
Il sistema circolatorio degli organismi animali è rappresentato dalla rete venosa ed arteriosa, che per mezzo del sangue trasporta ossigeno e sostanze nutrienti agli organi che li devono utilizzare, e i materiali esausti agli organi dove essere riciclati o smaltiti. Se questo flusso incessante rallenta, l’organismo entra in sofferenza.
Per ragionare di ‘sistema circolatorio’ delle città è abbastanza semplice immaginare i flussi di persone e cose come sostanze nutrienti o esauste che si muovono da un organo all’altro.
Negli esseri viventi gli organi sono collocati in aree definite, le materie prime affluiscono ad essi ed i prodotti lavorati, o esauriti, ne defluiscono. Nelle città questi ‘organi’ sono gli edifici e gli spazi (p.e.: distretti industriali e sedi di uffici) dove il lavoro viene effettuato.
Le aree industriali vanno considerate come lo ‘stomaco’ della città, dove le materie prime ingerite si trasformano in parti essenziali al funzionamento dell’organismo: sostanze nutrienti, vitamine, proteine, molecole ad alto contenuto energetico.
Possiamo a questo punto immaginare di rappresentare il movimento delle persone, parallelamente a questo flusso di oggetti inanimati, come i globuli rossi che trasportano ossigeno. L’ossigeno viene prelevato dai polmoni, trasportato negli organi, quindi fatto reagire con le molecole di adenosin-trifosfato per produrre l’energia necessaria a compiere un lavoro, sia esso meccanico o chimico.
In questa semplificazione, gli organi sono i luoghi in cui lavoriamo, ed i polmoni quelli in cui ci ricarichiamo, equivalenti alle zone residenziali, abitative e ricreative. Come i globuli rossi ci spostiamo continuamente da un luogo all’altro per mantenere in vita l’animale città.
In organismi semplici (nel parallelo, paesi e piccole città) gli organi sono tutti in prossimità, e la modesta circolazione necessaria al loro funzionamento non richiede una grande complessità. Più gli organismi (le città) diventano grandi e complessi, più essenziale diventa disporre di una circolazione efficiente.
Quello che osserviamo, negli organismi come nelle città, è che, al mutare delle condizioni di contorno, il processo di crescita può deragliare, dando luogo ad organismi malati e disfunzionali. Nello specifico, nel ventesimo secolo la messa a regime di una quantità incredibile di nutrimento, rappresentato dalla disponibilità di fonti energetiche fossili, ha alimentato una crescita abnorme ed accelerata delle città.
La crescita sana di un organismo avviene in tempi lunghi, ed è relazionata ad un equilibrio con la situazione di contorno. Quello che è avvenuto nel secolo scorso è più simile ad una situazione di sovralimentazione in cui, a seguito di un apporto eccessivo di nutrienti, l’organismo genera tessuto in eccesso. Qualcosa di molto simile alla problematica che negli esseri viventi definiamo clinicamente col termine ‘obesità’.
L’organismo obeso finisce con l’essere meno efficiente rispetto ai suoi simili non affetti dalla medesima patologia, consuma più risorse di quante ne produca (situazione che il sistema economico attuale formalizza nel rapporto debito/PIL) ed è più incline all’insorgenza di patologie parassite (disagio sociale, nevrosi, con tutti i relativi portati).
La crescita accelerata dell’organismo città si traduce nel sorgere di urbanizzazioni specializzate: aree industriali, quartieri residenziali, e solo in tempi più recenti distretti dedicati al commercio ed alla ricreazione (centri commerciali). La seclusione di questi ‘organi’, ovvero la loro cattiva integrazione in un organismo funzionale, finisce col generare flussi crescenti di persone e materiali, tali da mettere in crisi il sistema circolatorio della città.
Nella città in cui vivo, l’assenza di una corretta pianificazione e gestione delle esigenze trasportistiche (coincidente con lo sviluppo di un’efficiente rete di trasporto pubblico collettivo), ha causato un massiccio ricorso all’automobile privata come strumento di mobilità individuale, finendo col generare una sistematica congestione della rete viaria.
L’uso diffuso dell’automobile privata ha rappresentato, per l’organismo città, l’equivalente della proliferazione di colesterolo e grassi saturi nel flusso sanguigno, con conseguente deposizione di placche sulle pareti arteriose (i veicoli in sosta, permanente e d’intralcio, sulle sedi stradali) ed un freno alla mobilità complessiva di persone e cose. L’equivalente della patologia che, negli esseri umani, chiamiamo arteriosclerosi.
Il quadro clinico è sicuramente poco tranquillizzante. L’arteriosclerosi conduce per solito ad una degenerazione delle facoltà intellettive (fenomeno che, sempre in chiave di metafora, mi pare si stia già verificando). L’obesità, dal canto suo, è un processo che tende ad auto alimentarsi (in tutti i sensi), per far fronte al quale, di norma, si interviene mettendo a dieta il soggetto, non più in grado di regolarsi da sé.
Questo però richiede che l’organismo (la città) sia inserito in una rete sociale (uno stato) composta da individui (altre città) in prevalenza sani, mentre quello che osserviamo sono processi di espansione urbana, alimentati dallo stesso sfruttamento di risorse fossili, estesi all’intero paese… per non dire ad una parte significativa dell’intero pianeta.
Nel frattempo si profila, all’orizzonte dei prossimi decenni, una crisi globale determinata da una varietà di fattori: dal progressivo esaurimento delle fonti energetiche fossili, all’emergenza climatica, all’inquinamento.
Possiamo sperare che questo si traduca in un significativo dimagrimento dell’organismo città, e al ritorno ad una sua maggior efficienza. Ma la progressiva diminuzione delle facoltà intellettive causata dall’arteriosclerosi, unita alle difficoltà di movimento ed azione di un organismo già ora ipertrofico e disfunzionale, non lascia grossi margini all’ottimismo.