Open G.S.A.

La storia che mi appresto a raccontare si sviluppa nell’arco di diversi anni, rendendo necessario un uso intensivo della “memoria storica” dei nostri giorni, ovvero la rete internet. La troverete perciò infarcita di link a vecchi articoli e post, la maggior parte dei quali andrebbero letti per rivivere l’atmosfera dei tempi. Nel farlo, per ricomporre il mosaico del cammino di un’idea, mi sono trovato proiettato in un passato recentissimo, che è ancora un po’ presente, ed in un presente che aspira fortemente ad un futuro che da troppo tempo si fa attendere.

Il G.S.A. – “Grande Sentiero Anulare” nasce nel settembre del 2006 sulle pagine dell’ormai scomparso blog Romapedala, dove all’epoca scrivevo con una certa assiduità. L’idea di attraversare la città sfruttando i parchi urbani ed evitando il traffico veicolare risale ad almeno un decennio prima, ma si è dovuta attendere la realizzazione di diverse piste ciclabili di collegamento prima di poter tracciare un anello che raccordasse i diversi percorsi in un’unica escursione.

Un’escursione che, nelle intenzioni, voleva invitare ad un viaggio alla scoperta delle parti nascoste della città, dei sentieri sopravvissuti all’avanzata distruttiva del cemento armato, di boschi, frammenti superstiti di campagna romana, tumuli funerari millenari, fiumi, acquedotti. Una piccola avventura in cui coinvolgere i ciclisti, appassionati e non, e funzionare da “imprinting” per far nascere e sviluppare un modo diverso di vedere e vivere gli spazi urbani e suburbani.

L’idea di una “messa in rete dei parchi urbani” era stata da me già proposta agli uffici competenti dell’assessorato all’Ambiente, ma lo scarso entusiasmo degli interlocutori ed i tempi biblici della burocrazia mi spinsero a cercare di promuovere l’idea indipendentemente dal percorso istituzionale, cercando di portarla direttamente ai ciclisti romani. In assenza di strumenti migliori, non trovai di meglio che unire insieme porzioni ricavate dalle schermate delle mappe aeree di Google e disegnarci sopra con un programma di fotoritocco.

La prima versione del G.S.A. è una semplice immagine bitmap. L’idea di percorso, una volta partorita, doveva essere sperimentata. Così, verso la fine di settembre 2006, dopo una serie di verifiche ed un primo tentativo naufragato causa pioggia battente, organizzai un giro di “inaugurazione”, che vide la partecipazione di una trentina di ciclisti. Di quel giorno rimane il resoconto stilato da Giorgio “Ugasoft” (con tanto di cronologia degli eventi preparatori), il racconto di Enrico sul sito dell’associazione Ruotalibera ed il paradossale discorso di inaugurazione tenuto da un sedicente “Sindaco di ciclolandia Pierfranco Pierveltroni”.

Alcuni mesi dopo, mentre cercavo uno strumento più adatto a raccogliere e rendere disponibile la mole di informazioni necessarie a percorrere il G.S.A., venni a conoscenza dell’esistenza di uno dei primi servizi on-line di tracciatura dei percorsi basato sulle mappe di Google, wayfaring.com, e lo utilizzai per disegnarvi sopra il mio itinerario, assieme a diverse possibili varianti e ad alcune annotazioni. Contemporaneamente provai a dare maggior visibilità all’idea con l’apertura del blog “Sentiero Urbano” (scomparso anch’esso assieme alla piattaforma, Splinder, che lo ospitava).

Purtroppo la complessità del mio progetto andava ben oltre gli scopi per cui Wayfaring era stato pensato: man mano che si aggiungevano informazioni la reattività del server rallentava, al punto che dovetti desistere dall’idea di completare l’opera.

Nel 2007 il G.S.A. fu percorso una sola volta, in senso opposto a quello precedentemente proposto, nel corso di una splendida mattinata di primavera di cui ci rimane un affascinante “Fotoracconto”. Sul finire del 2007 disegnai nuovamente il G.S.A. sul portale “CriticalMap” (anch’esso estinto). Nel 2008 lo riproposi un paio di volte come escursione con l’associazione Ruotalibera (la seconda volta finendo anche in un servizio del TG2), dopodiché si è dovuto attendere fino all’inizio del 2010, quando è stato ripercorso, su richiesta dei frequentatori del forum Ciclomobilisti, come evento di preparazione al “Bike to Work Day 2010”.

La bella pedalata ed i commenti entusiasti dei partecipanti mi hanno nuovamente motivato a cercare una soluzione migliore di quelle tentate fin qui per favorirne la diffusione. Mettendo da parte l’idea di un progetto fruibile unicamente in rete in favore di formati utilizzabili su dispositivi GPS, il G.S.A è ripartito dalla tracciatura semiautomatica sui server on-line (Bikeroutetoaster, Mapmyride ed altri…), passando per l’integrazione di tracce e commenti nel formato del programma gratuito Google Earth, per approdare alla modalità di sviluppo collaborativo propria del software “open source”.

Da poco ha preso il nome di progetto OpenGSA, occupando uno spazio nei forum on-line nel quale potranno confluire le proposte ed i suggerimenti di nuove “varianti” all’anello di base. In sostanza la rete di percorsi che compone il G.S.A. viene ora distribuita impacchettata in un unico file nel formato .kmz, visualizzabile per mezzo di Google Earth (o volendo, ma in maniera decisamente più lenta, in Google Maps), offre la possibilità di zoomare le mappe fino al massimo dettaglio, consente di leggere le descrizioni del “percorso di base” e delle singole “varianti”, di accedere alle informazioni collegate ai diversi segnaposto, di trovare link alle pagine web relative ai monumenti che si incontrano sul percorso, e non da ultimo di convertire le singole tracce per caricarle su dispositivi GPS mobili.

Allo stato attuale il lavoro di tracciatura delle possibili varianti e l’inserimento dei punti di interesse e dei commenti è ancora ben lungi dall’essere completato, ma lo stato di avanzamento del progetto lo rende già fruibile. Il link al file da scaricare ed aprire con Google Earth è il seguente:

http://dl.dropbox.com/u/630897/GSA/GSAopen.kmz

Da notare che il file viene periodicamente aggiornato, ma il link è statico e punta sempre all’ultima versione disponibile, può quindi essere copiato su pagine web ed inviato via e-mail consentendo in futuro di accedere sempre alla release più recente ed aggiornata.

Cosa mi ripropongo con questo progetto? Innanzitutto di far apprezzare e salvare dalla speculazione aree preziose e seminascoste, rendendole fruibili ai cittadini. Dunque spingere altri ciclisti a percorrerlo, ed aiutarli nell’intento. Far scoprire a tante persone che non sanno come e dove muoversi in bicicletta che c’è tutto un mondo, un’intera città da esplorare, a poche pedalate di distanza. Che dietro ai casermoni di cemento in cui ci siamo volontariamente imprigionati esistono ancora spazi verdi e liberi in cui evadere. Più o meno quello che ho inserito nelle “Istruzioni per l’uso” contenute all’interno del file…

“L’intenzione è di tenersi il più lontano possibile dal traffico veicolare e dai suoi pericoli, anche a costo di ricercare passaggi semisconosciuti ai margini del tessuto urbano, trovare varchi nelle reti, cancelli aperti ed altri escamotage di questo tipo. Quello che si rende disponibile in questa raccolta di tracciati è una rete dei sentieri effettivamente percorsi nel corso degli anni, nelle diverse edizioni del “giro del GSA” che ho avuto occasione di guidare. “Sentieri effettivamente percorsi” non significa necessariamente che siano facilmente e comodamente percorribili, il G.S.A. nasce con l’idea dell’avventura, e va ribadito che esula dalle possibilità e dalla volontà degli autori garantire che tutto quello che è stato tracciato e percorso in passato possa esserlo ancora in futuro, che le tracce attraversino effettivamente parti di territorio destinate all’uso pubblico, che i cancelli aperti ed i varchi nelle reti di recinzione siano realmente frutto di un uso consolidato che ne giustifichi la percorrenza. In sostanza il G.S.A. afferma che “noi ci siamo passati”, e come noi probabilmente potranno farlo altri. Al tempo stesso non possiamo né vogliamo assumerci la responsabilità di consigliarvi di farlo e garantire il successo dell’impresa. Sennò che “avventura” sarebbe?

L’idea, nel frattempo, ha camminato da sola, al punto che ora me la trovo riproposta nei piani di sviluppo comunali della ciclabilità… e con un nome diverso! Nei progetti dei nostri amministratori è diventato a mia insaputa G.R.A.C. – Grande Raccordo Anulare della Ciclabilità, rimandando già nel nome (onomatopeicamente sgraziato) più all’idea di grandi arterie di scorrimento perennemente intasate che ad una fuga nella natura alla scoperta dell’ignoto. Dichiarazioni alle quali perfino il quotidiano La Repubblica, da sempre attento alla vitalità del movimento cicloambientalista romano, ha sentito la necessità di rettificare.

Ma se G.R.A.C. deve essere, allora G.R.A.C. sia. Un anello infrastrutturato, segnalato e ben mantenuto, asse portante di una mobilità quotidiana che nel nostro paese stenta ad affermarsi, capace di consentire anche ai ciclisti meno avventurosi di passare una giornata immersi in qualcosa di non immediatamente identificabile con la città che conoscono, catalizzatore di un turismo internazionale colto e rispettoso dell’ambiente che guarda alla ciclabilità con sempre maggior interesse. Un anello ciclabile ben fatto e comodamente percorribile alla nostra martoriata città non può fare che bene.

E pazienza se, alla fine di tutto, del reale ideatore si ricorderanno solo gli amici più stretti ed i compagni di pedalate. Da questo paese, da questa classe politica e da quelli che l’hanno eletta, dubito che ci si possa ragionevolmente attendere di più.

UPDATE (2013): il materiale aggiornato sul GSA è ora reperibile sul relativo blog.

La caduta


La caduta in bici di martedì scorso, ad una settimana di distanza, assume connotati diversi e progressivamente meno rassicuranti. Niente di rotto, questo è stato il primo pensiero. Faccia gonfia, un paio di dita doloranti, un occhio nero. Niente di che, però…

Però c’è di mezzo un trauma non da poco. L’incidente, in sé, è stato abbastanza stupido. Con la bici nuova ho imboccato un prato in discesa, e mentre stavo sfrecciando sull’erba mi sono ritrovato davanti alle ruote un tubo di gomma messo in diagonale, che non sono riuscito a scavalcare. Le ruote ci sono slittate sopra ed ho fatto un capitombolo.

Di questa caduta, e di tutta la dinamica dei fatti dal momento in cui ho provato a saltare sopra il tubo, non ho ricordi. Quando ho ripreso conoscenza è stato come svegliarmi da un sogno. Ero seduto ed avevo intorno diverse persone che prima non c’erano: amici che stavamo andando a raggiungere quando ci siamo mossi poco prima della caduta.

Sono svenuto? No, e questa è forse la nota più inquietante. Racconta un ragazzo inglese che era con me che sono stato seduto forse una decina di minuti in stato confusionale, guardandomi intorno e chiedendo ripetutamente cosa fosse successo. Dieci minuti di cui non ricordo nulla. Sono tornato lucido in tempo per camminare fino all’ambulanza che era nel frattempo arrivata, e che mi ha poi trasportato al pronto soccorso.

Lastre alle mani, tac al setto nasale, niente di rotto. Dimesso dopo i controlli me ne sono tornato a casa da solo, con la metropolitana, per fare prima ed anche un po’ per rientrare al più presto nella "normalità".

Adesso, però, ad una settimana di distanza, gli "acciacchi" non sono ancora del tutto rientrati. La faccia è tornata quasi normale, dopo tre giorni di naso gonfio e dolorante ed un occhio nero che ha fatto capolino dopo un po’. Ma un dolore fastidioso al retro del collo, ormai quasi passato, ha ribadito il rischio di eventualità sicuramente peggiori.

Superato il momento in cui è essenziale rassicurarsi di stare bene si è fatta largo la riflessione su cosa sarebbe potuto accadere, ed il pessimismo ha preso a disegnare scenari tragici. Cadendo diversamente avrei potuto rompermi il proverbiale "osso del collo", restando paralizzato? La botta alla testa poteva causarmi una "perdita di lucidità" più prolungata, o un danno cerebrale permanente?

Ieri, tornato in ufficio, ho trovato una notizia terribile ad attendermi: una ciclista che si stava allenando per una gara, sui sentieri di Monte Cavo, è stata sbalzata dalla bici ed è morta, probabilmente per frattura dell’osso del collo, sotto gli occhi del marito.

Poteva succedere anche a me? Non so, forse… Preferisco non saperlo. Il mio commento sul forum ha evocato "l’idea di esser stato nuovamente sfiorato da qualcosa di nero ed orribile, ed ancora una volta lasciato andare". Non siamo indistruttibili, non siamo immortali, siamo forse più fragili di quanto si sia disposti ad ammettere.

Ieri sera, però, ero di nuovo in bici, nello stesso parco, con diverse delle persone presenti la scorsa settimana. Siamo andati un po’ in giro, ho fatto alcune delle discese "tecniche" proposte dalla guida, altre le ho evitate. Siamo anche tornati a dare un’occhiata al tubo, che sta sempre là, in attesa di nuove vittime. La vita continua, con un briciolo di prudenza in più.

Quello che sono solito dire, a chi mi rimprovera comportamenti "spericolati" alla guida della bicicletta, è di esser sempre caduto "troppo poco" per spaventarmi davvero. Ora spero di far tesoro di questo incidente, e non dimenticarmene troppo presto… anche se, conoscendomi, non sarà facile.

Da oggi ridivento Marcopie

Costretto a casa da una caduta in bici (niente di grave, contusioni e temporanea perdita di lucidità… che già del suo mi difetta) ho deciso di affrontare una questione da lungo tempo rimandata.

Il "nick" Pierfranco che ho usato fin qui appartiene ormai ad un periodo lontano, che non rimpiango ma che mi ha lasciato in bocca un retrogusto amaro. Da diversi anni su altri forum mi firmo Marcopie, e penso che sia più semplice, per tutti quelli che frequentano il mondo delle biciclette e dell'astronomia, a Roma e dintorni, identificarmi con un unico riferimento.

In buona sostanza non cambia assolutamente nulla, né per il blog né per chi lo segue e lo seguirà, penso che se non ve lo avessi detto qui nemmeno ve ne sareste accorti.