#salvaiciclisti scrive a Monti

Egregio Presidente del Consiglio dei Ministri della Repubblica Italiana, Prof. Mario Monti,

Abbiamo molto apprezzato la nota con cui Lei il 14 maggio scorso ha dato sostegno alle istanze della campagna #salvaiciclisti sottolineando i vantaggi economici derivanti dall’uso della bicicletta in ambito urbano e definendo la bicicletta come “mezzo di trasporto “intelligente”, sia dal punto di vista dell’impatto ambientale, sia a livello economico, dato che riduce sensibilmente i costi legati alla mobilità urbana, sia, aspetto non meno rilevante, per la salute degli individui.”
Infatti, in questo periodo di crisi economica, per ridurre i costi derivanti dalla mobilità, molte persone fanno sempre più ricorso all’uso della bici, anche per andare al lavoro.

Purtroppo nel nostro Paese coloro che decidono di utilizzare la bici per recarsi al lavoro, si trovano a confrontarsi con una legislazione che, non solo non incentiva, ma addirittura penalizza chi utilizza questo mezzo di trasporto. In Italia, in caso di sinistro durante il percorso casa-lavoro effettuato in bicicletta, l’INAIL riconosce al lavoratore lo status di “infortunio in itinere” “purché avvenga su piste ciclabili o su strade protette; in caso contrario, quando ci si immette in strade aperte al traffico bisognerà verificare se l`utilizzo era davvero necessario” [nota INAIL].

Mentre nel resto d’Europa l’uso della bicicletta come mezzo di trasporto per recarsi al lavoro è sistematicamente incentivato e promosso, in Italia il lavoratore che decide di spostarsi senza inquinare e senza creare traffico, non solo non riceve alcun incentivo, ma deve farlo a proprio rischio e pericolo e senza tutele.
Allo scopo di mettere fine a questo anacronismo è in corso una campagna promossa dalla Federazione Italiana Amici della Bicicletta (FIAB) che chiede la modifica dell’art. 12 del D.Lgs. 38/2000 e di aggiungere al testo attuale la frase: “L’uso della bicicletta è comunque coperto da assicurazione, anche nel caso di percorsi brevi o di possibile utilizzo del mezzo pubblico”, esattamente come previsto per il lavoratore che si reca al lavoro a piedi.

La proposta della FIAB ha già raccolto oltre diecimila firme e ricevuto parere favorevole da parte di ben tre Regioni, tre Province e sedici Comuni tra cui Milano, Bologna e Venezia che ravvisano grande imbarazzo nel chiedere ai concittadini e ai propri dipendenti di usare la bicicletta senza poter garantire nel contempo adeguate tutele.

Con la presente chiediamo a Lei, al Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali e ai Presidenti di Camera e Senato di voler intervenire al più presto per porre fine a questa discriminazione che non ha eguali in Europa e di accogliere questa proposta di modifica legislativa.

Per ulteriori informazioni sul tema dell’infortunio in itinere per il pendolare in bicicletta, Le segnaliamo il sito internet www.bici-initinere.info che è stato predisposto allo scopo di diffondere consapevolezza rispetto a questa campagna.

Confidando in una sua pronta risposta e auspicandoci condivisione nel merito,
cogliamo l’occasione per salutarla cordialmente

Puoi contribuire alla diffusione di questa iniziativa attraverso il tuo blog, il tuo sito internet oppure attraverso il tuo account di Facebook o di Twitter.

Deep-sky survey 2011-2012

Più o meno in questo periodo, un anno fa, ho dato l’avvio al mio più ambizioso progetto osservativo, basato su una personale elaborazione del Taki 8.5m Star Atlas. La gestazione di tale progetto è passata per diverse fasi, ma possiamo individuarne il punto di partenza forse nella prima o seconda uscita osservativa col dobson da 30cm, quando mi sono reso conto che la quantità di oggetti deep-sky osservabili si era moltiplicata in maniera esponenziale.

Fino a non molto tempo addietro credo che mi sarei accontentato di osservare tutti gli oggetti del catalogo di Messier (110 circa), più qualche manciata di NGC ma poco altro (ed in effetti il catalogo di Messier resta ancora uno dei target di riferimento per schiere di astrofili che si avvicinano alla materia con piccoli strumenti, o senza essersi resi conto delle potenzialità di un dobson di medie dimensioni).

Ma già dalle primissime uscite col 30cm mi ero reso conto che lo strumento era in grado di “tirar fuori” anche oggetti molto più deboli. Da qui la necessità di dotarmi di un piano osservativo molto più esteso, e di un diverso metodo osservativo, che non mi facesse perder tempo con oggetti già osservati. Dopo una fase preliminare in cui mi limitai ad adottare il listato di Clark, il piano prese la sua forma definitiva col nome di “Oltre il Clark’s”, introducendo tutti gli oggetti di diversi elenchi (Clark e Herschel400 in testa) e mutuando dal Reiseatlas l’idea di cerchiare gli oggetti da osservare sulle mappe.

Nelle prime uscite procedetti a collaudare il metodo di lavoro, osservando e spuntando gli oggetti osservati direttamente sulle mappe “a perdere”, e prendendo appunti “minimali” sulle stesse. Il metodo si è rivelato estremamente efficace, almeno per le priorità che mi ero dato. Da “curioso del cielo”, quello che volevo portare a casa era una “survey” visuale che indagasse la varietà ed abbondanza di oggetti deep-sky nell’intera volta celeste. Dopo aver spulciato le mappe appuntate ed averne estratto l’elenco degli oggetti osservati posso dire che il “goal” sia stato raggiunto.
Nell’arco di 15 mesi, dal febbraio 2011 al maggio 2012, in una dozzina di uscite osservative sotto cieli tra il buono e il decente, sono riuscito ad osservare circa 540 oggetti (1), così suddivisi:

326 – Galassie
69 – Ammassi aperti
63 – Ammassi globulari
45 – Nebulose planetarie
18 – Nebulose diffuse
14 – Ammassi immersi in nebulose
3 – Resti di supernova
1 – Nebulosa diffusa in galassia esterna (M33)

La distribuzione degli oggetti soffre dei limiti tipici delle sessioni di osservazione amatoriali: tempo a disposizione, accessibilità dei siti e situazione meteo. Questo tipicamente finisce col penalizzare il cielo invernale e primaverile, periodi durante i quali si concentrano le situazioni meteo più critiche, che impongono degli stop per mesi interi, ed in cui i siti migliori (in quota) risultano inaccessibili causa neve. Nei dintorni di Roma è già difficile trovare un sito con un sud buono fino a basse declinazioni, trovarlo in pianura è pressoché impossibile. In questi casi ci si concentra sugli oggetti allo zenit, ma ciò taglia via una fetta di cielo importante, ed il risultato è che sulle basse declinazioni a sud molti oggetti deboli si perdono.

È quindi arrivato il momento di fare il punto su come questo anno abbondante di osservazioni abbia cambiato la mia percezione del cielo. L’idea che ho adesso di cosa si trovi intorno alla Terra è molto più precisa. Ad esempio il fatto (da me già noto) che gli ammassi globulari si trovino ad orbitare intorno al bulge galattico diventa evidente con la pressoché totale assenza di tali oggetti dal cielo invernale, mentre ve ne sono letteralmente a decine in quello estivo. Nebulose planetarie ed ammassi aperti (oggetti, questi ultimi, che a parte rare eccezioni non trovo particolarmente interessanti) sono spalmati in prossimità del piano della Via Lattea, e anche questo si sapeva, ma quello che diventa evidente è la distribuzione delle galassie.

Sappiamo già, dagli articoli scientifici, che le galassie si raggruppano in ammassi e superammassi. Ebbene un’osservazione sistematica di tali oggetti evidenzia proprio questa distribuzione non regolare. A parte i pochi del gruppo locale (non potendo contare le due nubi di Magellano: M31 con le due compagne ed M33, oltre ad una manciata di galassie nane ellittiche che meriterebbero, per essere apprezzate, cieli molto più bui di quelli che si riescono a rimediare in un paese, come il nostro, devastato dall’inquinamento luminoso) risultano evidenti i due raggruppamenti più prossimi, quello dell’Orsa Maggiore e l’ammasso della Coma/Vergine. Non mancano nel cielo singole galassie di dimensioni anche consistenti, o piccoli raggruppamenti ma per il resto si assiste ad uno spolverìo di galassie molto distanti e, conseguentemente, piccole alla visione diretta.

Ho maturato anche una comprensione del concetto di “luminosità superficiale” (superficial brightness), che dà conto di quanto un singolo oggetto si stacchi dal fondo cielo. Purtroppo l’inquinamento luminoso residuo, anche minimo, è in grado di cancellare dalla visione oggetti a bassa luminosità superficiale come le galassie nane ellittiche del gruppo locale. Per queste, e per i globulari più deboli e dispersi, occorrerebbe poter disporre di cieli “africani”.

Per gli interessati allego il listato di quest’anno abbondante di attività, che porta con sé almeno un dato certo: sono tutti oggetti osservabili con uno strumento da 12″, un filtro OIII (quando serve) e cieli tra il mediocre ed il passabile (SQM poco superiore a 21). Moltissimi degli oggetti osservati si sono rivelati solo minuscole “chiazze di luce”, senza dettagli particolari o significativi. Altri sono rivelati più interessanti della media.

Il gradimento dei singoli oggetti, al di là del semplice riuscire a scorgerli, che già di per sé rimane un’emozione, è raccontato con una serie di asterischi, da uno a quattro. Non rappresentano un giudizio assoluto, quanto uno “scostamento dalle aspettative”: un asterisco sta per “oggetto di caratteristiche inattese”, quattro asterischi per “oggetto decisamente sorprendente e/o appariscente”. Tradotto nei miei “gusti personali” significa galassie viste di taglio come “sbaffi” di luce, nebulose con chiaroscuri all’interno… insomma, non garantisco che tutto quello che ho evidenziato potrà affascinarvi, ma l’ha fatto con me, quindi ci sono buone probabilità.

excel-perfcetionnement-2000-a-2010-1234558(listato degli oggetti osservati)

(1) il “circa” è d’uopo: il listato suddivide singoli oggetti estesi in più parti separate, p.e. le due parti della nebulosa Velo hanno due numeri di codice distinti, come pure due zone della nebulosa Rosetta, per contro galassie che appaiono singole sul listato si presentano come oggetti multipli, con compagne più deboli. Di fatto per diversi motivi non è semplice dare una cifra perfettamente esatta.

Perché gli automobilisti ci odiano

“Perché gli automobilisti ci odiano???” Questa domanda è stata sollevata, qualche sera fa, nel corso della presentazione del libro “No Bici” di Alberto Fiorillo. Nessuno dei presenti ha saputo o voluto rispondere all’interrogativo ed io non me la sono sentita di intervenire dato che ero appena arrivato (in ritardissimo), sudato ed affannato per aver attraversato Roma due o tre volte in sella alla bici. Ma la domanda merita una risposta, provo a darla qui. Gli automobilisti “odiano” i ciclisti per tre fondamentali motivi.

1 – Siamo belli
Ormai se ne è accorta anche la pubblicità: la bicicletta viene usata dalle case di moda per veicolare uno stile di vita “fashion”, e mostrare biciclette accanto ad attori e modelli invariabilmente bellissimi crea un collegamento automatico.
In realtà i ciclisti non sono più o meno belli degli altri, ma il fatto in sé di andare in bicicletta attiva negli altri la percezione di modelli di “bellezza” ben più profondi ed archetipici di quelli superficiali, laccati e stucchevoli elaborati da cinema e televisione.

Tutta la nostra evoluzione sociale e culturale non ha potuto cancellare gli istinti basici della specie umana, sappiamo ancora riconoscere il valore della forza fisica, della prontezza di riflessi, dell’agilità, dell’equilibrio, e non possiamo resistere alla fascinazione dell’intelligenza necessaria a gestire queste capacità in un ambiente ostile e rischioso. La “bellezza” dei ciclisti urbani non è quindi un dato puramente estetico (anche se l’esercizio fisico aiuta a conformarsi ai modelli estetici dominanti), ma qualcosa di molto più profondo, viscerale e percepito ad un livello del tutto istintivo. Fascinazione capace, come ogni forma di esibizione fisica, di ingenerare meccanismi inconsci di rivalità.

2 – Siamo liberi
Il senso di libertà è forse il messaggio chiave al quale le pubblicità martellanti ed invasive delle case automobilistiche sono solite legare i propri prodotti. A ragionarci su un attimo, una forma di libertà ottenibile solo chiudendosi all’interno di una scatola (a ruote) fa abbastanza ridere, eppure l’innegabile successo globale di questo tipo di comunicazione testimonia sicuramente due cose: da un lato una straordinaria capacità di manipolazione delle idee da parte dei pubblicitari, dall’altro una altrettanto straordinaria e simmetrica incapacità, da parte di molti, di articolare una semplice analisi.

Ma è solo dopo aver effettuato l’acquisto che l’automobilista inizia a percepire (e contemporaneamente rimuovere) quale sia il rovescio della medaglia: spese su spese (carburante, bollo, assicurazione, manutenzione, multe…), elevati livelli di stress personale (l’attenzione alla guida, alla segnaletica, la convivenza in spazi urbani sovraffollati di altri veicoli, le code e i rallentamenti, gli inevitabili piccoli incidenti, l’assenza cronica di spazi di sosta, ecc, ecc…), e da ultimo la sensazione sotterranea di essere caduti in trappola ed essersi lasciati fregare. Niente, comunque, che non possa essere curato con una buona dose serale di rimbambimento catodico, farcito di automobili nuove e luccicanti che si muovono libere in scenari aperti e spettacolari e che nel far questo non mancano di sedurre splendide donne.

In questo meccanismo perfettamente oliato di condizionamento mentale ed autoasservimento il ciclista rappresenta il classico granello di sabbia in mezzo agli ingranaggi. Perché l’andare in bici illustra, letteralmente, l’essere fuori dalla “scatola (a ruote)”, ovvero la differenza tra dentro e fuori. Nel vedere un individuo (della propria stessa specie) scorrazzare libero all’aperto, l’automobilista diventa istintivamente consapevole della propria condizione di costrizione.

Oltre all’assenza di un “carapace” metallico, i ciclisti godono di altre forme di libertà derivanti dalla loro leggerezza e dal minimo ingombro dei propri veicoli: potendo utilizzare per i propri spostamenti spazi che agli automobilisti sono preclusi. Di fatto nella circolazione sulle strade i ciclisti subiscono un’organizzazione viaria resa obbligata dalla presenza stessa delle automobili, e sono soggetti a vincoli ed imposizioni che in assenza di automobili cesserebbero semplicemente di aver senso (i semafori, tanto per dirne una, o i sensi unici…).

Non stupisca quindi se molti ciclisti decidono di ribellarsi a queste vessazioni legalizzate praticando modalità “alternative” di utilizzo delle strade e degli spazi condivisi. Modi d’uso “anarchici, sregolati ed illegali” solo se letti in un’ottica totalmente autocentrica (come quella purtroppo condivisa dalla maggior parte della popolazione italiana), ma del tutto sensati e coerenti con le specificità di veicoli strutturalmente e concettualmente diversi.

I ciclisti sono liberi anche e soprattutto mentalmente: liberi dai condizionamenti sociali, dal bisogno di apparire, dal conformismo. Il ciclista sfida la mentalità imperante.

3 – Siamo felici
Le precedenti due affermazioni non possono che portare alla terza ed ultima constatazione: i ciclisti sono mediamente meno sacrificati e quindi più felici degli automobilisti. Chi sceglie di andare in bicicletta lo fa deliberatamente, perché gli/le piace, e normalmente la soddisfazione di fare qualcosa che piace traspare nei volti e nel “linguaggio del corpo”. I ciclisti che si incontrano sulle strade sono in genere sorridenti, o al più concentrati. Non vedrete mai un ciclista schiumare di rabbia impotente perché bloccato in un ingorgo: c’è sempre un marciapiedi, una via secondaria, un passaggio pedonale in cui svicolare, magari bici a mano. I ciclisti sono tali perché non si lasciano intrappolare, nemmeno mentalmente.

Questo per quanto riguarda le mie risposte alla domanda del titolo. In realtà, poi, tecnicamente quello di cui stiamo ragionando non è nemmeno odio. Ciò che gli automobilisti proiettano su di noi è solo la loro stessa frustrazione. La percezione (inconfessabile) di essere “dalla parte sbagliata”, di aver operato scelte di vita discutibili, di stare sporcando, inquinando, consumando risorse senza neppure ricavarne un reale beneficio.

Studi condotti sulle popolazioni cinesi esposte al recente boom economico dimostrano che a fronte di una maggior ricchezza non si registra un corrispondente aumento nella felicità delle popolazioni, che al contrario appare declinare. Pensate a questo la prossima volta che girerete la chiave per avviare la vostra automobile, o vedrete un ciclista (o una ciclista) che vi sorpassa con aria allegra e sbarazzina. Pensate che tutto potrebbe essere diverso. Anche per voi.