Stasera, mentre me ne tornavo a casa, un cortocircuito di idee mi ha suggerito che invece è la condizione normale del nostro esistere. Il contenuto della vasca è il nostro impatto sulle vite degli altri, la nostra presenza, quello che quotidianamente facciamo di sociale, quello che diamo. Il rubinetto siamo noi, che in misura minore o maggiore devolviamo parte della nostra vita e delle nostre energie al rapporto con gli altri. Il buco è il tempo, che lentamente cancella i ricordi, li fa sbiadire, li sposta in luoghi della mente dove è più difficile reperirli.
Così, ripensando ai lavori teatrali, alle uscite in bicicletta, alle tante parole lette, scritte e pronunciate, alle foto scattate e mostrate, ho percepito questo inesausto spendersi per comunicare, trasmettere, raccogliere e rielaborare.
Ed ovviamente il realismo mi impone di accettare che tutto questo che adesso è così importante, così essenziale, un giorno non lo sarà più. Che quello che oggi può interessare alcune decine di persone un bel giorno interesserà forse qualche studioso, o qualche pronipote, o forse nessuno del tutto. Che anche la memoria di chi siamo resterà, se va bene, in qualche banca dati, dimenticata.
Beh, pazienza, si vive una volta sola e non ci si può certo permettere di sprecare quest’attimo così intenso e fugace solo perché non ci è data "gloria imperitura", ammesso che questa definizione possa davvero significare qualcosa. L’unica sfida che vale la pena accettare è quella di provare a riempire la nostra personale "vasca" al livello più alto possibile.
Accidenti che profondità!
Penso che quando a mia figlia cominceranno a proporle questo tipo di problemi mi lamenterò per la sostenibilità dei problemi… hehehe
Magari proviamo a riempire la vasca non tanto al livello più alto possibile ma con i contenuti migliori che riusciamo a produrre.
E poi, condividendo una riflessione che avevo già avviato su questo tema, temo che la virtualità degli strumenti informatici non aiuti la conservazione della memoria, che è la base del progresso della civiltà. Diceva John of Salisbury che il progresso è un bambino sulle spalle di un gigante, che rappresenta la tradizione e l’esperienza passata. Fra 100, 200, 1000 anni esisteranno ancora i pc? che salti avrà fatto la tecnologia? io già ho difficoltà a vedere alcuni filmini in super 8 della mia infanzia o ad ascoltare alcuni nastri audio su bobina degli anni ’50 perché non si trovano più gli apparecchi adatti alla loro riproduzione. E presto spariranno i giradischi e i mangianastri a cassetta.
La mia soluzione, faticosa e dispendiosa dal punto di vista del tempo, è quella di ricominciare a scrivere, sì, con la penna, su un quaderno. Almeno carta e inchiostro, per essere letti avranno bisogno solo di un paio di occhi! Questi pensieri mi sono venuti in mente visitando la grotta di Lascaux, in Francia, dove sono perfettamente conservati i disegni rupestri dei nostri avi preistorici.
m
La generalizzazione non voleva scendere nei dettagli fino al livello qualitativo, davo per scontato che un contenuto “buono” lascia un segno maggiore (=vasca più piena) di tanti “cattivi”, quindi la mia esortazione equivale nella sostanza alla tua.
Il problema dei supporti, allo stato attuale, esiste, ma a mio parere non riguarda i formati digitali, almeno non nell’immediato. Nel futuro non ci saranno probabilmente più proiettori di pellicola e lettori audio a nastro magnetico, ma ci saranno lo stesso “0” e “1”, e tutto lascia intendere che i computers del futuro non avranno problemi a far girare i software attuali. Semmai c’è un problema di formati chiusi e proprietari, che restano legati al programma che li ha creati e possono risultare inusabili nel medio/lungo periodo per scelte commerciali… ma questo è un altro discorso. 🙂