Anni fa mi imbattei , per quanto impropriamente (in un romanzo di fantascienza, “Terra”, di David Brin [1], di cui ho già trattato in passato [2]), nel modello del dualismo tra cooperazione e competizione, due modalità comportamentali contrapposte in grado di plasmare i processi evolutivi. Una descrizione delle dinamiche relazionali che trovai molto semplice ed elegante.
In estrema sintesi, gli esseri capaci di comportamenti sociali tendono a riunirsi in gruppi, al cui interno si sviluppano due dinamiche contrapposte: cooperazione e competizione. Gli individui tendono a cooperare con gli altri per soddisfare le proprie necessità (cibo, sicurezza, difesa dei cuccioli, ecc…), e contemporaneamente a competere per ottenere il massimo di quanto realizzato/raccolto.
L’equilibrio tra queste due pulsioni contrapposte garantisce l’efficacia del gruppo nella sua dimensione sovra-individuale. Un eccesso di competizione tra i membri danneggia la coesione e la capacità di agire in maniera concertata, un eccesso di cooperazione indebolisce fisicamente i singoli individui, ed in prospettiva l’intera comunità. Il dualismo cooperazione/competizione rappresenta modello semplice ed elegante, in grado di descrivere correttamente un ampio ventaglio di situazioni.
Purtroppo, per citare Henry Louis Mencken: “per ogni problema complesso esiste una soluzione semplice, verosimile e sbagliata” [3]. Ci ho messo parecchio a stabilire che, a differenza di quanto accade nella quasi totalità del regno animale, nelle azioni umane è presente un terzo comportamento, intermedio tra i due indicati, che etichetterò semplicemente come ‘inganno’. È davvero sorprendente constatare che il semplice individuarlo mi abbia richiesto così tanto tempo.
Uno dei motivi capaci di offuscare il giudizio è lo stigma sociale normalmente riservato ai comportamenti ingannevoli, che vengono culturalmente letti come modalità relazionali improprie, devianti ed asociali. Nondimeno l’inganno è praticato presso ogni cultura, in varie forme e modalità, ed è altrettanto universalmente diffuso, al punto da essere coinvolto in una fetta importante dei reati codificati.
Il punto, qui, non è tanto accettare l’esistenza di comportamenti ingannevoli, che sarebbe un po’ la scoperta dell’acqua calda, quanto metterli a sistema in un quadro interpretativo allargato, non più limitato alle modalità di cooperazione e competizione classicamente osservabili nel regno animale, dove le forme di inganno (mimetismo difensivo e di predazione) sono semplicemente effetto dei processi di selezione naturale, non già il prodotto di una volontà esplicita.
Non l’inganno occasionale, furtivo, opportunistico, ma l’inganno come motore sistemico di molte delle dinamiche che normalmente osserviamo svolgersi davanti ai nostri occhi. L’inganno come strumento di manipolazione collettiva operata dalle IdeoCulture nella competizione per l’egemonia precedentemente descritta [4].
L’analisi si preannuncia fin da ora lunga e complessa, e non so prevedere di preciso dove andrà a parare. Ridefinire un modello interpretativo basato su due soli fattori, relativamente semplici e lineari (cooperazione e competizione), in modo da includere una terza modalità comportamentale (l’inganno) capace di rendere sfumati e indefiniti i contorni delle azioni osservate, potrebbe rappresentare una sfida intellettuale superiore alle mie capacità.
