Diversi anni fa mi capitò di partecipare ad una sorta di “mini scisma” nella comunità degli astrofili italiani. In seguito a continue discussioni e battibecchi all’interno di una mailing-list (erano appena nate…) tra appassionati dell’osservazione visuale ed “astroimagers” (quelli che prima dei sensori digitali si chiamavano “fotografi”) un piccolo gruppo di astrofili, capitanati da Luigi Ruffini, aprì una mailing-list dedicata unicamente all’osservazione visuale, denominata “Visualsky”. Fu quello il momento in cui molti di noi presero a definirsi “visualisti”, prendendo coscienza della maturata distanza dalle altre branche della passione per il cielo stellato.
Fino praticamente a tutti gli anni ’90 una distinzione così netta non esisteva. Il percorso di crescita dell’astrofilo medio comprendeva in genere uno strumento in montatura equatoriale di medie dimensioni (in genere un 8″, corrispondenti a 20cm di diametro), col quale affrontare a proprio piacimento sia la fotografia che le osservazioni ad occhio nudo. Acquistai anch’io uno strumento simile, nativamente orientato all’uso fotografico, ma finii con l’usarlo esclusivamente in visuale.
Pur appassionato di fotografia tradizionale, con un corredo di ottiche di tutto rispetto ed adattissime alle riprese del cielo stellato, avevo maturato negli anni una sorta di “distacco” dalla fotografia astronomica, che vedevo come un puro esercizio di perizia tecnica. Al contrario l’osservazione diretta degli oggetti celesti, sebbene meno ricca di dettagli rispetto a quella possibile per mezzo di riprese fotografiche, riusciva a darmi un senso di immediatezza, un’emozione, una sensazione di essere al cospetto dell’infinità dell’Universo che la fotografia non era in grado di restituirmi. Un conto è guardare un foglio di carta o un monitor, un altro è ricevere sulla propria retina la luce “fossile” di stelle e galassie, raccolta dopo un viaggio di migliaia o milioni di anni.
Col passare dei mesi il peggioramento delle condizioni del cielo dovuto all’inquinamento luminoso e la difficoltà di coinvolgere altri astrofili in nottate osservative in cima alle montagne mi causarono un lento ma progressivo distacco dall’antica passione. La mailing-list vivacchiava. Luigi ebbe una crisi motivazionale che lo portò a smettere di osservare. La spinta propulsiva passò in mano a Mauro Da Lio, astrofilo veneziano, che cominciò ad esplorare con perizia e sistematicità le potenzialità finora inesplorate degli strumenti a specchio di grande diametro, pubblicando le sue “scoperte” sui blog che tempo prima avevo creato per la lista Visualsky (Visualsky, Reports Osservativi ed Autocostruttori).
Nel corso degli anni del mio “auto-esilio” dall’astronomia la lettura dei post di Mauro rappresentò il mio “cordone ombelicale” con l’antica passione per l’osservazione del cielo, tenendomi al corrente delle “nuove scoperte”: le inaspettate problematiche termiche dei grandi specchi, causa del degrado nelle osservazioni ad alta risoluzione prima attribuite all’atmosfera (seeing), la ricerca di cieli più bui, iniziata col lavoro di Bortle e culminata nella commercializzazione degli Sky Quality Meters (SQM), le possibilità offerte dai filtri, uniti a diametri generosi, nel tirar fuori oggetti che fino a quel punto si ritenevano appannaggio delle sole riprese fotografiche e più recentemente la sbalorditiva qualità che i fabbricanti cinesi riuscivano a produrre in ottiche commerciali di basso costo.
Di fatto in tempi recenti l’introduzione sul mercato mondiale dei telescopi “dobsoniani” ha rivoluzionato il mondo dell’astronomia amatoriale, creando una netta spaccatura tra fotografi e visualisti. Mentre prima esisteva uno strumento “tuttofare” (il suddetto 8″ in montatura equatoriale), l’avvento dei dobson obbliga oggi ad una scelta netta, dal momento che a parità di prezzo con uno strumento fotografico si può avere un telescopio puramente visuale di diametro (e conseguente “potenza”) molto superiore. Con l’avvento dei “dob” lo strumento “tuttofare” ha cessato di esistere, e gli astrofili si sono trovati da subito a dover scegliere tra l’osservazione visuale e le riprese fotografiche. Chi pratica entrambe deve dotarsi di due diversi “setup”.
Questo è più o meno lo scenario in cui mi sono ritrovato circa un anno fa nel momento del mio ritorno all’astronomia “sul campo”, ovvero quando ho acquistato il 12″ dobson che utilizzo attualmente. Rientrando nella rete degli astrofili italiani, tuttavia, mi sono trovato di fronte, paradossalmente, a situazioni analoghe a quelle sperimentate anni addietro, trasferitesi pari pari dalle mailing-list ai forum. Quando il nuovo arriva non può fare a meno di scontrarsi con convinzioni vecchie e consolidate… anche se sbagliate.
Nei due principali forum di astronomia amatoriale, quello della rivista Coelum e quello della comunità di Astrofili.org mi è capitato di assistere a confronti serrati il cui discrimine non era tanto la correttezza e la scientificità delle affermazioni quanto la capacità di esporle “in punta di forchetta” senza urtare sensibilità e suscettibilità. In questi contesti tutto diventava opinabile, personale, indiscutibile, qualsiasi affermazione, verificata o “leggendaria”, purché spinta con sufficiente caparbia assurgeva a pari dignità con le altre, indipendentemente da un suo reale fondamento scientifico.
Amministrare un forum non è semplice: tante teste, tante opinioni differenti, con la necessità, in qualche caso, di non “scontentare” gli inserzionisti lasciando circolare pareri troppo trancianti. In questo “brodo di coltura” chi provava a spostare un po’ più in là i confini del sapere, proponendo soluzioni poco ortodosse e lontane dalla “tradizione”, finiva col dover fronteggiare un vero e proprio muro di luoghi comuni, “leggende urbane”, costumi consolidati… come più o meno in ogni branca dello scibile.
Sfiancati da continue diatribe gli “innovatori” (poco aiutati, se non direttamente ostacolati, dai moderatori dei forum, più interessati al quieto vivere che a dirimere dispute dai contorni eccessivamente tecnici) finivano lentamente col soccombere di fronte ad argomentazioni spesso capziose. Esasperati dal lungo fronteggiare convinzioni e “leggende” infondate (e nonostante ciò continuamente riproposte), finivano coll’abbandonarsi ad atteggiamenti aggressivi e nell’incorrere così nelle sanzioni degli amministratori dei forum.
A ciò non ho intravisto altra possibile soluzione che un’ennesima “diaspora”, riproponendo la soluzione che anni fa portò alla presa di coscienza dei “visualisti” italiani (quelli per primi confluiti nella mailing-list Visualsky): fondare un forum specifico per l’astronomia visuale. Questo forum ora esiste e si chiama “Dobsoniani“, nell’intenzione un piccolo ricettacolo di competenze specifiche sugli strumenti per astronomia visuale di grande diametro e sulle tecniche osservative.
Confido che nel prossimo futuro sarà in grado di ospitare e far dialogare le molte decine di astrofili che, negli ultimi mesi ed anni, hanno scelto di osservare il cielo con i propri occhi… ed una “grande apertura”, anche mentale.

(nell’illustrazione qui sopra il primissimo “header” del forum Dobsoniani)