Nell’ambito informatico esiste un detto: “it’s not a bug, it’s a feature” (traducibile all’incirca con: “non è un difetto, è una caratteristica”). È una battuta che si utilizza per irridere programmi mal progettati, come se, per chi ha scritto il software, non esistessero ‘difetti’ ma solo comportamenti voluti. “Non è sbagliato il programma, sei tu che non lo sai usare”, sembra affermare il programmatore incapace, quando è invece vero il contrario.
Questa battuta mi torna spesso in mente quando devo affrontare situazioni in cui le descrizioni non coincidono con l’esperienza reale. Uno di questi casi è senza dubbio riguarda gli eventi che siamo soliti definire come ‘incidenti stradali’. La definizione di ‘incidente’, così come formulata dall’Enciclopedia Treccani, recita:
“Incidente (s.m.): avvenimento inatteso che interrompe il corso regolare di un’azione; per lo più, avvenimento non lieto, disgrazia”
È realmente così? Andiamo a vedere i dati complessivi. Stante che i singoli ‘incidenti’ non sono evidentemente desiderati, quello che possiamo notare, se prendiamo in considerazione non segmenti di strada isolati ma l’intera rete viaria, è che i sinistri si producono con estrema regolarità.
Cosa ci racconta questo grafico? A parte il tratto iniziale, relativo ad un periodo di bassa motorizzazione del paese, a partire dagli anni ’60 il numero di sinistri stradali si mantiene pressoché costante tra un minimo di 150.000 e gli attuali 172.000 (dato non riportato dal grafico), con un’impennata intorno al 2001.
Il numero di feriti segue, proporzionalmente, il numero di incidenti. Questo non deve stupire, dal momento che un’autovettura trasporta anche passeggeri oltre al conducente. Il numero di morti complessivo è invece progressivamente sceso, fatto attribuibile all’adozione di sistemi di sicurezza passiva come cinture di sicurezza, air-bag ed un generale irrobustimento degli abitacoli.
Da queste statistiche possiamo legittimamente attenderci circa 170.000 ‘avvenimenti inattesi’ anche per il 2020, e se questo vi sembra un controsenso è perché lo è, almeno in questi termini. La verità è più sottile, e riguarda proprio il fatto che l’incidentalità stradale “non è un difetto, è una caratteristica”. Il numero di sinistri prodotti è tipico del nostro sistema di mobilità. Un sottoprodotto.
Un Sistema di Mobilità è composto da molti fattori: qualità ed estensione delle infrastrutture viarie, funzionalità delle reti di trasporto pubblico, numero, età ed efficienza dei veicoli circolanti, abitudini di guida (e di vita) degli automobilisti stessi.
Va da sé che ognuno di questi fattori è potenziale materia di intervento: le infrastrutture possono essere modificate per garantire maggior sicurezza, il trasporto collettivo può essere sviluppato e potenziato, il numero di veicoli circolanti può essere ridotto e le abitudini di guida pericolose corrette per mezzo dell’educazione e di strumenti repressivi.
Le statistiche, tuttavia, ci dicono che tutto questo non avviene, o perlomeno non avviene in maniera significativa. Le infrastrutture sono rimaste sostanzialmente identiche per decenni, il numero di veicoli circolanti è aumentato, mentre le abitudini di guida sono addirittura peggiorate.
Alla consueta distrazione, guida in stato di ebrezza ed alla famigerata ‘guida sportiva’, si sono andate ad aggiungere l’utilizzo massivo di smartphone, anche in modalità testuale, e si è ulteriormente diffusa l’abitudine di guidare sotto effetto di stupefacenti.
Le misure di contrasto, per contro, segnano il passo, azzoppate da un quadro normativo inefficace, contorto e non commisurato alla reale disponibilità di personale operativo dispiegato sul territorio.
La ‘macelleria stradale’ appare, da questa breve analisi, come un portato di scelte politiche e tecniche finalizzate ad altro che non la sicurezza e l’incolumità dei viaggiatori. ‘Altro’, rispetto al quale ho già ragionato, finendo col farmi idee ben precise.
‘Altro’, rispetto al quale l’uso diffuso del termine ‘incidente’ serve unicamente a confondere le acque, ottenendo di rafforzare una narrazione finalizzata a scaricare sui singoli individui, siano esse vittime o carnefici, le colpe di un intero sistema. O, se vogliamo, a nascondere le responsabilità delle entità che questo sistema di mobilità l’hanno fortemente voluto e realizzato.
Incidente significa qualcosa di non prevedibile e non reversibile, mentre il 99% degli scontri che avvengono in strada prevedono colpe individuali. Un esempio di incidente è uno pneumatico che esplode e fa perdere il controllo del veicolo, ma anche in questo caso, indagando, si potrebbe giungere alla conclusione che se il veicolo avesse ricevuto la dovuta manutenzione probabilmente la gomma non sarebbe esplosa. Forse sono stato ottimista con quel 99%…
Premesso ciò, il problema della guida stradale è che dare in mano a persone qualsiasi, a tutti, mezzi che pesano tonnellate e possono raggiungere velocità considerevoli, è pura follia e incoscienza. Analizzando la cosa da un punto di vista distaccato, non si può non sostenere che questa libertà sia assolutamente esagerata e che andrebbe sottoposta a limiti e controlli molto molto più severi.
Notare poi un’altra cosa. Quando si parla di pericolo, ci si riferisce sempre e solo al pericolo che si corre personalmente, mai a quello che si fa correre agli altri. Mai sentito un genitore dire al figlio appena patentato: mi raccomando, vai piano e abbi rispetto per gli altri. Al massimo: vai piano e non farti del male.
Pingback: Non chiamateli 'incidenti'. Sono eventi pianificati e attesi | Benzina Zero
Pingback: Gobba? Quale gobba? | Mammifero Bipede
L’auto rappresenta per gli italiani quello che la rivoltella rappresenta per gli americani. Simboleggia la libertà di combinare disastri nella più totale impunità alla faccia degli altri; divertendosi anche a dipingere questo complesso di azioni come una espressione di libertà.
Non faremo nulla per affrontare questo problema. Semplicemente, il tempo passerà e i comportamenti cambieranno per cause esterne.
Pingback: Saldamente incatenati agli anni ‘50 | Mammifero Bipede
Va notato che nel tratto iniziale del grafico i veicoli erano pochi e l’incidentalità per veicolo era altissima, segnalando l’intrinseca pericolosità dell’auto.
Il problema, secondo me (e ne sono prova tutti i post sul tema della ‘domesticazione umana’) è che ci siamo assuefatti a questa macelleria. Ce l’hanno fatta accettare, un po’ non parlandone quasi mai sui mezzi di informazione, un po’ raccontandocela come inevitabile e necessaria. Popolazioni meno assuefatte e ‘domesticate’, come gli olandesi, hanno fatto campagne efficaci (Stop de Kindermoord su tutte) e sono riusciti ad imporre una riduzione dell’invasività dei prodotti dell’industria dell’auto. In Italia questo non è successo, perché il controllo dei settori industriali sui vettori culturali (ed attraverso essi sul pensiero diffuso) è risultato molto più esteso e pervasivo.