Buon compleanno Critical Mass

In questi giorni si festeggia il ventennale della nascita di Critical Mass a San Francisco. Per l’occasione Chris Carlsson ha compilato in volume una serie di saggi su come la “Massa Critica” è stata interpretata in diverse forme e modalità in varie città del mondo. Avendo avuto notizia di ciò da Paolo Bellino (aka Rotafixa), ho pensato di sottoporre a Carlsson un mio breve saggio sull’esperienza che ha dato vita al Forum Cicloappuntamenti, che molto deve alle idee nate insieme a Critical Mass.

Shift Happens

Il volume è già stato pubblicato negli USA, e mi dicono sarà tradotto anche in Italia. Per unirmi ai festeggiamenti di oltreoceano pubblico qui il mio estratto.


La “Formula Critical Mass” applicata al cicloescursionismo

di Marco Pierfranceschi

Ovvero, del perché mi sono ritrovato ad inventare un modo diverso di condividere con gli amici le uscite extraurbane in bicicletta, e di come questa realtà abbia nel tempo preso piede trasformandosi in un laboratorio esperienziale molto vivace e frequentato: il forum CicloAppuntamenti.

A brief (personal) history

Ho riscoperto la bicicletta, ventenne, sul finire degli anni ’80, entrando da subito a far parte di un’associazione ciclo-ambientalista che si riproponeva di diffondere la conoscenza e l’utilizzo della bicicletta. L’attività, svolta in chiave di puro volontariato, consisteva in gran parte nell’organizzazione di escursioni in bicicletta per i soci iscritti, nelle modalità che verranno descritte più avanti.

Nel tempo l’associazione si andò strutturando ed entrò a far parte della Federazione Italiana Amici della Bicicletta (FIAB), da cui mutuò intenti e modalità di azione. Io stesso mi ritrovai prima ad assumere la presidenza dell’associazione e, poco dopo, un ruolo attivo nel direttivo nazionale della FIAB.

Più o meno in quegli anni nacque a Roma il primo nucleo della Critical Mass (CM), con forme, modi ed intenti drasticamente dissimili da quelli in cui mi ero sempre riconosciuto. Poco dopo, su richiesta della FIAB, aprii un canale di dialogo con la Massa Critica, finendo col comprenderne le logiche e condividerne in larga misura l’approccio.

Parallelamente all’entrare più a fondo nel modo di pensare della Massa Critica, si sviluppò da parte mia un progressivo allontanamento dalla FIAB, le cui modalità, dinamiche e strategie cominciavano ad apparirmi lente, farraginose ed inefficaci. Questo processo mi portò a dapprima rassegnare le dimissioni dalla presidenza dell’associazione e, pochi mesi dopo, al totale abbandono della FIAB.

Grazie ad internet e ad un blog ormai scomparso, RomaPedala, mantenni un canale di confronto e dialogo con parte dei ciclisti romani, finché il crescente numero di amici insoddisfatti dalle proprie associazioni mi spinse a dar vita ad un progetto radicalmente nuovo.

Ripensare un meccanismo collaudato

A questo punto è necessario chiarire quale “sistema” stavo mettendo in discussione, per aver chiaro in che maniera sia stato possibile rifondarlo.

Fin dall’inizio dell’attività associativa eravamo convinti che solo una pianificazione capillare potesse produrre nei partecipanti ai giri in bici un’esperienza soddisfacente. Ma la pianificazione capillare richiede la presenza di un ente organizzatore (l’associazione) sul quale, per legge, ricade la responsabilità di ciò che può capitare ai partecipanti, e per causa loro a terzi, nel corso delle uscite, responsabilità che può essere ricondotta in primis alla Guida del gruppo, ed in ultima istanza al presidente dell’associazione.

Questo meccanismo viene definito “presunzione di competenza”, nella pratica chi guida il gruppo è tenuto a prendersi cura dei partecipanti, e chi presiede l’associazione è tenuto a verificare che la Guida sia in condizioni di agire in tal senso. Le persone che desiderino farsi carico della conduzione di gruppi devono perciò essere formate attraverso un apposito corso.

L’effettuazione di un’uscita richiede inoltre tutta una serie di passaggi precedenti e successivi, come la prova del percorso, la realizzazione di una scheda informativa, contatti telefonici con gli interessati, la registrazione dei partecipanti al giro, il tesseramento dei nuovi iscritti ed altro ancora, tutte attività che gravano sulla Guida che propone l’uscita.

Poiché l’associazione si impegna a non lasciare indietro nessuno dei partecipanti al giro, oltre alla Guida del percorso è necessaria la presenza di una seconda Guida che stia in coda al gruppo per verificare che nessuno si perda, e che sia in grado di fronteggiare piccole emergenze meccaniche alle bici dei partecipanti e riparare forature.

Non da ultimo, le uscite vengo in genere calendarizzate con molti mesi di anticipo, con la conseguenza che la Guida si trova a dover effettuare l’escursione a distanza di mesi dal momento in cui l’ha proposta (e desiderata), un arco di tempo tale da influire spesso negativamente sulla motivazione e l’entusiasmo con cui il proponente la affronta. Perdita di slancio ed entusiasmo che viene chiaramente percepita dai partecipanti al giro.

Col passare degli anni e la crescita numerica dei gruppi, tutto questo ha rappresentato un carico di lavoro crescente sulle spalle delle Guide, faticoso da gestire in un’ottica di puro volontariato ed in grado di porre un tetto al numero di iniziative delle quali ogni singola Guida fosse disponibile a farsi carico.

In buona sostanza l’associazione di cui facevo parte era giunta ad un’impasse: impossibilitata a crescere come partecipanti e numero di iniziative per via dell’eccessivo carico di lavoro sulle Guide (volontarie), ed impossibilitata a ridurre tale carico di lavoro a causa delle responsabilità definite dalla legge. In pratica un vicolo cieco.

A different way of thinking

Dato che il contesto legislativo italiano sancisce precise responsabilità nel caso di iniziative proposte da un’organizzazione riconosciuta, l’unico modo di evitare tali responsabilità consiste nell’eliminare ogni forma di organizzazione. Il rapporto di partecipazione torna in tal caso ad instaurarsi tra singoli individui e non può più essere basato su una “presunzione di competenza”.

Una volta individuata la realtà da valorizzare, ovvero l’incontrarsi per pedalare insieme, i regolamenti formalizzati mi sono apparsi come delle sovrastrutture accessorie capaci solo di limitare le libertà dei partecipanti ed ostacolarne il relazionamento interpersonale.

Il problema si riduceva quindi ad immaginare un sistema che mettesse in grado singoli individui di proporre ed aderire ad escursioni in bicicletta, e nel lasciare che nel corso dell’uscita ognuno dei partecipanti si assumesse attivamente la propria parte di responsabilità, scommettendo sul fatto che l’intelligenza e l’esperienza dei singoli individui potesse funzionare meglio di regole scritte definite a priori.

L’idea di mettere in moto un simile schema relazionale discende in maniera diretta dalla mia esperienza con la Critical Mass, dove il gruppo vive dell’adesione spontanea dei singoli e “chi è davanti sceglie dove andare”. In sostanza si trattava di trasformare i gruppi organizzati in piccole Critical Mass escursioniste.

Quest’idea è stata tecnicamente realizzata per mezzo di un “forum” on-line, ovvero un ambiente software dotato di diverse “stanze” (o sezioni) al cui interno si svolgono delle “conversazioni” alle quali chiunque può partecipare.

I forum sono molto diffusi in rete, rappresentando aree di discussione tematiche su argomenti specifici. In questo caso, però, lo strumento forum è stato reso totalmente strumentale alle attività da realizzare, risultando una pura appendice organizzativa rispetto al reale oggetto di interesse: le uscite in bicicletta. L’utilizzo che se ne è fatto risulta perciò estremamente atipico.

Il vantaggio principale del forum, rispetto ai blog e ad altri strumenti in rete, è che consente la massima “orizzontalità” offrendo a chiunque, non solo agli amministratori, la possibilità di inserire proposte di escursioni. Tali proposte, non sussistendo organizzazione alcuna, appaiono nella forma: “io andrò a fare un giro in bici, su questo percorso, con queste caratteristiche, il giorno ‘X’… chi vuole può aggregarsi e pedalare con me”.

Gli interessati all’uscita interagiscono attraverso il forum stesso, dichiarando la propria intenzione a partecipare, chiedendo ulteriori informazioni, integrando o modificando l’offerta iniziale. In questa maniera si risolve il problema della responsabilità sia del proponente, che afferma chiaramente di non essere una guida ma solo un ciclista che va a farsi un giro in compagnia, sia dei gestori del forum, che non sono tenuti a garantire esperienza e competenze di alcun tipo.

L’escursione in bici, da evento organizzato, diventa un semplice incontro di ciclisti che, se ne hanno voglia, possono percorrere insieme un itinerario. Non sono necessarie prenotazioni o iscrizioni: chi si presenta all’appuntamento in bici può partecipare al giro. In molti casi si presentano ciclisti nemmeno registrati al forum, ma che hanno semplicemente letto dell’appuntamento.

Ad escursione avvenuta, i partecipanti ne commentano sul forum la riuscita direttamente nella discussione in cui l’iniziativa è stata proposta, aggiungendo racconti e foto della giornata. L’amministrazione ordinaria si limita allo spostare le discussioni dalle sezioni in cui sono state proposte alla sezione “iniziative già svolte e resoconti”, dove restano a disposizione di chiunque voglia rileggerle, riguardarsi le foto o farsi venire delle idee su giri da effettuare.

Il forum consente oltretutto un’estrema immediatezza tra la proposizione e la realizzazione delle uscite, che consente di conservare intatto il desiderio e l’entusiasmo di chi propone il giro. Si va dove e quando se ne ha voglia, senza lasciar passare mesi ed approfittando al volo delle occasioni estemporanee.

Da ultimo, ma non meno importante, il bassissimo livello di conflittualità nel forum conseguente al fatto che i frequentatori si incontrino molto spesso di persona, e non semplicemente attraverso il monitor di un computer.

Reazioni al cambiamento di paradigma

Il Forum è nato a fine 2007 da un piccolo gruppo di persone scontente, per vari motivi, delle rispettive associazioni di riferimento, e si è via via popolato fino ad arrivare a più di 1200 utenti registrati (febbraio 2012). Ha una base locale, essendo centrato su Roma, con iniziative che coprono l’intera regione, sconfinando in quelle limitrofe.

Il numero di proposte è andato lentamente ma progressivamente aumentando segnando picchi di 15/16 iniziative in un singolo weekend nel 2011. Nell’arco dei quattro anni di esistenza del forum il numero di iniziative proposte ha superato il numero di 1.800.

Questo ci ha spinti a differenziare le sezioni in cui inserire le proposte, dividendole per difficoltà (facili e impegnative), per particolari tipologie del percorso e del mezzo richiesto (bici da corsa, freeride), per durate superiori al giorno (weekend e cicloviaggi) con una sezione a sé per le ricognizioni su itinerari mai percorsi (esplorazioni). Altre sezioni tematiche sono state attivate per discussioni inerenti l’uso della bicicletta, ma sono relativamente poco utilizzate.

L’assenza di qualunque vincolo al tipo di proposte ha favorito la ricchezza dell’offerta, dalle passeggiate cittadine alle “grandi avventure” in montagna, dai “Ciclopicnic” settimanali ai viaggi all’estero anche in paesi “non facili” (Nordafrica, Montenegro…). Anche il numero di presenze alle singole escursioni è andato via via aumentando, attestandosi su una media tra i quindici ed i trenta partecipanti ad uscita.

Per molti, almeno in partenza, non è stato semplice abituarsi alla nuova modalità. Diversi degli amici che mi hanno accompagnato nel dar vita a quest’esperienza provenivano da realtà strutturate, abituati come me ad avere dei punti fermi, ed hanno sofferto almeno all’inizio la “mancanza di certezze”.

Per questo non sono mancate, almeno nei primi tempi, proposte di reintrodurre regolamenti e formalizzazioni, non essendo ben chiaro il valore aggiunto della dis-organizzazione. A queste richieste mi sono sempre fermamente opposto, argomentando che il meccanismo che si intendeva “migliorare” funzionava già perfettamente del suo.

Col tempo si è finito con l’accettare l’evidenza del fatto che uscite totalmente non-organizzate potessero funzionare addirittura meglio di quelle pianificate nei dettagli. Il condizionamento culturale ad appartenere ad una struttura regolata e strutturata è fortissimo, dal momento che ci viene inculcato fin dalla più tenera età, ma è sempre possibile scrollarselo di dosso e riprendersi maggiori gradi di libertà.

Effetti collaterali

Esperienze relativamente “a rischio”, caratterizzate da gruppi informali, niente regole, nessuna struttura definita a cui fare riferimento, finiscono col risultare più attraenti per personalità autonome ed indipendenti. Questo ha prodotto gruppi più “orizzontali”, nei quali la precedente suddivisione tra Guide e partecipanti sparisce del tutto.

Per i proponenti le uscite ciò ha comportato il pressoché totale sgravio del lavoro di gestione del gruppo, consentendogli di godere del percorso al pari di chiunque altro. Come risultato, mentre nel “paradigma associativo” ogni Guida proponeva da un minimo di una ad un massimo di tre uscite l’anno, nel forum CicloAppuntamenti i ciclisti più appassionati sono arrivati a proporre iniziative con cadenza settimanale.

Nel forum ognuno propone liberamente quello che gli va di fare. Eliminata la necessità di concordare in anticipo cosa fare, e come, si è definitivamente dissolta la conflittualità sulle scelte e gli indirizzi che caratterizzava le precedenti collaborazioni di natura associativa. Gli amministratori del forum, attualmente una dozzina, si distribuiscono i piccoli lavori di manutenzione sulla base del “chi prima se ne accorge, sistema quel che c’è da sistemare”.

In tempi ancora più recenti, col diffondersi delle tecnologie GPS e della possibilità di seguire percorsi affidandosi a dispositivi portatili, la partecipazione alle uscite si è ulteriormente articolata. Condividendo in anticipo le tracce dei percorsi, ogni partecipante dotato di GPS o smartphone può svolgere di fatto un ruolo analogo a quello del proponente il giro, agendo da riferimento per sottogruppi di ciclisti di pari livello atletico, o proponendo varianti al percorso, o gestendo parti del gruppo in caso di problemi tecnici.

Quest’ultimo punto offre un’altra interessante considerazione sull’assistenza meccanica che nelle nostre uscite, a differenza di quanto avviene nelle associazioni, non è garantita. Nonostante questa mancanza di certezza chi dispone di esperienza e competenza meccanica, a fronte di un problema, si attiva per risolverlo… ma uscendo una volta per tutte dalla dinamica fornitore/fruitore.

Molti dei partecipanti ad uscite organizzate si aspettano “come da contratto” che qualcuno si attivi per risolvere i loro problemi, perché così sta scritto nel regolamento e perché hanno pagato la quota di iscrizione. L’attività dei volontari non viene perciò sufficientemente gratificata dalla riconoscenza da parte di chi è oggetto della riparazione. Eliminando ogni livellamento gerarchico si restituisce alle relazioni interpersonali il giusto valore, ed alla generosa opera di assistenza prestata in chiave volontaria il giusto merito.

Reazioni del mondo delle associazioni

A quanto si è potuto osservare, la nascita del forum CicloAppuntamenti non ha modificato significativamente le attività e l’organizzazione delle associazioni preesistenti, nonostante il continuo scambio di partecipanti tra le diverse realtà. Quello che appare ad una prima grossolana analisi è che la “libertà obbligata” imposta nel forum CicloAppuntamenti non sia apprezzata dai molti che proiettano in un gruppo il bisogno di organizzazione e di senso di appartenenza.

Molte persone hanno necessità di sentirsi protette per affrontare un’attività “rischiosa” come il viaggiare in bicicletta, hanno necessità di un’autorità di riferimento competente che gli dica cosa devono fare e di qualcuno che possa ovviare a problemi meccanici che non padroneggiano.

Parimenti ci sono persone che hanno necessità di un’entità di riferimento di cui far parte, in cui identificarsi, al punto da desiderare di indossare la divisa sociale come un’uniforme. Individui con questo tipo di esigenze trovano più naturale e soddisfacente continuare a far parte di strutture organizzate, piuttosto che di gruppi informali.

Per contro, in qualche caso il successo di CicloAppuntamenti ha portato alcune associazioni a rivedere certe rigidità, come il calendario definito annualmente, accogliendo la possibilità di proporre iniziative estemporanee.

Conclusioni

Il forum è in costante crescita da ormai quattro anni e non pare raggiunto un punto di equilibrio, man mano che i vecchi partecipanti e proponenti riducono l’attività, di nuovi ne emergono a prenderne il posto.

Allo stato attuale CicloAppuntamenti è una sorta di laboratorio permanente nel quale continuiamo ad esplorare nuovi ed ulteriori gradi di libertà. Ogni giro in bici è un grande “caos creativo” senza regole, in cui ad ognuno è richiesto di partecipare attivamente all’esperienza collettiva. Una sorta di progetto Open Source in perenne elaborazione.

Lo spirito di collaborazione è tale che anche questo testo è stato sottoposto al vaglio dei veterani del forum, che nel giro di poche ore hanno segnalato correzioni ed integrazioni, consentendomi di redigerne una versione più completa ed efficace.

È un grande lavoro di squadra, dove nessuno è “più uguale degli altri”.

La calata dei troll

Nella notte tra giovedì e venerdì il gruppo Facebook “salviamo i ciclisti” è stato attaccato ed espugnato da una banda di troll. Gli aggressori hanno acquisito i permessi di amministrazione (in modo non ancora certo, ma si sospetta grazie ad una falla di sicurezza nella piattaforma Facebook ed all’uso fraudolento di codice javascript), estromettendo i precedenti amministratori e nominandone di nuovi. Gli aggressori hanno profili fittizi e non riconducibili a persone reali.

Fatto questo, e coperti dalla maschera dell’anonimato, i troll hanno iniziato ad inondare il gruppo di insulti, incitamenti all’odio verso i ciclisti, minacce di morte e spazzatura variamente assortita, in un’ondata di “vandalismo culturale” difficile da descrivere e spiegare. Nonostante le ripetute segnalazioni agli amministratori del social network, una denuncia alla polizia postale ed il fatto che la notizia sia stata ripresa dalle agenzie di stampa, a quattro giorni di distanza la situazione non è ancora stata ripristinata.

Diverse le riflessioni che questa vicenda suscita. In primo luogo lascia sbigottiti la violenza con cui si è cercato, ad oggi con successo, di tappare la bocca ad un movimento che ha tra le proprie finalità una pura e semplice battaglia di civiltà, e che mira unicamente ad ottenere interventi per la messa in sicurezza e la salvaguardia degli utenti “leggeri” della strada, la riduzione del numero di incidenti, di morti e feriti, e se possibile un miglioramento della qualità della vita per tutti. Interventi che in paesi più civili del nostro sono in essere da diversi anni, e che solo l’inerzia della nostra classe politica e la sudditanza pluridecennale del popolo italiano ad un modello di mobilità individuale ormai giunto al capolinea ne impediscono l’applicazione anche nel nostro paese.

Subito a seguire sconcerta l’inadeguatezza dello staff responsabile del social network più famoso del mondo a far fronte ad un’aggressione tanto grottesca e plateale. Che una banda di ragazzini sciocchi ed annoiati, come appaiono dal tenore dei messaggi postati, possano mettere in scacco per giorni interi un gruppo con quasi ventimila iscritti nella pressoché totale indifferenza degli amministratori della piattaforma è cosa che lascia di sale obbliga a riconsiderare la leggerezza, probabilmente eccessiva, con la quale scegliamo i nostri strumenti di comunicazione collettiva.

Per il momento possiamo solo attendere le evoluzioni della vicenda, con molta maggior sfiducia nell’intelligenza del prossimo e nel cammino di crescita culturale che questo paese proclama di perseguire.

Update: un articolo di Paolo Pinzuti sul Fatto Quotidiano

L’uomo della sabbia

Passati gli anni dei laboratori teatrali al Piccolo Re di Roma, quello che mi è rimasto è un gusto difficile da soddisfare. Il teatro, devo dire purtroppo, è ormai una forma di intrattenimento “di nicchia”: pochi gli spazi, pochi i frequentatori abituali, poche le occasioni di lavoro per attori e registi, col risultato di un inevitabile scadimento qualitativo della media dei prodotti. In questo scenario complessivamente poco entusiasmante il regista Luca De Bei rappresenta a mio modesto parere una brillante eccezione.

Pur proponendo lavori molto diversi tra loro, dal biografico “Un cuore semplice” al pasoliniano “Le mattine dieci alle quattro”, la sua capacità di trascinare lo spettatore in un mondo diverso e totalmente altro resta immutata. Stavolta sceglie di misurarsi col racconto gotico ottocentesco, terreno sicuramente non facile.

Il racconto di Hoffman, dal quale De Bei ha tratto un adattamento teatrale, rappresenta un compendio delle paure e delle ansie di due secoli fa, il che lo rende molto difficile da trasferire alla sensibilità contemporanea. Non viviamo più in case isolate, buie e fredde, illuminate da candele, e le cose che ci spaventano sono molto diverse.

La storia ha una forte connotazione legata al genere narrativo cui il racconto appartiene, anche se forse ai giorni nostri la continua rivoluzione dei riferimenti sociali e culturali ne renderà la decifrazione impossibile ai più. Il racconto gotico si colloca infatti sullo spartiacque tra l’immaginario puramente fantastico ereditato dalle epoche precedenti e l’incalzare delle rivoluzioni scientifiche che caratterizzano il periodo storico in cui vede la luce, che culmineranno nell’esaltazione della scienza con Jules Verne per divenire narrativa “di genere” col nome di “fantascienza” nei primi decenni del ventesimo secolo.

Nonostante le difficoltà dovute al salto epocale, grazie ad un allestimento estremamente minimale e puntando tutto sulla bravura di quattro giovani attori la magia si compie ancora una volta, e lo spettatore viene trascinato indietro nel tempo, mentre con la fantasia le ombre che circondano il palcoscenico assumono di volta in volta l’aspetto di case antiche, chiese, manicomi.

“L’uomo della sabbia” è un lavoro in primis sulla follia strisciante, che pian piano si impossessa del protagonista in un processo lento ma inarrestabile, ma anche sulla perdita di controllo, e di sé, sull’ossessione, sul delirio, e sopra tutto sul fallimento dell’amore come forza taumaturgica e salvifica. Nei quattro protagonisti si incarnano gli istinti primordiali dell’essere umano: il terrore, l’affetto, la determinazione, la crudeltà, il cinismo, suscitati dall’emergere dei mostri dell’inconscio.

Stupisce ancora una volta con quanta facilità ed efficacia De Bei riesca a maneggiare gli archetipi culturali per gettare una raggio di luce sull’eterna tragedia umana. Passando, oltretutto, per la strada più difficile.

P.s.: un ringraziamento particolare (ed un abbraccio) a Giselle Martino, amica e compagna di pedalate e battaglie di civiltà nel movimento #salvaiciclisti, che nell’allestimento interpreta il personaggio di Clara.

Croazia e Bosnia, estate 2012

Sugli aspetti strettamente astronomici del viaggio in Croazia ho scritto più che abbondantemente nei due post precedenti, in questo lascio spazio alle immagini.

Partiti da Ancona, prima di approdare a Lastovo abbiamo visitato per un giorno Split (Spalato), passeggiando tra i resti del Palazzo di Diocleziano (oggi dichiarato “patrimonio dell’Umanità” dall’UNESCO), nei vicoli della città vecchia.

Quindi, dopo una settimana sull’isola, ci siamo recati a Međugorje, in Bosnia, dove sacro e profano si mescolano nell’usuale inestricabile viluppo, per approdare infine a Sarajevo, città sospesa tra mondi, culture e religioni diverse.

Lo slideshow in piccolo formato è incorporato a seguire, mentre per vedere le foto  ingrandite potete cliccare qui.

Esercizi di Neolingua: Pedone

Ci sono parole che sentiamo pronunciare fin da bambini e ci paiono consuete, entrando a far parte della “normalità del mondo”. Una di queste è “pedone”, che nella società moderna individua chi si sposta a piedi. La cosa interessante è che l’homo sapiens ha imparato a camminare da non meno di 200.000 anni, mentre il concetto di “pedone” deve necessariamente essere stato un’acquisizione molto più recente.

La postura bipede, ovvero il camminare, è una cosa talmente intrinseca alla nostra specie da non necessitare in sé di alcuna specificazione. Tutti camminano, come tutti respirano, come tutti mangiano. A nessuno verrebbe in mente di definire una categoria come “mangiante”, perché l’alternativa non avrebbe senso. Eppure ad un certo punto della nostra evoluzione socio-culturale abbiamo avuto la necessità di creare un distinguo per specificare una delle cose più naturali del mondo. Quando è accaduto questo?

Difficile dirlo con esattezza, ma è presumibile che il momento coincida con l’affollarsi sulle vie cittadine di mezzi di trasporto alternativi al camminare. Fino ai primi dell’ottocento cavalli e carrozze erano in numero talmente esiguo da non richiedere distinguo formali per la stragrande maggioranza degli altri utenti delle strade. Tuttavia, con l’avvento di velocipedi, omnibus, tram ed infine di automobili e ciclomotori si è creata la necessità di normare definire ed incasellare le varie tipologie di soggetti che si muovevano sulle vie cittadine, ed ecco apparire la definizione di “pedone”.

Il “pedone”, sin dall’inizio, è una sorta di paria della strada. Se si legge il C.d.S. è tenuto a farsi da parte per lasciare spazio ai veicoli a motore, a spostarsi negli spazi a lui/lei destinati e solo in quelli, ad attraversare la strada sulle apposite strisce pedonali, in un plateale esproprio degli spazi urbani, operato in nome di un “progresso” ed una “modernità” che ormai, a più di un secolo di distanza, cominciano a mostrare contraddizioni insolubili.

Culturalmente l’introduzione dello status di “pedone” serve non già ai pedoni stessi, che lo erano da sempre, ma a legittimare l’esistenza ed il “diritto di proprietà” sulle strade da parte dei veicoli motorizzati. Le automobili perdono così lo status di “intruse”, di macchine aliene al tessuto urbano (com’era stato fin lì percepito), acquisendo “per contrapposizione” con altri soggetti diritti e doveri, ben presto trasformatasi in un vero e proprio esproprio.

A posteriori l’idea di distinguere la popolazione in “pedoni” ed “automobilisti” appare un riuscitissimo esercizio di neolingua capace di iniziare quel processo di apartheid che ha spossessato i cittadini delle proprie strade, a tutto vantaggio dei “padroni del vapore” che in questo processo si sono arricchiti a spese della nostra salute, fisica e mentale.

Pedoni