Musica dal passato

Dopo aver "maledetto" gli anni '80 mi sento ora in dovere di salvare il salvabile. Mentre in Italia si gettavano le basi del regno "arcoriano" di Berlusconi all'estero la musica esplodeva in mille forme e stili, rielaborando il passato ed inventando il futuro.

In quel periodo, o meglio verso la fine, il sottoscritto, per vie traverse, approdava alla scoperta della musica con la "M" maiuscola con un background pressoché virginale. E' una storia abbastanza lunga, e non mi va ora di raccontarla, vi basti sapere che dopo l'acquisto del tanto desiderato impianto stereo e nella fretta di recuperare il tempo perduto acquistai qualcosa come 250 LP in meno di un paio d'anni.

Di tutta quella montagna di vinile e note mi restano nel cuore parecchie decine di canzoni e di artisti, talché stamattina mi son messo di buzzo buono a selezionarne alcuni sfruttando la funzione "Playlist" di youtube. Per stavolta mi sono limitato al pop inglese, ma più in là conto di fare altrettanto col rock americano dello stesso periodo.

Se vi va, ascoltate questi brani, magari ne riconoscerete più d'uno. E se non li riconoscete fatemi sapere che ne pensate. Mi interessa.

http://www.youtube.com/p/522239985D1871A5?hl=it_IT&fs=1

Maledetti anni '80

Oggi il post di TIC “Non si esce vivi dagli anni ’80” mi ha toccato un nervo scoperto, tant’è che gli ho scritto uno dei miei commenti più sofferti ed ispirati:

Stasera ero particolarmente giù e pensavo che in fondo gli anni ’80 non sono mai passati, questo paese è ancora lì, immobile, congelato, fossilizzato. Come il protagonista di “Alice nelle città” di Wenders mi sono guardato intorno ed ho pensato che in tutto questo tempo è come se io fossi rimasto immobile, e tutto il mondo si fosse spostato intorno a me… ma senza andare da nessuna parte. Siamo ancora lì, coi Duran Duran, Michael Jackson, Springsteen, solo più vecchi, più stanchi, più disperati. E’ tale la voglia di veder finire questo mondo immobile che accetterei anche soluzioni distruttive… (ammesso che possano essercene di altre). Dev’esserci una vita fuori da questa cappa soffocante…

La “cappa soffocante” a cui alludevo nell’ultima frase descrive lo scenario politico attuale: un vecchio satrapo con deliri di onnipotenza che tiene asservita a sé metà del paese controllandone i pensieri per mezzo di stampa e televisione, che ha stravolto le regole democratiche alleandosi con ex fascisti e forze altrettanto eversive (la Lega Nord, col suo progetto di dividere in due il paese), che ha plasmato l’immaginario collettivo su canoni da avanspettacolo.

L’origine di tutto è lì, nei maledetti anni ’80, nella liberalizzazione dell’offerta televisiva che ha dato una valvola di sfogo, onanista e solitario, alle tensioni prodotte dall’urbanizzazione forzata avvenuta a cavallo degli anni ’50 e ’60, ed esplosa in varie forme, tra le quali il terrorismo, negli anni ’70.

Strappati dai paesi d’origine ed inurbati a forza in periferie fredde e disumanizzanti, trionfanti di cemento e prive di spazi di socializzazione, i nostri genitori non sono stati in grado di realizzare un equilibrio nella sfera affettiva extrafamiliare. Inscatolati in appartamenti incomunicanti, con rade amicizie sparpagliate a distanze ingestibili, l’isolamento ha prodotto un disagio sociale esplosivo che solo la televisione ha potuto stemperare.

Questa è stata la tv negli anni ’80, un gigantesco ipnotizzatore collettivo che ci ha fatto vivere vite fittizie fatte di lustrini e paillette, uomini spiritosi e donne scosciate, canzonette ed allegria forzata, americanate e cattivo gusto. Quella stessa televisione, quello stesso paese, si sono trascinati fino ai giorni nostri, incollati l’uno all’altro in un abbraccio mortale.

Avevo vent’anni negli anni ’80, in questo decennio ne compirò cinquanta, l’Italia è rimasta immobile, invecchiando e mostrificandosi. Come in una catastrofe al rallentatore abbiamo saputo solo accumulare: automobili, case, suppellettili, abiti, fino alla totale saturazione di ogni spazio vivibile.

La paralisi mentale ed estetica è diventata sociale, culturale, politica, e continua ad impantanarci e strangolarci in un eterno presente, incapaci ormai di immaginare, o financo desiderare, un qualsivoglia futuro. Ma se non sapremo trovare il futuro… sarà il futuro a trovare noi. Ed il risveglio sarà traumatico.

La polverizzazione delle amicizie

Domenica pomeriggio io e Manu siamo andati al cinema a vedere "The Social Network", il film che ricostruisce la gestazione e nascita del fenomeno "Facebook.com", piattaforma sociale dal successo fulmineo e globale. Il film è ben costruito, con dialoghi molto serrati ed una interessante scansione temporale alternata. È stata un'occasione per ragionare un po' su quanto le reti sociali, veicolate da internet, abbiano cambiato al nostra vita relazionale.

Il concetto di amicizia, in particolare, ne è risultato stravolto. In tempi passati ci erano consentite frequentazioni rare ed occasionali, e tendevamo a legarci fortemente a poche persone. Oggi si tende ad instaurare una gamma più ampia e sfumata di rapporti "leggeri" con parecchie decine di persone, pur senza incontrarle dal vivo quasi mai.

Cominciata con le mailing-list di posta elettronica ai tempi in cui la rete era lenta, costosa ed utilizzata a a singhiozzo, ci si è progressivamente spostati verso strumenti diversi ed un utilizzo più continuativo, fino ad arrivare alla pervasività attuale.

Oggi è normale, almeno per il sottoscritto, stare contemporaneamente su più piattaforme, disquisire di astronomia e biciclette con semisconosciuti su forum specializzati, buttare un'occhiata distratta a Facebook per legger cosa passa per la testa di un po' di gente almeno incontrata, seguire i feed di diversi blog di vario spessore ed importanza, commentare qua e là, leggere i commenti altrui e via discorrendo

Il telefono, au contraire, appare uno strumento caduto quasi nel dimenticatoio, delegato sempre più a strumento di comunicazione asincrona in cui si lasciano messaggi su segreterie telefoniche (anche di cellulari) e se ne ascoltano le risposte sulla propria, o col quale si scambiano sms.

E incontrarsi? Beh, incontrarsi funziona ancora, anche se i canoni della fruizione risultano anch'essi adattarsi alle forme comunicative più usate. Io, ad esempio, quando mi trovo in situazioni con parecchie persone intorno (feste, cene…) tendo a scambiare poche battute con tante persone diverse, anziché mettermi ad approfondire un singolo tema con uno o più.

In buona sostanza i "social network" riflettono un'attitudine alla polverizzazione delle amicizie che forse in nuce già possedevamo, e ci hanno solo dato modo di esprimere con compiutezza. Ma ogni medaglia ha il suo rovescio, e questo è fatto di superficialità delle relazioni, di solitudine anche in contesti socializzanti, di perdita di spessore umano nei rapporti interpersonali.

Il bisogno di fantastico

Come ormai d'abitudine un paio di volte l'anno la collana "Millemondi" di Urania pubblica raccolte scelte di racconti. Questa volta è toccato alla narrativa europea, ed il volume fresco di stampa è entrato di prepotenza nella mia valigia per Istanbul. La qualità dei racconti è sicuramente buona, anche se in prevalenza gli autori lavorano ad una rimasticazione di temi già noti.

Verso la fine ci si imbatte nel racconto "Tra le righe" dello spagnolo José Antonio Cotrina, che sconfina nei territori del fantasy aprendomi gli occhi su un po' di questioni, che fin qui erano rimaste avvolte nella nebbia, attinenti al rapporto tra fantascienza e cultura pop sul quale già in passato ho avuto modo di arrovellarmi.

Raccontato in poche righe (e con ciò dovendo rinunciare all'effetto sorpresa ed a numerosi colpi di scena) il racconto narra di uno studente che entra nell'ufficio sbagliato e si trova iscritto ad un improbabile corso di "tecniche di lettura avanzata", progredendo nel quale scopre di essere in grado, dote estremamente rara, di riuscire a leggere stratificazioni diverse di realtà.

Apprende così che esistono libri scritti tra le righe di altri libri, e realtà che esistono "tra le righe" della realtà, che esistono porte invisibili che conducono a stanze che non appartengono al mondo che conosciamo, strade che conducono a città non segnate sulle mappe ed altro ancora.

Da non appassionato del genere fantasy sono rimasto abbastanza colpito da quest'idea di un Universo che si disvela molto più complesso ed articolato di quanto possa apparire ad un primo sguardo distratto, e devo ammettere di aver nuovamente sperimentato quel meccanismo di speculazione "…e se fosse possibile?" che mi rimanda ai miei inizi di lettore di narrativa fantascientifica.

Ruminandoci un po' su mi sono però reso conto trattarsi di un'idea già diffusa e collaudata, presente sia in Harry Potter che in Hellboy, tanto per citare due esempi di fantasy contemporanea di grande successo: la realtà magica coesistente con quella tecnologica ma impercettibile ai più.

Rispetto a questi kolossal più articolati e strutturati la molla emotiva, nel racconto breve, è risultata più evidente: il nucleo del racconto non erano avventure incredibili, delle quali poteva essere al più la premessa, ma la "fame di fantastico" in sé, il bisogno di magico come aspirazione fondamentale dell'animo umano.

Questo mi ha dato una prospettiva totalmente diversa sull'evoluzione dell'immaginario fantascientifico dall'ottocento ai giorni nostri, stravolgendone integralmente l'interpretazione. Non più un percorso a sé stante veicolato dalle scoperte scientifiche bensì una ramificazione dell'immaginario preesistente che col tempo è riconfluita nel corso principale.

L'umanità ha di fatto convissuto con un immaginario di tipo magico/fantastico fin dall'alba dei tempi: divinità, mostri, fenomeni naturali inspiegabili hanno alimentato la fantasia di innumerevoli generazioni, evolvendo in miti e leggende. Un unico filo conduttore che va da Gilgamesh a Spiderman passando per demoni, maghi, semidei, mostri, draghi, streghe, incantesimi, filtri, formule chimiche, robots, invasori extraterrestri.

Ricostruirne il percorso è un lavoro che travalica di diversi ordini di grandezza le intenzioni del post, qui mi preme identificare due punti di svolta del pensiero magico. Il primo si è avuto con l'avvento del cristianesimo e delle religioni monoteiste in generale, che hanno fatto piazza pulita del proliferare di divinità maggiori e minori (…in parte sostituendole con i miracoli dei santi).

Questo processo ha incanalato l'immaginario fantastico in un dualismo bene/male quali incarnazioni rispettivamente del divino e dell'avversario (Satana). Incarnazioni fantastiche e miracolistiche anch'esse: demoni, draghi, streghe, armi magiche (Excalibur) ed altro ancora. Rispetto al mondo antico l'immaginario fantastico perde le connotazioni più evidentemente legate al sesso e si concentra sulla paura, sui demoni, sulle anime perdute, gettando le basi per le "storie di fantasmi" e l'incarnazione letteraria nel genere "horror".

Il secondo grosso impatto si ha dal settecento in poi, col fiorire del pensiero scientifico, dell'illuminismo, passando per l'avvento della meccanizzazione, l'era atomica, la rivoluzione informatica ed approdando ai giorni nostri. La capacità della scienza di analizzare la realtà e venirne a capo ha di fatto "tagliato le gambe" al pensiero magico, dimostrandone la palese infondatezza.

Poteva essere questo sufficiente a dirottare la specie umana su nuovi binari di comprensione ed accettazione della realtà? Evidentemente no. Il pensiero magico si è limitato ad indossare i panni della verosimiglianza scientifica, stiracchiandoli spesso e volentieri ben oltre la loro reale portata.

Ha quindi plasmato una nuova serie di personaggi con poteri semidivini (i supereroi), di esseri infinitamente saggi e quasi onnipotenti (le civiltà extraterrestri più evolute della nostra), di mostri prodotti dall'uomo nel suo pasticciare con leggi di natura semisconosciute e solcando con le navi esplorative non più gli oceani, ormai interamente noti e mappati, ma lo spazio interstellare.

La fantascienza non è quindi un genere a sé, come avevo sempre pensato, nato in risposta agli input delle scoperte scientifiche e rappresentazione del desiderio dell'uomo di conoscenza, ma solo l'adattamento dell'esigenza di fantastico alle contingenze culturali e temporali.

Ed oggi che la scienza sta progressivamente stringendo i lacci della fantasia ecco che la fantascienza evolve fondendosi alle narrazioni "mainstream" ed incarnando l'esigenza di magico e di fantastico che il troppo prevedibile mondo odierno ci nega.

Segnalo a questo riguardo il film "Time traveler's wife", dove le tematiche fantascientifiche (ma potrebbero essere "magiche" data la sostanziale non spiegazione in chiave scientifica delle stesse) sono del tutto strumentali allo sviluppo della storia emotiva dei protagonisti, fulcro centrale della vicenda.

Ed è forse questo il motivo principale dell'attuale rinascita d'interesse per narrazioni di tipo magico/fantastico, dalla saga di Harry Potter ai vampiri e lupi mannari adolescenti di Twilight passando per la riscoperta di Tolkien. Gli orizzonti immaginativi che la scienza è parsa aprire nel secolo scorso si vanno progressivamente chiudendo, ma il bisogno di fantastico è componente strutturale dei nostri schemi mentali e non può essere ignorato.

Detto così sembra quasi ovvio e banale ma mi ci sono voluti trent'anni per giungere a questa comprensione. Avessi letto più psicanalisi e meno fantascienza forse ci sarei arrivato prima.

Quattro candeline per un Mammifero

Zitto zitto, tra i botti di capodanno e l’Epifania “che tutte le feste si porta via” anche questo piccolo blog ha compiuto gli anni: quattro. Pochi, tanti, difficile dirlo. Quel che conta è che sia ancora arzillo e sgambettante, anche se un po’ diverso da come lo immaginavo. Questo è quello che scrivevo quattro anni fa, nel primissimo post:

Eccolo qua!

Nel bene o nel male alla fine ho deciso di farmi “il mio blog”.
Sarà solo l’ennesimo “diario on-line” con tre, quattro lettori?
Non lo so, spero tanto di no.
Spero che diventi molte cose, prima fra tutte uno spazio in cui depositare e raccogliere tutto quello che scopro del mondo.
Ed anche un luogo di dialogo col mondo, in cui queste idee possano crescere, diffondersi, e dar vita ad altre.
Troppo ambizioso, dite? Chissà?
Io comincio, poi vedremo…

Ed in effetti “troppo ambizioso” lo è diventato quasi subito, quando ho capito che non mi interessavano tanto i brevi commenti ma preferivo dare spazio a riflessioni dal respiro più ampio. I post si sono appesantiti e necessariamente diradati nel tempo.

Un altro problema ha riguardato il progressivo esaurimento delle cose da raccontare, la paura di ripetersi, di ribattere sempre gli stessi argomenti. La mia vita non è poi così avventurosa da meritare una narrazione continuativa.

In compenso il blog si è guadagnato l’attenzione di un piccolo “zoccolo duro” di lettori affezionati, che trovano anche il tempo di commentare quello che pubblico… e questa è la cosa più importante.

È difficile scriverne senza apparire ruffiano, ma davvero senza la partecipazione di chi legge e commenta dubito che troverei la motivazione per continuare.

Quindi, cari amici, volenti o nolenti il “Mammifero” è una creatura tanto vostra quanto mia, e spero che continui a camminare a lungo sulle sue due zampette.

E già che ci sono auguro un buon 2011 a tutti!