L’ascesa delle IdeoCulture

Glossario
Lo sviluppo di questa riflessione ha richiesto l’introduzione di concetti specifici, in qualche caso assenti dalla cultura corrente. Anticipo queste definizioni come introduzione all’analisi.

  • Ideologia: costrutto culturale elaborato per coordinare un gruppo di individui e finalizzato al raggiungimento di una gratificazione fisiologica o psicologica
  • Ideale: condizione di massima soddisfazione conseguente alla piena realizzazione del modello relazionale teorizzato dall’ideologia
  • IdeoCultura: l’insieme dei comportamenti e delle azioni messi in atto da una collettività in conformità ad una ideologia condivisa
  • Sovra-individuo: l’entità rappresentata da un gruppo di persone che agiscano in maniera coerente e coordinata
  • Risorse: l’insieme degli individui e dei beni materiali sui quali una IdeoCultura è in grado di esercitare il controllo
  • Egemonia: condizione di massima affermazione di una IdeoCultura nel consesso sociale
  • Bisogni indotti: distorsioni emotive generate nella popolazione dall’operato comunicativo delle IdeoCulture
  • Bias culturali: distorsioni cognitive introdotte nel pensiero condiviso finalizzate alla normalizzazione ed all’accettazione sociale dei bisogni indotti
  • Controllo sociale: effetto risultante dall’operato delle IdeoCulture nel massimizzare il proprio potere e le conseguenti rendite

1 – Premessa

Nel corso degli ultimi tempi ho lavorato ad un impianto descrittivo complessivo dell’evoluzione delle società umane [1] [2] [3] Tale percorso mi ha portato ad individuare una tipologia di entità astratte, etichettate fin qui semplicemente come ‘costrutti culturali’, dalle cui interazioni reciproche discenderebbe tutta una serie di dinamiche sociali. Ora è tempo di dar forma e sostanza a questi ‘costrutti’, stabilendo che originano dai bisogni emotivi umani e si definiscono nell’interazione tra i gruppi umani e le ideologie da essi condivise.

La definizione cui sono pervenuto, con molta fatica, per gli enti agenti il processo, è quella di IdeoCulture. In sintesi, per IdeoCultura si intende l’azione collettiva esercitata da una popolazione, o parte di essa, risultante dell’adesione ad una specifica ideologia. Vedremo come le IdeoCulture agiscano sulla base di una propria individualità, con dinamiche strettamente affini a quelle proprie degli organismi viventi.

Utilizzeremo quindi gli strumenti del modello evolutivo darwiniano per indagare le relazioni di queste entità, il loro emergere, la competizione che viene a prodursi per le risorse generate nel consesso sociale, le modalità con cui le diverse IdeoCulture interagiscono in termini di cooperazione, competizione, relazioni simbiotiche, asservimento e propagazione, arrivando a motivare le caratteristiche salienti delle civiltà umane risultanti dall’azione combinata delle diverse IdeoCulture e dar conto dell’evoluzione storica delle stesse.

2 – Definizione

Il nostro agire individuale è modellato, in larga misura, dal contesto culturale in cui cresciamo e ci ritroviamo ad agire. Responsabili dell’organizzazione di tale contesto sono una varietà di culture collettivamente condivise, che definiscono quali comportamenti siano opportuni, ed in quanto tali premiati, e quali invece siano deprecabili, ed in quanto tali repressi.

Il ventaglio dei comportamenti accettabili, nelle diverse società, risulta estremamente vario. Il semplice termine ‘culture’, in questo contesto, non appare sufficientemente calzante. ‘Culture’ sono, nell’accezione comune, i bagagli di competenze che ci consentono di maneggiare la realtà: il cosiddetto ‘saper’ fare. In questo caso stiamo ragionando un particolare segmento culturale che si occupa di organizzare, motivare e gestire le collettività, e riguarda specificamente il ‘voler’ fare.

Mentre il ‘sapere’ riguarda l’ambito cognitivo, il ‘volere’ attiene alla sfera emotiva di individui e gruppi. ‘Saper’ coltivare un campo e ‘volerlo’ fare sono due ambiti distinti, lo stesso vale per le azioni collettive. La sfera emotiva è la componente che ci ‘muove’ ad agire, a cacciare, a lavorare, a difenderci, a nutrirci, a sopravvivere, a riprodurci.

L’oggetto di questa analisi sono quindi quelle culture che attengono alla sfera emotiva, passano per un’elaborazione cognitiva della gestione emozionale generando visioni idealizzate della realtà, le elaborano nella forma di ideologie, che si consolidano nella collettività definendo forme e modalità dell’agire collettivo.

Il termine che ho scelto per identificare queste realtà è IdeoCulture, ovvero ‘culture generate da ideologie’. Con tale termine procederò ad identificare i gruppi umani capaci di agire in maniera coordinata in base a bagagli culturali condivisi, i già detti ‘costrutti culturali’, che fungono da legante identitario, e movente ad agire, per intere collettività e sottogruppi delle stesse.

3 – Caratteristiche

L’IdeoCultura così definita rappresenta una summa delle azioni prodotte da motivazioni ed aspettative di una collettività. Quando un gruppo sociale decide di realizzare un manufatto, una strada, un edificio di culto, un monumento alla memoria, quello è il prodotto dell’IdeoCultura in esso incarnata. Allo stesso modo, quando una collettività assume un’usanza, una consuetudine, una tradizione, anche quella è il portato di un’IdeoCultura.

Se prendiamo un gruppo umano molto semplice, come potrebbe essere un villaggio del neolitico, osserviamo come la visione del mondo condivisa assegni ad ognuno un ruolo, compiti da portare a termine, operazioni da eseguire. Il funzionamento della comunità, la sua capacità di far fronte alle necessità quotidiane come alle avversità, dipende dalla somma dei saperi individuali (singole culture) e da un agire coordinato, mediato dall’IdeoCultura.

Le IdeoCulture più primitive sono relativamente semplici. L’elemento dominante è rappresentato dall’ottenimento del nutrimento necessario alla sopravvivenza, per mezzo di caccia, pesca, raccolta e, più recentemente, di tecniche agricole e di allevamento. Lo sviluppo di un linguaggio è condizione necessaria al coordinamento interpersonale. La definizione di una serie di regole di convivenza civile lo è altrettanto. L’elaborazione di comuni convinzioni e credenze, per dar conto di fenomeni naturali incomprensibili e/o ingestibili, aggiunge ulteriore collante sociale.

In quanto espressione di collettività, le IdeoCulture tendono a sopravvivere per archi temporali molto più lunghi di quelli dei singoli individui, ad evolversi in conseguenza delle trasformazioni che avvengono nella comunità e nell’ambiente circostante, a propagarsi, a diversificarsi e, nel processo di moltiplicazione dei soggetti coinvolti, a dar vita a sub-IdeoCulture che declinano in maniera nuova singoli elementi della IdeoCultura originaria, attraverso processi del tutto analoghi a quelli osservabili negli organismi viventi.

Il salto concettuale proposto in questa analisi consiste nel ragionare le IdeoCulture come entità autonome, parzialmente senzienti (come riflesso delle singole intelligenze che le animano), capaci di interagire con l’ambiente circostante manipolandolo (come riflesso delle azioni dei singoli individui) e di competere per le risorse e per il controllo delle stesse.

Ragionare i processi sociali in termini di interazione tra IdeoCulture, che agiscono coerentemente con la propria natura e le proprie necessità, autonomamente l’una dall’altra, semplifica la comprensione di processi che sarebbero altrimenti indecifrabili se ragionati in termini di interazioni collettive tra innumerevoli volontà individuali. Una collettività capace di esprimere un pensiero condiviso ed azioni coordinate genera un sovra-individuo dalle caratteristiche molto diverse rispetto a quelle dei singoli partecipanti.

In primis tale essere non sarà auto-consapevole, perché ogni singolo partecipante percepirà se stesso, più che l’IdeoCultura, come soggetto agente. In seconda battuta la volontà del sovra-individuo risultante sarà rafforzata dal numero, ma livellata e priva delle sfumature che differenziano i singoli membri del collettivo.

Se una persona può cambiare opinione, o possedere una visione individuale che si discosti in varia misura dal pensiero collettivo, il sovra-individuo rappresentato dalla collettività tenderà a condividere solo le convinzioni più semplici e radicate, ad ostacolare la loro evoluzione in forme di pensiero più complesse, e ad agire in termini rudimentali.

Perché un’IdeoCultura diventi capace di pensieri ed intenzioni più mirate e strutturate è necessario uno sviluppo verticale, un’articolazione, in grado di selezionare gerarchie di individui portatori di versioni più approfondite e sofisticate dell’ideologia di base, maggiormente capaci di perseguirne gli obiettivi.

Nondimeno, buona parte delle visioni più evolute resterà patrimonio delle élite, mentre la grande massa degli individui alla base del sistema piramidale dell’IdeoCultura continuerà a condividere solo la versione più rudimentale e semplicistica dell’ideologia.

4 – Origini

Dal punto di vista evolutivo lo sviluppo di comportamenti sociali rappresenta un significativo vantaggio: un gruppo ben coordinato si comporta infatti come un sovra-organismo, con risorse e potenzialità superiori a quelle dei singoli individui. Il singolo individuo, se inserito in un branco, un gruppo, una banda, una tribù, ha capacità molto maggiori, in termini di procacciamento di nutrimento e di difesa rispetto a predatori ed eventi ostili, rispetto a quelle che avrebbe agendo individualmente.

Perché tale sovra-organismo possa funzionare è però necessario un coordinamento funzionale tra le singole individualità, che può avvenire solo attraverso una cultura collettivamente condivisa. Cultura che i singoli membri della collettività acquisiscono nel corso dello sviluppo, ed esercitano e tramandano durante la maturità. Tale cultura condivisa sopravvive per generazioni, trasferendosi ai discendenti, evolvendo e venendo progressivamente aggiornata ed integrata.

Questo discorso vale sia per le specie animali che per l’uomo, la cui enorme intelligenza ha ottenuto di tradurre l’evoluzione culturale in forme di enorme complessità. Parallelamente alle culture legate alla sfera cognitiva, connesse alla capacità di manipolare la realtà esterna, si sono evolute le IdeoCulture, legate alla sfera emozionale ed in grado di mediare i processi decisionali collettivi.

Le più antiche IdeoCulture ancora osservabili sul pianeta sono quelle legate alla sussistenza di popolazioni nomadi di cacciatori/raccoglitori in località solitamente molto isolate. In queste osserviamo quattro funzioni sociali fondamentali.

Funzione produttiva: procacciamento di cibo e fabbricazione di utensili
Funzione decisionale: guida della comunità
Funzione confortativa: intermediazione con il mondo immateriale
Funzione riproduttiva: natalità, crescita numerica e rafforzamento del gruppo

(sull’ultima funzione, sulla sua specificità, sulle asimmetrie sociali che ne discendono, sulla intera questione femminile attraverso i secoli, sarebbe necessario un approfondimento che purtroppo esula dalle finalità di questa trattazione)

La funzione produttiva consiste nell’applicazione di competenze nel cacciare e raccogliere. Cacciare, per una popolazione primitiva, è un’attività indispensabile. Cacciare in gruppo richiede lo sviluppo di un’IdeoCultura condivisa, che detti ruoli, priorità e gerarchie.

La funzione decisionale si rende necessaria perché, in gruppi di individui dotati di capacità cognitive comparabili, tipicamente finiscono con l’emergere orientamenti diversi sulle scelte da operare collettivamente.

Muovere una tribù di cacciatori/raccoglitori attraverso territori diversi nel corso dell’anno richiede decisioni estemporanee, che non possono basarsi unicamente sulle abitudini consolidate. La soluzione a questo dilemma è l’individuazione, fra tutti, dell’individuo (un capo, una guida) maggiormente capace di soppesare le diverse possibilità ed indicare la scelta migliore.

La funzione confortativa investe il conflitto tra l’ambito cognitivo e la sfera emotiva che si sviluppa in parallelo allo sviluppo intellettuale. La contrapposizione tra la volontà di vivere e la consapevolezza della morte genera un portato di sofferenza psichica ingestibile sul piano strettamente razionale, il cui sollievo richiede un approccio irrazionale. Questa necessità condusse i nostri antenati a sviluppare credenze legate ad ambiti immateriali, ultraterreni.

L’individuazione di figure divine, la cui benevolenza poteva essere acquisita mediante riti propiziatori e l’adesione ai dettati del culto, ottenne di soddisfare un ampio ventaglio di bisogni irrazionali, non ultimi quelli legati alle aspettative individuali di salute, successo e fertilità. Lo sviluppo di credenze religiose soddisfaceva anche finalità motivazionali: ad agire, a sopravvivere, ad operare per il benessere della collettività.

Nell’IdeoCultura di una micro-comunità isolata, come può essere una tribù, tutte queste diverse componenti coesistono. Col passaggio dal nomadismo alla stanzialità, e la conseguente crescita delle dimensioni e del benessere delle comunità, le IdeoCulture iniziano a specializzarsi e differenziarsi.

5 – Diversificazione

Quello che avviene con l’inurbazione e la nascita delle prime città-stato è il moltiplicarsi degli individui coinvolti nei diversi ruoli sociali. Se una tribù ha bisogno di un unico capo ed un unico sciamano, che partecipano entrambi alla funzione produttiva, in una collettività estesa sono necessari diversi capi, gerarchicamente strutturati, ed una moltitudine di responsabili del culto.

L’efficientamento dei processi produttivi svincola una percentuale significativa della popolazione dalle necessità di produrre cibo e manufatti, e consente ad una parte di essi di svolgere funzioni sociali specifiche. La commistione fra ruoli diversi declina, in favore di un’organizzazione sociale basata su ruoli ben distinti. Oltre a ciò, l’incremento di complessità della collettività obbliga lo sviluppo di ulteriori nuovi ruoli e funzioni sociali.

Una trasformazione importante riguarda l’evoluzione delle figure decisionali. Al singolo capotribù, responsabile dell’efficienza di caccia e raccolta, si sostituiscono una moltitudine di capomastri, responsabili del lavoro di squadre di operai specializzati. La funzione di comando si trasferisce al più specifico ambito dell’esercizio della violenza.

Lo schema funzionale di una comunità complessa integra le funzioni basilari con nuovi ruoli
funzione produttiva, assegnata ad operai specializzati
funzione decisionale, assegnata a responsabili delle squadre di operai
funzione confortativa, assegnata a figure sacerdotali
funzione organizzativa, assegnata a funzionari amministrativi, scribi, contabili
funzione ridistributiva, gestita dal ceto mercantile
funzione di ordine pubblico, delegata a corpi di polizia
funzione difensiva, con l’emergere di figure militari professionali
sviluppo del sapere, con la nascita di studenti e scuole
svago ed intrattenimento, con l’emergere delle professioni artistiche

Parallelamente all’evoluzione e diversificazione dei compiti, lo status sociale privilegiato di cui godeva la funzione riproduttiva tende a declinare, e le donne vengono relegate, con qualche rara eccezione, a mansioni marginali (sviluppo sociale che richiederebbe un’analisi specifica).

Come portato dell’espansione demografica delle comunità e del frazionamento sociale, i membri dei sottogruppi tendono a coordinarsi tra loro, a percepirsi come comunità distinte ed a generare una diversificazione delle rispettive IdeoCulture. Come vedremo più avanti in dettaglio, queste ultime finiranno a competere per il controllo delle ricchezze prodotte dalla collettività.

L’IdeoCultura egemone, in questa prima fase, è quella relativa all’esercizio della violenza. Non ho sufficienti competenze antropologiche per dettagliare il processo, ma quello che si osserva più o meno in ogni civiltà è l’emergere di una casta militare con il compito di imporre alle popolazioni, all’interno ed all’esterno delle mura della città, il rispetto delle regole e della legge attraverso un esercizio socialmente accettato della violenza.

Questo specifico sottogruppo finisce inevitabilmente col produrre una propria IdeoCultura basata su princìpi di supremazia fisica quali forza, abnegazione, obbedienza e disponibilità al sacrificio personale: qualità finalizzate alla sopraffazione e sottomissione degli avversari.

Non può sorprendere se, nella competizione per l’egemonia fra IdeoCulture che si sviluppò inizialmente nelle società antiche, furono proprio le IdeoCulture legate all’espressione dell’aggressività ad emergere, dominare e controllare le prime comunità umane, dando vita a regni ed imperi dalla chiara impronta militare.

Riassumendo, abbiamo visto come una società complessa sia composta da gruppi di individui che condividono convinzioni comuni sulle azioni da intraprendere per massimizzare i propri vantaggi. Tali gruppi si possono descrivere come sovra-organismi, interni alla collettività, mossi dalle rispettive IdeoCulture.

Di base, il gruppo sociale responsabile della funzione produttiva (quello che correntemente ricade sotto la definizione di ‘classe operaia’) genererà ricchezza per sé e per gli altri gruppi sociali, ed ogni gruppo agirà per ottenerne la massima quantità.

La casta militare richiederà risorse per mantenere efficiente l’esercito e difendere la comunità, la casta burocratica per far funzionare l’organizzazione della vita collettiva, la casta religiosa per intercedere efficacemente presso le divinità, la casta mercantile cercherà di massimizzare il proprio guadagno negli scambi.

Ragionando il processo in termini di IdeoCulture, questo si traduce in in dinamiche di cooperazione/competizione fra i diversi gruppi (descrivibili in termini di sovra-organismi) e le rispettive IdeoCulture.

6 – Metabolismo

Con dinamiche del tutto analoghe a quelle che portano un piccolo gruppo ad eleggere un leader, all’interno delle collettività che abbracciano singole IdeoCulture si sviluppa un identico meccanismo. Al crescere del numero di aderenti, uno sviluppo verticale (o verticistico) all’interno dell’IdeoCultura ne aumenta le probabilità di successo, selezionando i più meritevoli ed abbreviando i tempi decisionali.

Un tale processo porta allo sviluppo di organizzazioni piramidali, nelle quali ad una base ampia si sovrappongono livelli di potere via via più ristretti, fino ad un vertice oligarchico o individuale, in uno sviluppo che appare più rapido ed immediato per alcune IdeoCulture che non per altre. L’evoluzione verticistica innesca inevitabilmente un drenaggio verticale delle risorse: ogni livello tende ad avvantaggiarsi rispetto ai livelli inferiori avocando a sé la maggior quantità di ricchezza possibile.

Tale ricchezza viene poi parzialmente reinvestita in forme comunicative che diffondano l’adozione dell’IdeoCultura e ne spingano una ulteriore espansione: più risorse drenate significano maggiori investimenti in comunicazione, quindi espansione della base di aderenti alla IdeoCultura con conseguente ulteriore aumento delle risorse disponibili.

Questo processo distributivo è un primo indizio dello slegamento tra la ricchezza complessiva di un’IdeoCultura e quella dei singoli appartenenti, ovvero di una significativa autonomia tra le dinamiche delle IdeoCulture nel loro complesso rispetto a quelle dei singoli individui che le animano.

In linea di massima ogni IdeoCultura finisce con l’attivare un comportamento parassitario nei confronti non solo della collettività ma degli stessi individui alla base del proprio sistema piramidale, dirottando una maggior quantità di risorse verso i vertici ed i canali comunicativi. Da notare come la base degli adepti sia essa stessa una risorsa in qualche misura spendibile (o sacrificabile).

L’esempio più evidente è quello delle IdeoCulture militari, nelle quali la base della piramide è formata dai singoli soldati, e l’acquisizione delle ricchezze consiste nel saccheggio dei territori conquistati. In questa dinamica i singoli soldati, o gruppi di essi, risultano sacrificabili ai fini del risultato finale.

Una volta conquistato il nuovo territorio, la ricchezza risultante dal saccheggio deve sovra-compensare la perdita di individui e dispositivi bellici, consentendo la reintegrazione delle risorse perdute, altrimenti la campagna militare sarà risultata fallimentare. Questo è un ulteriore elemento chiave per comprendere la sostanziale differenza tra le finalità di un’IdeoCultura e quella dei singoli appartenenti.

Dinamiche penalizzanti per gli adepti di basso livello si osservano nelle IdeoCulture religiose, con donazioni e voti di povertà imposti ai devoti; in quelle produttive, dove l’esigenza di profitto sviluppa condizioni di lavoro rischiose e precarie; in quelle mercantili, dove si rifilano ai consumatori finali sostanze appaganti ma dannose per l’organismo; in quelle amministrative, dove sul lungo periodo si sviluppa un aumento della forbice salariale.

La specifica questione del conflitto tra le esigenze delle IdeoCulture e quelle dei rispettivi affiliati sarà sviluppata più avanti.

7 – Crescita e consenso

Affrontiamo ora quanto fin qui descritto in termini ecosistemici, cercando di comprendere come le IdeoCulture interagiscano fra loro nella competizione per l’accaparramento delle risorse prodotte dalla collettività, cominciando con un passo indietro al livello dei singoli individui.

Nel corso della sua vita attiva, ciascuno agisce per soddisfare bisogni e necessità. Le esigenze di base (nutrimento, svago, compagnia, sicurezza, soddisfazioni sessuali, riposo) possono essere soddisfatte per mezzo di un lavoro produttivo. Gli individui dotati di bisogni eccedenti la norma in specifici ambiti (potere, affermazione individuale, ricchezza) tenderanno a scalare la piramide gerarchica della rispettiva IdeoCultura per trattenere per sé quanta più ricchezza possibile.

La volontà di ricchezza e potere espressa da tali soggetti li spingerà a manipolare la collettività per ottenerne il massimo guadagno. Per farlo saranno obbligati ad gestire, manipolandola, l’IdeoCultura di appartenenza, in modo da trattenere per sé una percentuale maggiore di ricchezza. Per certi versi è il processo descritto dal matematico John Nash, in cui il ‘miglior risultato’ si ottiene massimizzando il risultato di un’azione non solo per sé stessi, ma per sé _E_ per il gruppo [4], a spese degli altri gruppi sociali in competizione.

Quando un individuo con elevata carica motivazionale abbraccia un’IdeoCultura, agisce al suo interno per massimizzarne la capacità di generazione di ricchezza e, in caso di successo, ne ottiene in cambio un ritorno straordinario. Tale abbondanza di risorse può quindi essere reinvestita per alimentare ulteriormente il processo. Quello che si osserva all’esterno è un accrescersi della credibilità dell’IdeoCultura come ente capace di generare e diffondere ricchezza e benessere per i propri adepti.

Traducendo nella pratica quanto appena teorizzato, un individuo particolarmente brillante e motivato, che applichi il proprio ingegno a migliorare una tecnica produttiva ottenendo rese eccezionali, guadagnerà da un lato il riconoscimento della sua collettività, dall’altro renderà l’ambito produttivo interessante ed appetibile per una varietà di soggetti, motivandoli ad investirvi le proprie energie e risorse, con un’espansione della base di persone coinvolte nel benessere dell’IdeoCultura.

L’azione di questi singoli individui particolarmente motivati si tradurrà in un aumento di ricchezza e prestigio dell’IdeoCultura di appartenenza, che si ritroverà ad averne in cambio maggiori risorse ed una crescita in termini numerici, attirando altri individui con analoga propensione. In questo modo un’IdeoCultura particolarmente attiva ed efficace in un determinato periodo storico potrà guadagnare consensi fra la collettività, diventare egemone rispetto alle altre e condizionarne le azioni.

8 – Domesticazione e Bias culturali

Se osservato nella prospettiva di una competizione tra IdeoCulture per il conseguimento di ulteriori risorse ed, in ultima istanza, dell’egemonia, a spese della propria base di adepti e della collettività nel suo complesso, il processo di auto-domesticazione della nostra stessa specie [5], può essere complessivamente descritto in termini di domesticazione delle collettività umane da parte delle IdeoCulture da esse generate.

All’interno della collettività le IdeoCulture mediano le relazioni tra individui, quindi di fatto è in esse che vengono elaborati e definiti i recinti mentali (quelli che tempo addietro ho avuto modo di definire ‘bias culturali’ e che vedremo in dettaglio più avanti) in grado di circoscrivere i margini d’azione dei singoli individui.

Tale processo emerge dalla seguente catena di eventi:
1 – l’IdeoCultura si modella su una base di regole generali
2 – il processo funziona e genera un arricchimento
3 – la base di adepti si espande e si sviluppano le strutture verticali
4 – la competizione con le altre IdeoCulture sviluppa una domanda di ulteriori risorse
5 – le regole originarie vengono integrate per adeguarle alla nuova situazione ed imposte alla collettività grazie al potere maturato

L’operatore che consente di agire il processo di domesticazione è rappresentato dalle regole arbitrarie elaborate all’interno dell’IdeoCultura stessa per garantirne sopravvivenza e benessere. Regole arbitrarie che, qualora ottengano di aumentare il benessere (o la percezione di benessere) dei singoli individui, vengono successivamente metabolizzate dal corpus sociale. Vediamo alcuni esempi pratici di tale processo.

Primo esempio: IdeoCultura militare (c.a età del bronzo)
1 – l’esercito attacca la città vicina e torna con metalli ed oggetti preziosi
2 – la popolazione gode (indirettamente) del benessere generato dall’IdeoCultura militare
3 – i reduci dalla spedizione organizzano un nuovo esercito più forte e strutturato
4 – per rafforzarne i ranghi si elabora un editto di coscrizione obbligatoria
5 – la coscrizione obbligatoria si fissa in via permanente per le generazioni a
venire

Secondo esempio: IdeoCultura religiosa (medioevo)
1 – dalla dissoluzione dell’Impero Romano originano le comunità monastiche
2 – intere comunità traggono vantaggio dall’organizzazione del lavoro gestita dai monaci
3 – gli ordini religiosi sviluppano le proprie gerarchie
4 – diventa consuetudine nominare la Chiesa erede delle proprie ricchezze
5 – viene stabilita la regola del celibato ecclesiastico per impedire agli alti prelati di disperdere ricchezze mediante lasciti eredit
ari

Terzo esempio: IdeoCultura mercantile (ventesimo secolo)
1 – lo sviluppo dei processi tecnologici rende possibile la motorizzazione individuale
2 – l’uso dell’automobile si diffonde inducendo nuovi stili di vita
3 – la produzione di automobili cresce ed interessa fasce sempre più ampie di popolazione
4 – la propaganda del comparto fagocita gli ambiti culturali (cinema, stampa)
5 – la destinazione d’uso degli spazi pubblici viene fissata in forma di leggi e regolamenti che privilegiano le esigenze di suolo degli automobilisti

Quello che si evince dagli esempi proposti è di fatto un meccanismo Ideologico/economico: ad un significativo incremento della ricchezza e del benessere di una popolazione consegue un re-investimento di tale ricchezza, al fine di alimentare ulteriormente l’IdeoCultura responsabile dell’arricchimento collettivo ed ottenerne ulteriori vantaggi.

Questo processo rafforza il potere dell’IdeoCultura più efficiente sulle concorrenti, consentendole di manipolare in profondità le regole, i meccanismi ed il pensiero collettivo. L’IdeoCultura ‘vincente’ informa il pensiero diffuso, trasferendo nel comune sentire quelle distorsioni cognitive (bias culturali) che ne facilitano l’operato, finendo col normalizzare comportamenti e stili di vita che, altrimenti, sarebbero considerati aberranti.

Alcuni esempi. L’IdeoCultura dominante in epoca romano-imperiale dava, ai proprietari, diritto di vita e di morte sugli schiavi [6]. L’IdeoCultura religiosa di alcune regioni dell’India considera accettabile bruciare le vedove sulle pire funerarie dei mariti [7]. Nei tribunali dell’inquisizione cattolica spagnola (IdeoCultura religiosa) erano pratica corrente la tortura e la condanna al rogo degli eretici [8].

I comportamenti, ad oggi socialmente inaccettabili, messi in atto dalle IdeoCulture del passato sono innumerevoli. Si va dai sacrifici umani documentati in diverse civiltà, preistoriche e storiche, alle streghe bruciate sui roghi nelle prime fasi della colonizzazione europea del Nordamerica, al sistematico sterminio delle popolazioni native nelle epoche coloniali, all’accettazione della ‘normalità’ ed inevitabilità della guerra più o meno fino al secolo scorso per arrivare, nel mondo contemporaneo, all’indifferenza per le mattanze provocate dall’incidentalità stradale, dalla cattiva alimentazione, dal fumo e dall’inquinamento diffuso.

Ognuno di questi eccessi è legato all’accettazione collettivamente acritica di assunti arbitrari prodotti nel relativo periodo storico, e finalizzati unicamente al successo ed all’egemonia sociale dell’IdeoCultura dominante, non già al benessere delle popolazioni ad essa asservite. Si osserva quindi l’equivalente umano del processo di domesticazione animale, con le IdeoCulture nel ruolo dei pastori ‘benevoli’ e le popolazioni, appartenenti o meno all’IdeoCultura egemone, in quello del gregge pronto ad essere munto, tosato e/o macellato alla bisogna.

9 – Comunicazione

Come già illustrato, la pervasività di un’IdeoCultura discende in massima parte dall’entità delle risorse che è in grado di maneggiare. Risorse che alimentano i meccanismi di comunicazione a supporto della sua diffusione ed adozione, e rappresentano il primo strumento a disposizione delle IdeoCulture per propagarsi da un individuo all’altro e da una collettività a quelle contigue.

In ogni epoca storica, l’IdeoCultura dominante è quella con la maggior disponibilità di ricchezze da reinvestire per il mantenimento dell’egemonia culturale, ivi inclusa l’auto-celebrazione, che altro non è se non una forma molto appariscente di comunicazione di potere, forza, importanza.

Nell’antica Roma, l’IdeoCultura militare ci ha lasciato ampia memoria di sé sotto forma di archi di trionfo, colonne ed obelischi. In epoca medioevale l’egemonia culturale religiosa ha disseminato l’Europa di chiese e cattedrali sfarzose ed architettonicamente ardite. Nel mondo contemporaneo l’IdeoCultura produttivo/mercantile esibisce il proprio successo innalzando grattacieli e centri commerciali, mentre sparpaglia nei territori aree industriali, reti di movimentazione merci e poli logistici.

Il primo ambito ad essere invaso, nel processo di accrescimento di un’IdeoCultura, riguarda il controllo del sapere. Ogni IdeoCultura si avvantaggia del controllo dei media culturali dominanti nella propria epoca.

Dalla preistoria emergono statuette e manufatti legati a riti religiosi di fertilità e pitture rupestri di propiziazione alla caccia. Dalle prime civiltà coeve dell’invenzione della scrittura abbiamo resoconti di campagne militari fatti redigere dai sovrani. Durante il medioevo, l’egemonia culturale gestita dal cristianesimo ripiombò l’Europa in un analfabetismo diffuso, e la capacità di leggere e scrivere fu resa disponibile solo alle congregazioni ecclesiastiche, e limitata ai testi sacri.

In tempi più recenti, l’esplosione della comunicazione audiovisiva è saturata dalla comunicazione commerciale operata dall’IdeoCultura produttivo/mercantile egemone, sia esplicita, sotto forma di spot pubblicitari, che implicita, in termini di onnipresenti ‘product placement’ all’interno di ogni forma di prodotto d’informazione e d’intrattenimento [9].

L’essenza delle IdeoCulture sono costrutti di idee, ideologie, che hanno bisogno di propagarsi ed essere collettivamente accettati. Gli individui che abbracciano un’IdeoCultura sono al tempo stesso recipienti e strumento di trasmissione per questi costrutti di idee. La ricchezza maneggiata dall’IdeoCultura è il motore che alimenta, e al tempo stesso rende appetibile, questa trasmissione di saperi.

10 – Egemonia

Il massimo risultato per un’IdeoCultura è la conquista dell’egemonia su tutte le altre, in modo da asservirle e drenare ricchezza da esse e dai relativi affiliati. Analizzare la storia dell’umanità in termini di interazioni reciproche tra IdeoCulture offre una chiave di lettura particolarmente interessante.

Le prime civiltà sorte nell’antichità erano fondate su tre pilastri: la produzione di cibi e manufatti, le credenze religiose ed il potere militare. Di queste tre IdeoCulture, quella militare si occupava di mantenere il controllo fisico sulla popolazione, quella religiosa il controllo sull’immaginario, quella produttiva il controllo sulla realtà materiale, ovvero il gradino più basso.

Le IdeoCulture religiose, varianti di un unico impianto politeista probabilmente molto più antico ed ormai perduto, fondavano la propria autorità sulla promessa di benessere futuro e di una vita oltre la morte, ed orientavano le decisioni popolari interpretando (a proprio vantaggio) le volontà divine.

Un esempio fra tanti della rilevanza del pensiero religioso nel mondo antico è la civiltà egizia, i cui regnanti, i faraoni, godevano dello status di semi-divinità. Caratteristica di questa civiltà era l’enorme investimento in personale specializzato, tempo e risorse materiali, destinati alla preparazione delle spoglie dei defunti per l’aldilà.

Man mano che civiltà diverse raggiungevano livelli elevati di benessere e ricchezza, l’IdeoCultura militare subì un’evoluzione: anziché accontentarsi dei cibi e ricchezze prodotti dalle proprie popolazioni al fine di garantirne la difesa, si iniziò a muover guerre ai territori confinanti per saccheggiare ed asservire le popolazioni vicine. Fra i molti imperi noti dell’antichità, l’IdeoCultura militare di maggior successo in questo tipo di approccio fu, probabilmente, quella della Roma Imperiale.

L’egemonia dell’IdeoCultura militare romana andò di pari passo con le capacità ingegneristiche ed il drenaggio di ricchezze dai territori conquistati ed occupati. L’impero Romano collassò, dopo molti secoli, proprio a seguito dell’esaurirsi di questa fonte di sostentamento. Il modello più attendibile descrive un aumento nella dimensione dei territori governati tale da rendere insufficiente il flusso di ricchezze generate da ulteriori campagne militari, insufficienti ad alimentare l’apparato burocratico necessario a tenere unito l’Impero.

Dopo il crollo, ad emergere fu un’IdeoCultura di stampo religioso, basata sul cristianesimo. Il motivo di questa transizione è stato già evidenziato [10]: alcune IdeoCulture prosperano in periodi di abbondanza, altre sono più vantaggiose in epoche di scarsità. Una IdeoCultura competitiva distrugge risorse ad un ritmo maggiore rispetto ad altre più orientate alla cooperazione.

L’IdeoCultura cristiana, nel corso del Medioevo, fu in grado di contribuire al benessere diffuso (percepito) più delle culture militari. È interessante osservare una specularità: nel periodo di egemonia dell’IdeoCultura militare romana, le espressioni religiose risultavano molte e disperse (politeismo); nel Medioevo ad egemonia cristiana si assiste ad una polverizzazione delle IdeoCulture militari, con la frammentazione in regni, stati e staterelli estremamente conflittuali l’uno con l’altro, nonostante fossero animati da un’unica fede e governati da regnanti per ‘diritto divino’, consacrati con identici riti religiosi.

Nel corso della transizione all’età moderna, una temporanea rinascita dell’IdeoCultura militare discese dal perfezionamento delle tecniche di navigazione, dando vita all’epoca delle esplorazioni marittime e all’emergere degli imperi coloniali. La possibilità di imporre la propria legge con armamenti moderni su territori e popolazioni lontane e ‘selvagge’, facendo confluire nel Vecchio Mondo spezie, derrate alimentari, metalli e pietre preziose, segnò l’inizio del declino dell’egemonia religiosa e, letteralmente, ‘gonfiò le vele’ di un’emergente IdeoCultura imprenditoriale/mercantile.

Con la rivoluzione industriale e la messa a regime di fonti energetiche fossili (prima carbone, poi petrolio) per la produzione di cibi e manufatti, l’IdeoCultura imprenditoriale/mercantile metabolizzò lo sviluppo tecnologico, dando vita ad un’IdeoCultura produttivo/mercantile che si dimostrò in breve tempo capace di stravolgere il paradigma economico, generando ricchezza diffusa e conquistando l’appoggio quasi incondizionato dell’opinione pubblica, fino a conquistare l’egemonia culturale delle età moderna e contemporanea.

11 – Equilibri

Come abbiamo visto fin qui, differenti IdeoCulture coesistono nei consessi sociali allargati e, con equilibri diversi, nei singoli individui. Ciò dipende dal fatto che le diverse IdeoCulture intercettano più ambiti dei bisogni fisici ed emozionali di ognuno di noi. Bisogni che variano da individuo ad individuo, da gruppo sociale a gruppo sociale, offrendo margini di ‘presa’ maggiore o minore ai benefici generati da ogni singola IdeoCultura.

Le emozioni ‘muovono’ intenti e volontà, individuali e collettive, risultando quindi il reale ‘motore sociale’ capace di trasformare (o di stabilizzare) lo status-quo. Le potenzialità egemoniche di un’IdeoCultura dipendono, oltre che dalla sua capacità di attrarre ricchezza per la parte di corpus sociale che vi si riconosca, dall’efficacia nell’attivare risposte emozionali.

L’entità del coinvolgimento emotivo sviluppato da un’IdeoCultura ha dirette conseguenze sulla sua efficacia nel soddisfare esigenze ed aspirazioni irrazionali. Maggiore il portato emozionale, più rapida l’accettazione della IdeoCultura fra i singoli individui, più ampia la sua diffusione, più prolungata la sua durata nel tempo.

L’attivazione di risposte emozionali, che non di rado si declina in vera e propria manipolazione delle emozioni, è un elemento chiave di qualunque forma di comunicazione, dal linguaggio del corpo, passando per le conversazioni interpersonali, su su fino ai mass-media. Dall’efficacia nell’attivare echi nella sfera emozionale discende, in via diretta, l’efficacia della comunicazione stessa, ovvero l’attenzione con la quale l’idea veicolata viene recepita ed acquisita, oltre alla potenzialità di propagarsi ulteriormente.

Nella prospettiva delle domande emozionali, le IdeoCulture dominano ambiti diversi. Una funzione ‘organizzativa’ (amministrativa) soddisfa le esigenze di forma e coesione della collettività. Una funzione ‘difensiva’ (militare) rassicura sulla gestione dell’aggressività tra il gruppo sociale e le realtà percepite come estranee ed ostili. Una funzione ‘confortativa’ (religione) allevia forme di sofferenza psichica. Una funzione ‘redistributiva’ (mercantile) intercetta i bisogni di possesso e di affermazione individuale e collettiva.

Lo spettro delle emozioni umane è tuttavia limitato, come le risorse economiche ed umane disponibili. Questo fa sì che le IdeoCulture, nella competizione per l’egemonia sulle società, finiscano col cercare di estendere il ventaglio di ambiti emozionali da esse gestito. Così l’ambito religioso può invadere quello mercantile (vedi la vendita di ‘indulgenze’), l’ambito militare quello religioso (“Dio lo vuole” come giustificazione per muover guerra), l’ambito commerciale quello militare (sviluppo di comparti produttivi specifici per le finalità belliche).

In un’IdeoCultura ad egemonia militare, come quella romana imperiale, la sfera religiosa era assoggettata alle finalità belliche: si praticavano sacrifici agli dei per favorire l’esito delle battaglie. Specularmente, in un’IdeoCultura ad egemonia religiosa come l’Islam (analogamente al cristianesimo nell’Europa medioevale), è il clero a manipolare l’ambito militare promuovendo ‘guerre sante’.

Nel mondo contemporaneo occidentale, ad egemonia mercantile, sono sempre più spesso i comparti industriali a forzare la mano alla sfera politica per promuovere guerre in paesi lontani, non tanto per arricchirsi dalla predazione di risorse, quanto per intercettare fette consistenti dei bilanci nazionali.

Un’ulteriore forma di invasione ed ingerenza dell’IdeoCultura produttivo/mercantile riguarda le festività religiose, che sono state progressivamente snaturate del contenuto emozionale e relazionale, diventando celebrazioni finalizzate primariamente ad un consumo gratuito e sregolato.

Se nel mondo occidentale i diversi paradigmi culturali appaiono maggiormente distinti, nel medio oriente una singola IdeoCultura religiosa egemone (l’Islam) ha finito con l’asservire tutti gli ambiti culturali concorrenti, inglobando e definendo le specifiche caratteristiche sociali, mercantili e militari delle collettività che in essa si identificano. Per contrasto, dove l’ambito religioso è stato fortemente represso, come nei paesi ex-comunisti, l’egemonia è stata successivamente conquistata da IdeoCulture militari (Cuba, Nord Corea) o amministrativo/produttive (Cina e Russia).

Un’IdeoCultura egemone non mirerà all’annientamento delle altre IdeoCulture, bensì al loro asservimento, ponendosi al vertice di una piramide collocata al di sopra delle altre IdeoCulture. Questa commistione crea le condizioni per cui un’IdeoCultura egemone possa essere sovvertita dall’imprevisto successo di un’altra ad essa asservita.

I meccanismi di manipolazione reciproca tra IdeoCulture, e gli equilibri che ne conseguono, possono dar conto della varietà di organizzazioni sociali osservabile nelle diverse aree geografiche mondiali.

12 – Frammentazione e moltiplicazione

Va segnalato un ulteriore processo evolutivo nella natura piramidale di un’IdeoCultura: quando questa cresce in dimensioni ed importanza, gruppi di suoi fautori tendono ad aggregarsi spontaneamente in società di interesse, gilde, corporazioni, caste, in una dinamica che induce l’evoluzione dell’IdeoCultura stessa da aggregato delle ambizioni di singoli individui ad aggregato delle aspettative di gruppi coesi di individui che ne incarnano le diverse sfumature.

Così l’IdeoCultura militare si differenzia in una varietà di corpi e discipline (esercito, aeronautica, marina); l’IdeoCultura mercantile è polverizzata in una moltitudine di settori e di marchi (brand) all’interno dei settori; ogni IdeoCultura religiosa è animata da un ventaglio di correnti filosofiche distinte (solo nel cristianesimo: benedettini, gesuiti, domenicani, francescani, etc).

Ogni singola sub-IdeoCultura partecipa alla propria IdeoCultura complessiva, pur continuando a competere, all’interno della stessa ‘piramide’, con le altre sub-IdeoCulture. Questo processo è parte dell’evoluzione piramidale delle IdeoCulture.

Ne discendono variazioni degli equilibri interni, sommovimenti, egemonie temporanee di un settore sugli altri, più raramente sbilanciamento degli equilibri complessivi. Tale sviluppo va considerato semplicemente come una ulteriore articolazione che si produce come adattamento, in risposta ad un aumento della complessità.

13 – Crisi

Il successo, quando non l’egemonia, di un’IdeoCultura discende dalla sua efficacia nella generazione di ricchezza e benessere a favore della collettività che in essa si identifica. Nei periodi di crisi, quando tale efficienza declina e le società perdono l’equilibrio precedentemente conquistato, può verificarsi l’abbandono collettivo di un’IdeoCultura in favore di un impianto ideologico alternativo.

Esempi di questo processo sono il già menzionato crollo dell’Impero Romano (da egemonia militare a religiosa), la fine del Medioevo (da egemonia religiosa a produttivo/mercantile), le rivoluzioni borghesi e comuniste (da egemonia militare a produttivo/mercantile), l’avvento di fascismo e nazismo all’inizio del XX secolo (da egemonia produttivo/mercantile a militare), il dopoguerra e il boom economico (da egemonia militare di nuovo a produttivo/mercantile).

In assenza di una ‘crisi delle risorse’, l’egemonia di un’IdeoCultura risulta relativamente inscalfibile da azioni e volontà di individui e gruppi esterni ad essa. La scala temporale sulla quale si estende l’ambito operativo di un’IdeoCultura è molto maggiore dell’arco utile di una singola vita umana, di conseguenza un’IdeoCultura ‘in salute’ deve solo attendere che la temporanea turbativa finisca col rientrare.

Volontà ed azioni mirate di singoli o gruppi possono tuttavia avere un ruolo importante nella fase di transizione tra l’egemonia di un’IdeoCultura e l’avvento della successiva. Il celeberrimo detto ‘panem et circenses’ degli antichi romani illustra in estrema sintesi le regole per mantenere in salute un’IdeoCultura dominante: provvedere ai bisogni della collettività che in essa si riconosce, garantendosi la continuità d’azione.

In questo quadro, l’avvento di regimi dittatoriali in Italia e Germania all’inizio del XX secolo rappresenta un esempio eclatante di cosa può avvenire quando i flussi di ricchezza calano o si interrompono. L’Europa dell’epoca era un calderone di IdeoCulture militari profondamente radicate, indebolite da decenni di conflitti improduttivi ed economicamente devastanti.

Al loro fianco, l’IdeoCultura produttivo/mercantile appare in ascesa, ma gli effetti sull’Europa della Grande Depressione esplosa oltreoceano, col suo portato di povertà diffusa, causano un calo di fiducia collettivo, creando le condizioni per il riemergere di IdeoCulture suprematiste ed aggressive, fondate sulle prospettive di arricchimento mediante predazione (la retorica coloniale dell’Italia fascista, successivamente copiata dal nazismo).

Le IdeoCulture produttivo/mercantili italiana e tedesca favorirono l’ascesa delle ideologie militariste per riavviare i propri processi produttivi ed ottenere un rilancio della produzione industriale, ma finirono travolte dalla potenza comunicativa resa disponibile ai regimi militari dagli sviluppi culturali e tecnologici, quindi trascinate in conflitti catastrofici e semi-annientate dalle conseguenze della sconfitta.

A risollevarle, dopo il conflitto, intervenne il loro contraltare d’oltreoceano, l’IdeoCultura produttivo/mercantile statunitense, egemone rispetto alla propria IdeoCultura militare grazie ad un efficace controllo sociale, esercitato attraverso le ‘istituzioni democratiche’ e la ‘libera stampa’, ed interessata ad estendersi ad un potenziale mercato culturalmente affine ed a consolidare una posizione egemonica sul vecchio continente e sul mondo intero.

14 – Controllo sociale

Ho scelto di inserire ‘istituzioni democratiche’ e ‘libera stampa’ tra virgolette per sancire il loro status di Bias Culturali, effetto della manipolazione indotta dall’IdeoCultura produttivo/mercantile. Su questo tema è già stata prodotta una specifica analisi, a cui vi rimando [11].

Generalizzando, in ogni periodo storico l’IdeoCultura egemone sfrutta la sua posizione di vantaggio convertendo parte del surplus di ricchezza generato in strumenti e modalità comunicativi finalizzati al consolidamento della propria supremazia. Ciò avviene attraverso la propagazione dei già introdotti ‘Bias Culturali’: descrizioni della realtà opportunamente plasmate in base alle esigenze dell’IdeoCultura egemone.

In questo modo la sfera emotiva, attraverso l’elaborazione di un’IdeoCultura, ottiene di invadere la sfera cognitiva, generando e diffondendo percezioni distorte della realtà, finalizzate a limitare i margini d’azione di singoli individui e gruppi a quei comportamenti maggiormente vantaggiosi per l’IdeoCultura stessa. Un processo del tutto analogo a quello che genera l’emersione di bias cognitivi nei singoli individui [12].

Nello specifico, la supremazia etico/morale delle forme di governo democratico è in larga parte un Bias Culturale prodotto e diffuso dall’IdeoCultura produttivo/mercantile egemone, che dispone di risorse e flussi di capitale capaci di condizionare le decisioni politiche bypassando e circuendo la volontà popolare. Simmetricamente le IdeoCulture militari veicolano l’idea di supremazia etico/morale delle forme di governo autoritario.

Entrambe appaiono come forme di auto-legittimazione operate da IdeoCulture egemoni. Discorso analogo vale per la ‘libertà di stampa’, e più in generale dei canali comunicativi, strumenti che nella società attuale sono alimentati da risorse economiche che non discendono tanto dalla qualità e veridicità dei contenuti quanto dall’indotto generato dagli inserimenti pubblicitari.

Il ritorno economico di un’impresa mediatica è direttamente proporzionale alla sua capacità di venire incontro agli interessi della committenza, riflettendone e veicolandone i princìpi. In questo modo l’IdeoCultura produttivo/mercantile attualmente egemone gestisce l’ambito culturale del controllo sociale, indirizzando flussi economici ai partiti politici ed alimentando economicamente solo i canali mediatici disposti a veicolare i bias culturali ad essa favorevoli. Tutto ciò in una versione edulcorata ed artefatta dei processi democratici.

Gli esempi di Bias Culturali introdotti dalle IdeoCulture egemoni nel corso della storia sono innumerevoli, ne cito solo alcuni nei quali sono incappato in momenti diversi.

  • Il pregiudizio antropocentrico, che pone l’uomo al centro della ‘creazione’ [13];
  • l’idea di progresso, ovvero che il destino dell’umanità sia necessariamente proiettato in direzione di un inarrestabile miglioramento delle condizioni di vita e del benessere [14];
  • l’interpretazione, tipica del medioevo, delle malattie mentali in termini di possessioni demoniache e stregoneria, al fine di spaventare ed asservire le popolazioni superstiziose;
  • il pregiudizio scientista e l’affermazione del primato della scienza, ovvero la tesi che, se un processo è scientificamente realizzabile, esso diventa ipso-facto desiderabile, dato che le eventuali ricadute e conseguenze negative saranno successivamente corrette da un ulteriore processo/progresso generato dalla scienza stessa;
  • l’idea di una ‘crescita infinita’ dell’economia su cui si basa la teoria economica corrente, incompatibile con la finitezza delle risorse planetarie;
  • il primato dell’automobile negli spazi urbani e l’idea di ‘fluidificazione’ del traffico;
  • la minimizzazione dei danni derivanti dall’assunzione di sostanze psicotrope operata per mezzo della comunicazione commerciale;

In buona sostanza, ovunque si individui uno scostamento tra quanto collettivamente percepito come veritiero e la realtà fattuale, vediamo in azione l’effetto distorsivo di una IdeoCultura, operata per mezzo della propalazione di un Bias Culturale e finalizzata al controllo del consesso sociale.

15 – Auto-rinforzo

Le manipolazioni emotive e cognitive prodotte da un’IdeoCultura si sviluppano tipicamente sia all’esterno che all’interno della stessa. I migliori comunicatori commerciali sono in genere consumatori compulsivi. I migliori comunicatori politici sono in genere convinti assertori degli ‘ideali’ del proprio partito. Le IdeoCulture traggono alimento sia fisico che culturale da parte dei propri affiliati.

Questo meccanismo innesca un processo di rafforzamento dei Bias Culturali veicolati dall’IdeoCultura, che si consolidano ed irrigidiscono col passare del tempo al punto che, dopo un periodo sufficientemente lungo, nemmeno più i vertici sono esenti dal condividerli. Un’idea che inizialmente nasce come una forzatura può, col passare del tempo, diventare sentire comune.

Esempi di questo processo possiamo leggerli, ad esempio, nel resoconto di Rutilio Namaziano intitolato ‘De Reditu’. Namaziano attraversa le terre dell’Impero Romano all’epoca della sua decadenza, e non riesce a farsi una ragione del fatto che tutto stia andando in malora. È evidente quanto le sue aspettative fossero, all’epoca, dominate dalla narrazione della ‘grandezza imperiale’, un bias culturale collettivo che si era progressivamente scollato dalla realtà fattuale.

Altro esempio clamoroso è il paradigma della ‘crescita infinita’ dell’economia: un’idea derivata dall’estrapolazione delle tendenze proprie di un arco temporale limitato, in conflitto con la realtà oggettiva, che tuttavia continua ad informare e plasmare i processi economici e le decisioni politiche.

Un Bias Culturale generato dall’IdeoCultura produttivo/mercantile a proprio esclusivo beneficio, che ha finito col condizionare pesantemente la visione collettiva, rendendoci incapaci di percepire ed arginare la deriva distruttiva innescata dalla sinergia tra sviluppo tecnologico e crescita della popolazione mondiale.

In estrema sintesi tutto si riconduce al celebre aforisma: “è molto difficile comprendere un concetto, quando il tuo interesse immediato dipende dal fatto che tu non lo comprenda”. Come già detto, le IdeoCulture, come proiezione del sentire e delle volontà di intere collettività, tendono ad interagire con la realtà fattuale con notevole impatto, ma in maniere molto più semplici e rudimentali di quanto consentito ai singoli individui, ovvero con maggior inerzia e stolidità.

16 – Ricadute negative

Questa continua (potremmo dire inevitabile) competizione tra IdeoCulture produce un ventaglio di effetti negativi sui singoli individui, sfruttati e sacrificabili ai fini del mantenimento di rendite e posizioni egemoniche. Negatività che si ripercuotono sull’intero tessuto sociale.

Una collettività è sana quando composta di individui stabili ed equilibrati sul piano cognitivo ed emozionale. Al contrario, l’interesse immediato di un qualsiasi aggregato culturale (IdeoCulture o loro singole sottoculture) è quello di avvantaggiarsi, approfittando dell’altrui fragilità cognitiva ed emotiva. Più risorse un’IdeoCultura riesce ad acquisire, maggiore la sua capacità di condizionare e manipolare l’operato dei singoli e della stessa collettività

Oltretutto la manipolazione è basata sui grandi numeri e calibrata sulle capacità emotivo/cognitive medie della popolazione. Il risultato finale è un danneggiamento psichico, con conseguenze anche sul piano fisico, del segmento di popolazione emotivamente, cognitivamente o culturalmente più fragile. Vediamo alcuni esempi.

La comunicazione dell’IdeoCultura produttivo/mercantile agisce tipicamente sulle leve del desiderio, inducendoci a compensare una varietà di forme di sofferenza psichica per mezzo del possesso di oggetti, ed a far dipendere la nostra stessa auto-rappresentazione dal valore degli oggetti posseduti e dal loro consumo compulsivo.

Questo processo genera due ordini di problemi. Da un lato opera un collegamento tra la percezione di sé ed il valore degli oggetti posseduti, causando crolli psicologici quando il livello di ricchezza raggiunto viene improvvisamente perduto. Dall’altro opera una connessione tra benessere psichico e quantità di cibi assunti, spesso di infima qualità nutrizionale, col risultato di minare la salute di intere popolazioni nei paesi ricchi.

Più in generale, come già evidenziato, il trasferimento verticale dei flussi di ricchezza è alimentato da situazioni di dipendenza negli appartenenti alle classi produttive, che inducono larghe fette della popolazione a scambiare una fetta consistente di quanto guadagnato con i prodotti di quali dipendono i rispettivi equilibri emotivi. Dipendenze che possono essere alimentate per mezzo dei vettori culturali, come già discusso in passato [2].

La comunicazione dell’IdeoCultura religiosa si declina diversamente in base al culto professato. Nell’islam dominano i richiami all’obbedienza, al disprezzo per gli infedeli ed alla ricompensa nell’aldilà, portando al caso limite dell’induzione al suicidio/omicidio come strumento di aggressione nei confronti delle altre IdeoCulture.

Nel mondo protestante la ricchezza materiale viene interpretata in termini di benevolenza da parte della divinità, col risultato di legittimare, a posteriori, qualunque modalità di acquisizione di tale ricchezza. In buona sostanza, chi si arricchisca ai danni della collettività e/o dell’ambiente, per il semplice fatto di aver conseguito un vantaggio economico ha titolo per ritenere di aver fatto “la volontà di Dio”, ed esserne stato compensato per aver ben operato.

La religione cattolica è più fondata su ideali di cooperazione, generosità e benessere collettivo, tuttavia discrimina tra le forme di desiderio in buone e cattive. Nello specifico, all’ambito delle pulsioni ‘cattive’ attengono quelle legate alla sfera sessuale, con l’imposizione del celibato sacerdotale, e l’esaltazione di modelli di comportamento virtuoso di natura ascetica, legati ad astinenza, solitudine e privazioni.

La competizione tra IdeoCulture emerge, nella sua forma più evidente, nel dibattito politico. L’IdeoCultura amministrativa, con l’avvento delle democrazie, si è evoluta in un ventaglio di partiti politici in aperta competizione gli uni con le altri per la gestione di posizioni di potere. Non potendo produrre ricchezza in proprio, ogni partito politico si è quindi fatto veicolo di una o più IdeoCulture, diventandone strumento di comunicazione e mediatore dei processi amministrativi.

La competizione nella sfera politica sollecita, sul piano emozionale, principalmente paura, rabbia e disgusto, creando distinzioni spesso arbitrarie tra individui e gruppi sociali ed instillando diffidenza e odio nei confronti di quelli che vengono descritti come antagonisti. Questa sollecitazione di leve emotive, esercitata per alimentare le convinzioni alla base dell’IdeoCultura, ottiene di sobillare reazioni violente ed antisociali negli individui maggiormente predisposti a tali comportamenti.

La continua, martellante, stimolazione emotiva derivante dalla competizione tra IdeoCulture induce lo sviluppo di specifiche forme di dipendenza culturale, che da un lato accrescono l’efficacia della comunicazione stessa, dall’altro danneggiano la stabilità mentale dei soggetti coinvolti, generando forme psicotiche.

La netta distinzione tra i bisogni dei singoli individui e quello delle IdeoCulture da essi abbracciate si evidenzia nel conflitto tra gli interessi dell’entità che agisce la comunicazione e quelli della collettività da tale comunicazione bersagliata. Collettività composte da individui con specifiche modalità di risposta emotiva, variamente capaci di resistere agli stimoli indotti dalla comunicazione culturale, considerando che una modalità comunicativa calibrata sulla media della popolazione potrà causare effetti catastrofici ai suoi elementi più sensibili.

L’interesse della comunicazione commerciale è trasformarci in una massa di consumatori acritici, disposti a sacrificare tempo, lavoro ed energie in cambio di oggetti di cui abbiamo, concretamente, poca o nessuna necessità, fino a renderci macchine biologiche asservite alla generazione di ricchezza, il cui trasferimento verticale fornirà all’IdeoCultura produttivo/mercantile le risorse necessarie ad attivare sempre nuovi strumenti comunicativi in grado di assoggettarci ulteriormente.

Un ennesimo esempio riguarda il mercato delle armi negli Stati Uniti. Essendo la libertà di portare armi fissata in una costituzione redatta oltre due secoli addietro, l’IdeoCultura produttivo/mercantile legata a tale comparto ha finito col prosperare e crescere di peso ed influenza (qualcosa di analogo, su scala molto inferiore, è accaduto in Italia limitatamente alle armi da caccia).

La facilità di disporre di armi da fuoco ha finito col produrre un’escalation criminale, con un aumento drammatico della popolazione carceraria. La risposta dell’IdeoCultura produttivo/mercantile egemone è stata di trasformare il sistema carcerario da strumento rieducativo finalizzato al reinserimento sociale in ennesimo ingranaggio del sistema produttivo, privatizzando la gestione carceraria e trasformando gli istituti di pena in fabbriche con manodopera a basso costo [15].

17 – Sovrappopolazione

Il tema della sovrappopolazione trova piena giustificazione in una prospettiva sociale dominata da IdeoCulture in competizione. Le IdeoCulture, che esistono in quanto strumenti per l’arricchimento di gruppi sociali, prosperano espandendo la base degli adepti, e non possono far altro che spingere perché quest’ultima si espanda indefinitamente.

Le IdeoCulture militari che diedero vita agli imperi dell’antichità avevano necessità di popolazioni numerose per dar vita ad eserciti più forti. Le IdeoCulture religiose di origine biblica incorporano uno specifico comandamento divino che impone il ’crescete e moltiplicatevi’. Le IdeoCulture produttivo/mercantili necessitano di forza lavoro (possibilmente a basso costo) per alimentare la produzione di ricchezza.

Anche in questo caso la forbice tra consapevolezza dei singoli individui e volontà delle IdeoCulture in cui gli stessi si identificano appare drammatica. Se a livello individuale siamo in grado di concepire l’idea di una progressiva de-popolazione del pianeta, nessuna IdeoCultura avrà interesse a metterla in atto, perché contraria ai propri interessi.

18 – Prospettive

Le prospettive future, analizzate in questa nuova chiave di lettura, non differiscono di molto da quelle ragionate in precedenza. L’IdeoCultura egemone, nel mondo contemporaneo, è quella produttivo/mercantile. Il suo successo discende dall’attuale capacità tecnologica di generare ricchezza a partire da riserve di energia fossile. Nel momento in cui questa capacità dovesse declinare in maniera significativa, l’egemonia produttivo/mercantile entrerebbe in crisi, ed altre IdeoCulture potrebbero mirare a soppiantarla.

Nella più ottimistica delle ipotesi, l’IdeoCultura produttivo/mercantile potrebbe trovarsi a gestire una fase di decrescita, guidando la società a stabilizzarsi su un livello di popolazione e consumi inferiore, compatibile con la sostenibilità ambientale, senza trascinarla in guerre fratricide. È una prospettiva desiderabile ma che, dati i meccanismi di funzionamento delle IdeoCulture, non credo potrà avverarsi.

Con molta probabilità il momento di crisi sarà sfruttato da un’IdeoCultura aggressiva, e la miglior candidata appare, dal mio punto di vista, quella militare, avvantaggiata da una popolazione momentaneamente abbondante e da una potenziale grande quantità di ricchezze interne da controllare, ed esterne da predare. Lo scenario sarebbe del tutto analogo a quello che precedette l’avvento dei fascismi nella prima metà del secolo scorso.

In alternativa, la situazione potrebbe rovinare nel caos e nell’anarchia ancor prima che un’IdeoCultura militare egemone sia in grado di emergere dalle ceneri della crisi produttiva, degenerando in un ‘tutti contro tutti’ e nel collasso della convivenza civile.

Va infatti tenuto presente che le IdeoCulture non sono entità né autoconsapevoli, né particolarmente brillanti. Tutti i picchi di intelligenza individuale vengono livellati dall’interazione collettiva, lasciando emergere solo gli appetiti di base più semplici e grossolani. Il modello comportamentale di una IdeoCultura è analogo a quello del topo con gli elettrodi nel cervello dell’esperimento di Olds e Milner [16], che continua incessantemente a premere il bottone dell’auto-gratificazione, fino a morire di fame.

O, per altri versi, allo scorpione della favola [17], che punge ed uccide la rana a metà del fiume, finendo col morire anch’egli, e alla domanda del perché abbia commesso un simile gesto riesce a rispondere soltanto: “sono fatto così”.

Ecco, anche le IdeoCulture ‘sono fatte così’, possono competere, possono adattarsi, ma la loro natura non le rende capaci di ragionare in maniera complessa, di agire in una prospettiva futura. Fanno quello che gli viene da fare nell’immediato, essendo agite da individui con un arco vitale limitato che ragionano, oltretutto, sulla base di Bias Culturali fallaci, dalle stesse IdeoCulture generati e diffusi.

Illustrazione da Wikipedia by Kurzon

[1] – Di ideologie, utopie ed altri costrutti
[2] – Economia, domesticazione e dipendenze
[3] – Dai bias cognitivi ai bias culturali: l’origine delle ideologie
[4] – Darwin, la selezione e la solidarietà
[5] – Domesticazione umana
[6] – Diritto Romano
[7] – Sati
[8] – Inquisizione
[9] – Pubblicità indiretta
[10] – Medioevo e decrescita
[11] – Capitalismo vs Democrazia
[12] – Bias Cognitivi
[13] – Bias culturali – il Pregiudizio Antropocentrico
[14] – L’idea di Ordine e la progressiva distruzione del Mondo
[15] – Sistema carcerario USA
[16] – Esperimento di Olds e Milner
[17] – Favola della rana e dello scorpione