
Da qualche settimana ho preso a frequentare quotidianamente il sito web “Astronomy Picture of the Day” della NASA (l’ente spaziale americano). “APoD” pubblica ogni giorno una foto di interesse astronomico, corredata da una breve descrizione a cura di astronomi professionisti. Le foto possono essere molto tecniche, o di cultura generale, ma ugualmente sempre interessanti.Ne parlo oggi perché la foto che ho trovato pubblicata questa mattina mi ha lasciato di sale, ed il commento sottostante ancora di più. Dal momento che è in inglese mi do pena di tradurvelo per una miglior comprensione.
Cielo notturno protetto sopra Flagstaff
Questo cielo è protetto. Proprio ieri si è commemorato il 50° anniversario della prima “Ordinanza sull’Illuminazione” mai emessa, che vietò alle luci fotoelettriche pubblicitarie di spazzare i cieli notturni sopra Flagstaff, in Arizona. Flagstaff gode ora dello status di “Prima città internazionale dal Cielo Oscuro”, e mantiene una legislazione sull’illuminazione tale da limitare fortemente le luci artificiali dall’inquinare la maestosa visione del cielo notturno. Il cielo sopra Flagstaff non solo consente agli astronomi del locale osservatorio di esplorare i segreti del Cosmo, ma consente agli appassionati di astronomia di godere uno spettacolo contemplato in passato da ogni precedente generazione umana. L’immagina qui sopra, ripresa in direzione nord-est, è stata ripresa due settimane fa alle 3.00 di mattina da Fort Valley, a soli 10 km dal centro di Flagstaff. Nella parte bassa dello spettacolare panorama sono i San Francisco Peaks, incappucciati da una nube lenticolare. Più lontano il piano della Via Lattea si distende dall’angolo in basso a sinistra a quello in alto a destra, illuminato dalle costellazioni di Cassiopea, Cefeo ed il Cigno. In basso a destra la nebulosa Nord America è visibile appena sotto la brillante stella Deneb.
Un cielo simile a questo (le costellazioni erano necessariamente diverse) l’ho visto solo una volta in vita mia, lo scorso autunno da un deserto del Sudafrica. Il motivo è presto detto, i nostri sistemi di illuminazione notturna disperdono verso l’alto una grossa parte della luce prodotta. Basta arrivare in aereo di notte sopra una città come Roma per rendersene conto, sembra di vedere un immenso lampadario ancorato al suolo.
Questa luce dispersa rappresenta non solo uno spreco immane, ma anche un danno culturale, dal momento che le nuove generazioni hanno perso ormai anche la memoria di cosa sia un cielo stellato. Ricordo il racconto di una mia amica che, durante un viaggio in Croazia (all’epoca un paese appena uscito dalla dittatura comunista, e quindi non ancora devastato dai malcostumi capitalisti), mi raccontò dello stupore al rendersi conto del fatto che la Via Lattea fosse visibile ad occhio nudo (sì, ho messo un link, perché ormai dubito che anche voi lettori sappiate di cosa sto parlando…).
“La prima notte pensavo fossero nuvole”, mi disse. “Ma se fossero state nuvole avresti visto una zona scura, non chiara”, obiettai. Lei ribatté: “Ma a Roma le nuvole di notte sono chiare”. Ed io: “Beh, non è una cosa normale. Sono chiare a causa della luce prodotta dalla città. Ed è anche il motivo per cui da Roma le stelle non si vedono più”.
Eppure io ho ricordi di cieli stellati visibili da una terrazza che affacciava sulla Stazione Termini, quando adolescente chiesi in regalo ai miei un telescopio. Non si scorgeva già più la Via Lattea, ma tante stelle sì, e nelle notti più scure ancora si intravedevano al telescopio ammassi globulari e piccole nebulose.
Erano gli anni in cui cominciai ad occuparmi di divulgazione, nacque l’Associazione Romana Astrofili e con essa la manifestazione “Al Pincio sotto le Stelle”. Ricordo le serate estive passate a sistemare gli strumenti, e a dare spiegazioni ai curiosi sugli oggetti che stavano osservando.
Quanto a quella manifestazione, smisi di parteciparvi all’inizio degli anni ’90, suggerendo che si ribattezzasse “Al Pincio senza le Stelle”, considerando che ormai se ne vedevano, si e no, una decina tra le più brillanti. E le cose negli anni sono ulteriormente peggiorate.
Oggi non solo le stelle non si vedono più, ma anche la terrazza del Pincio è sparita, devastata dai lavori di costruzione di un mega-parcheggio sotterraneo, a parere mio e di molti di dubbia utilità. Nel frattempo il mio telescopio ‘serio’, un 8″ a specchio, è chiuso nella sua scatola da almeno un paio d’anni e non so dire quando ne uscirà.
Ci fu un tempo, circa dieci anni fa, in cui si partiva in macchina con gli amici per raggiungere le montagne dell’Abruzzo, a caccia di cieli bui. Cento chilometri in auto da Roma, e l’opzione migliore era Campo Felice, con alle spalle la luce prodotta da L’Aquila, e a sud-est quella degli impianti di Telespazio, nella piana del Fucino.
Oggi, però, l’inquinamento luminoso diffuso è ancora aumentato, ed il sacrificio di arrivare tanto lontano non ripaga più. Gli impianti di illuminazione pubblici e privati sono fatti male, disperdono luce verso l’alto e sprecano energia inutilmente. Tutti si lamentano che le bollette sono care e le tasse elevate, ma a compiere gesti sensati e consapevoli deve sempre pensarci qualcun altro/a.
A Flagstaff, ad esempio. E buon per loro. Ma a fronte di un caso unico al mondo bisogna fare i conti col resto, che ci racconta di quanto la norma sia, dappertutto, la stupidità.
Recita l’epitaffio sulla tomba del filosofo Immanuel Kant: “Due cose in vita mi furono sommamente care: il cielo stellato sopra di me, la legge morale dentro di me”.
Magari sulla mia farò scrivere “Due cose in vita mi rattristarono: l’assenza di un cielo stellato sopra di me, l’assenza di una legge morale intorno a me”.