(quello che segue è il racconto, condensato, dell’uscita in bici da Tagliacozzo a Terni, 110km dall’Abruzzo all’Umbria, proposta sul forum Cicloappuntamenti)
Antefatto
L’unica volta che sono riuscito a completare questo percorso nel tempo previsto e con l’intero gruppo presente alla partenza è stato nel lontano 2006, quando i partecipanti erano soltanto in tre. Già alla prima riproposizione sul forum Cicloappuntamenti, con partenza spostata a Celano (ben 150km!) apparve netta l’impossibilità di percorrere tanta strada con tanti partecipanti senza problemi: un ginocchio partito per lo sforzo, un Artiglio (Pierluigi) abbandonato lungo la strada, il gruppo che via via perdeva tempo e partecipanti fino a passare in modalità “si salvi chi può” nel tratto finale. Sarà così che intitolerò, d’ora in poi, questo tipo di uscite che attraversano tre regioni.
Quando tutto sembra ancora dover andar bene
Alla stazione di Tagliacozzo si contano diciotto partecipanti. Mentre esco il capostazione mi domanda: “dove andate?” Rispondo con un sorriso: “a Terni”. Occhi che strabuzzano e seconda domanda: “da qui???” e io gli spiego il percorso di massima. Salendo verso Pietrasecca penso che la giornata non potrebbe essere migliore: sole, cielo sereno, ed il gruppo che va su allegro sulla prima salita. Perfino una foratura viene riparata senza produrre rallentamenti apprezzabili. La strada, già bella nel primo tratto, diventa splendida nella risalita da Tufo al valico di Santa Lucia, dove attraversa un’area boschiva quasi incontaminata. Manu, sulla sua BdC salvata dal cassonetto, collauda una versione upgradata del cambio che ora ha un 42×28 come marcia più corta (la scorsa settimana il precedente 42×24 aveva mostrato la corda) e sale senza fiatone ad un buon passo.
Il tradimento di Google
Quando sta andando tutto troppo bene accadono due “disastri”: la traccia generata da Google si rivela farlocca e lo zaino di Frantz viene abbandonato a Leofreni. La traccia che ho rilasciato sul sito è stata generata dal sito MapMyRide con una serie di click sulle mappe di Google. Siccome le strade della zona sono poche, è sufficiente selezionare pochissimi punti. Ma Google stavolta si sbaglia, e a Colli di Pace, invece della strada asfaltata per Pace, traccia un passaggio in direzione Ospanesco senza che io me ne accorga. A Colli di Pace passo via tranquillo. La strada risale. Mi telefona Emanuela chiedendo delucidazioni. Le dico di tenersi a destra. Mi spiega che altri (solo Pino e Johnnina, ma questo non me lo dice…) sono scesi a sinistra, dal che capisco che la traccia passa invece da quel lato. A lei confermo di proseguire a destra. Quando mi raggiunge mi spiega che Carmine è rimasto al bivio ad aspettare che Franz recuperasse lo zaino a Leofreni. A questo punto commetto l’errore drammatico di dar retta a Google, penso che la strada tracciata sull’altro lato sia più veloce, telefono a Carmine e gli dico di seguire la traccia imboccando il bivio verso sinistra…
Uno sguardo dal ponte
Raggiungiamo il lago sul ponte per Fiumata, salutiamo Folletto e Umby che partono in direzione fettuccine (che poi si riveleranno “fregnacce”) e recuperiamo il punto di congiunzione dei due percorsi. E aspettiamo. E aspettiamo. Dopo una mezz’ora arrivano Pino e Johnnina stravolti, ci spiegano che la strada, arrivata al paese, diventa uno sterrato non pedalabile, con fango e fossi, e che se la sono dovuta fare praticamente bici in spalla!!! Mandiamo avanti i superstiti a cercare un posto per il pranzo e con Pino ci mettiamo ad aspettare il gruppo di Carmine. E aspettiamo. Dopo un’altra mezz’ora arriva fantabici (Angelo) che ha potuto percorrere parte del percorso in sella alla sua mtb slikkata. In quel momento realizzo che il pranzo di Manu ce l’ho io nel borsino, e per non lasciarla a digiuno, prima che arrivino gli ultimi, mi scapicollo per i restanti 12km di strada bordo lago fino al punto scelto per il pranzo.
La maledizione di Alex Drastico
Pranzato in fretta e furia (e crostata), recuperati tutti i partecipanti compresi Folletto e Umby, imbocchiamo la discesa per Rieti dove realizzo che le malefatte (involontarie) mi hanno guadagnato una maledizione coi controfiocchi. Mentre sono lanciato in discesa, piegato in curva, sento la ruota posteriore che letteralmente se ne va… Riprendo la traiettoria per i capelli, mi fermo parecchio più avanti dopo aver sbalzellato sull’asfalto rovinato, tiro giù gli attrezzi e comincio a riparare la foratura. Estraggo la camera d’aria, la gonfio, individuo due buchi: scartavetro, colla, toppe, riparati. Controllo il copertone e ci trovo una scheggia di vetro verde conficcata, la estraggo, rimonto la camera d’aria, gonfio e perde ancora… La riapro, estraggo la camera d’aria, sento che perde in prossimità di una toppa e penso di averla incollata male: la tolgo, riscartavetro e applico una seconda tip-top. Rimonto e perde ancora… La riapro, estraggo la camera d’aria, sento che perde in prossimità della toppa appena aggiunta e stavolta scopro un secondo foro: non era una foratura ma una “pizzicatura”. Applico una tip top “oversize” su entrambi i fori, rimonto, e mentre rigonfio accosto l’orecchio alla pompa e sento che perde ancora. Tiro giù la camera d’aria per la quarta volta, la gonfio all’aria e stavolta non perde! Guardo meglio e noto che il blocco della valvola è leggermente piegato, lo tocco col dito per raddrizzarlo e comincia a perdere. Questa è una buona notizia: la valvola perdeva solo con la pompa montata sopra: rigonfio, chiudo, rimonto la ruota, gonfio e stavolta la riparazione terrà fino a fine giro.
Soli e abbandonati
Mentre scendo a scapicollo verso Rieti mi telefona Emanuela. Sono rimaste ad aspettarmi lei, Patrizia ed un terzo ciclista, il gruppo ha invece proseguito. Ripartiamo in quattro sotto una lieve pioggerellina per rimanere poco dopo in tre, e senza problemi raggiungiamo Rieti. Qui, dopo l’attraversamento della città, è Patrizia a dare forfait optando per il ritorno in treno da Rieti (poi convertito in ritorno in pullman). Con Emanuela proseguiamo ostinatamente verso Terni. Mentre ci inoltriamo per una scarsamente trafficata piana reatina, in attesa della “variante” che ho pazientemente tracciato e scaricato sul GPS, a salutarci sono le batterie del GPS stesso, ad un chilometro o poco più dal fatidico bivio da esplorare (che riesco ugualmente a riconoscere ed imboccare).
Potrebbe andare peggio, potrebbe piovere
Appena imboccato l’idilliaco stradello comincia a piovere. Giustamente le meravigliose mantelle antipioggia Vaude sono rimaste a casa. Aspettiamo qualche minuto quindi ci risolviamo a partire approfittando di un lieve diradare dell’acquazzone. La strada è davvero molto bella, anche se con la pioggia mi rammenta i viaggi in Irlanda, Galles, e la Galizia nel tratto finale del Camino de Santiago. La “pettata” al 14% per raggiungere Colli sul Velino, anziché un’esagerazione delle mappe, si rivela esattamente come prevista e la saliamo a piedi. Ultima nota dolente, la strada che costeggia il lago di Ventina è stata resa, per qualche ennesima meravigliosa idiozia della burocrazia italica, a senso unico. Sono troppo stanco ed incazzato per accettare l’ennesimo sopruso, e pur col parere contrario di Manu la imbocchiamo contromano. Superato il lago imbocchiamo una valletta un tempo idilliaca, ora deturpata da un orripilante riporto di materiale pietroso per chissà quale ennesima opera pubblica di estremamente dubbia utilità (haddavenì peakoil!!!). Impossibilitati ad effettuare l’ennesima mini deviazione causa GPS defunto scendiamo per la classica via fino a Terni, dove arriviamo in stazione alle 18.00 (perdendo il treno delle 17.27).
Epilogo
Aspettando il treno delle 19.26 ci concediamo una passeggiata per Terni (del tutto risparmiabile…) ed un buon gelato. Arrivati a casa (alle 21.00) dobbiamo rinunciare anche al sospirato take-away cinese, dato che il ristorante è in ristrutturazione.
Intorno alle 22.00 ceniamo con un kebab…
Ringraziamenti
Ringrazio tutti i pazzi furiosi che ogni anno si ostinano a seguirmi, consapevoli dell’impossibilità di completare il giro “in serenità”. Ogni anno ci proviamo ed ogni anno finiamo vittime di pastrocchi imprevisti. Ma in fondo è il bello dell’avventura.