Evoluzione del pessimismo

A dieci anni ero convinto che avrei vissuto in un futuro migliore, fatto di energia pulita, automobili volanti, robot e viaggi spaziali.

A vent’anni sognavo che mi attendesse un futuro fatto di energia pulita, giustizia sociale e tutela ambientale, e che valesse la pena impegnarsi perché arrivasse quanto prima possibile.

A trent’anni immaginavo che un futuro fatto di energia pulita, giustizia sociale e città a misura d’uomo fosse possibile, impegnandosi duramente, anche se non a breve.

A quarant’anni mi ero ormai rassegnato all’idea che un futuro fatto di energia pulita, giustizia sociale e città a misura d’uomo fosse al di là della mia portata, ma che valesse ancora la pena lavorare duramente per gettarne almeno le basi.

Ora ho cinquant’anni: le città sono sempre inquinate e nel frattempo si sono espanse a dismisura, il pianeta è sovrappopolato, l’atmosfera si sta surriscaldando, l’inquinamento devasta gli oceani, la deforestazione per produrre colture industriali continua a decimare le foreste tropicali ad un ritmo crescente, non c’è traccia di energia pulita, conflitti etnici ed ideologie radicali sono più forti che mai e gli ideali di giustizia sociale sono morti e sepolti.

Mi sono arreso all’idea che un futuro migliore sia destinato a non realizzarsi mai, e che tutto quello che possiamo fare sia lavorare duramente perché il presente non peggiori ancora più in fretta, anche se comincio a dubitare che realmente servirà a qualcosa.

3 pensieri su “Evoluzione del pessimismo

  1. Ho fatto più o meno il tuo stesso percorso ed ora penso che bisognerà attendere che accada l’inevitabile per ricominciare da zero e con un’altra mentalità . . . ammesso che qualcuno rimanga per poterlo fare.
    Un saluto

  2. Ciao. Secondo me si potrebbe elaborare il lutto in modo analogo a quello che usiamo nei riguardi della nostra mortalità. Quel che dà senso alla vita, forse è il modo in cui la attraversiamo e i motivi per cui facciamo quel che facciamo. Sappiamo quale è il punto di arrivo personale ultimo, ma non di meno, facendo quel che facciamo, possiamo dare un segno, un esempio, uno stimolo ai compagni di strada. Che continueranno a camminare accanto e dopo e, spero, più in là di dove siamo arrivati noi.

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