A colloquio col Municipio X

Dopo mesi di attesa, finalmente la scorsa settimana sono stato chiamato a colloquio con i responsabili del X Municipio per discutere ed emendare la proposta di rete ciclabile cittadina (il famigerato Biciplan). L’incontro informale è consistito prevalentemente nel ragionare sulle potenzialità della bicicletta, sui diversi tipi di intervento operabili sul territorio e sulle priorità da dare alla futura rete. Ci siamo lasciati con l’accordo che gli avremmo fatto avere una bozza di “proposta integrativa”, che poi loro avrebbero valutato e, nel caso, sottoposto all’approvazione dell’ufficio comunale competente per la ciclabilità.

Dopodiché, tornato a casa, ho messo mano al pc, ho “razziato” un po’ di mappe da Google ed ho messo insieme la tavola che trovate in fondo a questo post. Manca tutta la parte a ridosso e fuori dal G.R.A. che si è presa in carico l’ing. Ortolani, ma ci sono i collegamenti con i municipi adiacenti. La bozza di proposta è strutturata su quattro livelli:

  1. in azzurro le piste esistenti, di cui alcune da recuperare
  2. in giallo i percorsi nei parchi, in larga misura già esistenti e solo da sistemare minimamente con segnaletica e varchi di accesso.
  3. in verde gli itinerari su vie secondarie, realizzabili con interventi leggeri di moderazione del traffico, o riusando spazi esistenti e trascurati (marciapiedi)
  4. in rosso gli itinerari su strade trafficate, che richiedono interventi più drastici, ma sono tuttavia necessari per colmare un vuoto di fruibilità e capillarità che si verrebbe altrimenti a creare

Entro la prossima settimana forniremo le nostre elaborazioni all’ufficio competente e ci accorderemo su una data per il prossimo incontro, in cui revisioneremo il tutto per la successiva consegna ai referenti comunali.

Se avete delle osservazioni/integrazioni/suggerimenti contattatemi privatamente o esponetele nello spazio dei commenti.

Clicca qui per vedere la mappa

Cicloappuntamenti

Negli ultimi tempi sto trascurando questo Blog, è una triste realtà ma devo prenderne atto. Non si tratta di cattiva volontà, è soltanto che sono preso dal solito milione di cose, ed anche qualcuna in più. In particolare sto cercando di far partire col piede giusto un nuovo progetto web riguardante la bicicletta a Roma.

In realtà l’idea di fondo ha già qualche mese. L’intenzione di far nascere un punto di "raccolta" di tutti gli appuntamenti romani riguardanti la bicicletta nasceva diverso tempo addietro, ed Enrico mi aveva aiutato a farla approdare sul sito dell’Associazione Ruotalibera, dove però non aveva raccolto interesse ed attenzione, e semmai qualche critica.

Eppure il vantaggio di avere sott’occhio l’intera situazione del "cicloattivismo" romano dovrebbe sembrare ovvia a tutti: maggiori possibilità per chi va in bici di trovare un appuntamento di proprio interesse, maggior interscambio di soci, conoscenze e competenze tra le varie associazioni, nascita spontanea di nuove aggregazioni cementate da affinità elettive.

Infatti uno spazio di questo tipo consente di offrire visibilità non solo a quelle iniziative che già hanno un radicamento storico, e che i ciclisti sono già abituati ad andarsi a cercare sui siti "istituzioniali", ma anche a proposte libere ed estemporanee che possono formalizzarsi da un giorno all’altro.

Il trampolino di lancio di questo nuovo modo, aperto e "slegato", di pedalare insieme potrebbe/vorrebbe essere il sito Cicloappuntamenti.splinder.com, che non è altro che un blog con "incastrato" un Google Calendar. Ecco, questo mi ha tenuto occupato nell’ultima settimana, e probabilmente mi occuperà anche nella prossima.

Problema: data una vasca…

"Problema: data una vasca di capienza X, piena per un terzo, con un rubinetto che ci versa TOT litri al secondo ed un buco dal quale escono N ettolitri l’ora, calcolare quanto tempo impiega la vasca a riempirsi".

Questo tipo di problema è già un luogo comune, quando c’è da parlar male dei compiti scolastici assurdi e degli esami improbabili molto spesso si ricorre a questa storiella della vasca che da un lato si riempe e dall’altro si svuota, proprio per evidenziare le situazioni improbabili che esistono solo nella fantasia di chi inventa i problemi matematici per la scuola. Ma è davvero una situazione così improbabile?

Stasera, mentre me ne tornavo a casa, un cortocircuito di idee mi ha suggerito che invece è la condizione normale del nostro esistere. Il contenuto della vasca è il nostro impatto sulle vite degli altri, la nostra presenza, quello che quotidianamente facciamo di sociale, quello che diamo. Il rubinetto siamo noi, che in misura minore o maggiore devolviamo parte della nostra vita e delle nostre energie al rapporto con gli altri. Il buco è il tempo, che lentamente cancella i ricordi, li fa sbiadire, li sposta in luoghi della mente dove è più difficile reperirli.

Così, ripensando ai lavori teatrali, alle uscite in bicicletta, alle tante parole lette, scritte e pronunciate, alle foto scattate e mostrate, ho percepito questo inesausto spendersi per comunicare, trasmettere, raccogliere e rielaborare.

Ed ovviamente il realismo mi impone di accettare che tutto questo che adesso è così importante, così essenziale, un giorno non lo sarà più. Che quello che oggi può interessare alcune decine di persone un bel giorno interesserà forse qualche studioso, o qualche pronipote, o forse nessuno del tutto. Che anche la memoria di chi siamo resterà, se va bene, in qualche banca dati, dimenticata.

Beh, pazienza, si vive una volta sola e non ci si può certo permettere di sprecare quest’attimo così intenso e fugace solo perché non ci è data "gloria imperitura", ammesso che questa definizione possa davvero significare qualcosa. L’unica sfida che vale la pena accettare è quella di provare a riempire la nostra personale "vasca" al livello più alto possibile.

Ciclopicnic al lago di Chiusi

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Lo scorso fine settimana lo abbiamo passato a pedalare con un po’ di amici fra Umbria e Toscana, dalle parti del lago di Chiusi, dove anni fa i genitori di Manu hanno ristrutturato una casa in un piccolo borgo di nome Cimbano.

Il resoconto del weekend, con tanto di foto, lo trovate su RomaPedala. Per solito questo tipo di racconti fotografici li pubblico anche qui, ma stavolta mi è sembrato che lo stile di narrazione fosse "poco privato", non so come spiegare… se avessi voluto pubblicarlo su "Mammifero Bipede" lo avrei scritto in una forma diversa.

E così oggi ho realizzato un concetto nuovo: c’è blog e blog. E scrivere su un blog pubblico e collettivo è diverso dallo scrivere su un blog personale. Buono a sapersi.

Bike sharing

In questa grigia e piovosa mattina di novembre apprendo della decisione del Comune di Roma di offrire, come Parigi, un servizio di bike sharing ai cittadini ed ai turisti. Nonostante tutti gli anni passati in attesa di un cambiamento, un po’ come Giovanni Drogo nella fortezza, all’improvviso sento ancora la voglia di sperare che funzionerà, e che davvero tutto, o quasi tutto, potrà cambiare, di qui a poco. Come se, in barba alla pioggia battente, dentro di me un timido raggio di sole si fosse fatto strada illuminando un pezzettino di futuro.

Road to Nowhere

“C’era una volta l’associazione Ruotalibera“… così potrebbe iniziare una fiaba moderna, e continuare spiegando che ne ero il presidente, che poi sono successe diverse cose, ecc. ecc. In realtà l’associazione Ruotalibera c’è ancora, ma ecco, non è proprio esattamente la stessa cosa. Questo brevissimo cappellotto introduttivo serve a contestualizzare le mie riflessioni sulla serata di ieri.Ieri sera, infatti, dopo giorni di discussioni abbastanza animate (per usare un eufemismo) sulla mailing-list dei soci, mi sono recato alla prima riunione del neoeletto Consiglio Direttivo dell’associazione. L’assemblea annuale, alla quale per diversi motivi non avevo partecipato, si era infatti riunita giovedì scorso per eleggere un nuovo CD, dopo la spaccatura prodottasi in quello precedente.

Inutile star qui a rivangare la cronologia dell’astio e dei malumori sorti in quest’ultimo anno, basti far presente che, su sette membri del CD eletti l’anno prima, uno ha formalmente rassegnato le dimissioni dopo pochi mesi ed altri tre hanno scelto di non ricandidarsi. Dopodiché si è fatto in modo di eleggere un nuovo CD meno eterogeneo, risultando però rappresentativo di una sola parte dell’associazione.

In tutto questo periodo la mia posizione è stata di critica nei confronti del degenerare della situazione, ho lamentato una insufficiente capacità di ascolto e di dialogo, ma devo ammettere con scarsi risultati. Chi non ascoltava gli altri non ha voluto ascoltare neppure me, anzi, ha preso le mie osservazioni come un attacco personale, provvedendo a “contrattaccare”.

Sicché ieri sera, per me, partecipare alla riunione è stato un po’ come andarsi a cacciare “nella tana del lupo”, e la mia decisione deve aver spiazzato diverse persone. Forse volevo solo dimostrare la capacità della volontà di dialogo, e cercare di superare attraverso il confronto le differenze di vedute. O forse semplicemente non volevo accettare il fatto che la situazione fosse ormai degenerata fino ad essere irrecuperabile.

Mi ero preparato ad argomentare, rigirandomi in testa ragionamenti su tutto quanto era successo, sul perché e sul percome, mi aspettavo in fondo un confronto chiaro e sereno, per quanto possibile, o almeno una discussione accalorata.

Invece non è successo niente di tutto ciò. Sono stato accolto cordialmente ed in un’atmosfera di serena convivialità, ma gli argomenti che mi stavano a cuore, e che mi aspettavo stessero a cuore anche agli altri non sono stati minimamente affrontati. Me ne sono stato silenzioso in un angolo del tavolo, ad ascoltare svilupparsi i vari punti dell’ordine del giorno, la discussione sul nuovo presidente, la suddivisione degli incarichi, con un senso di trasognata irrealtà.

Verso le 23.30, dopo essere brevemente intervenuto su non più di due o tre punti, ho salutato e me ne sono andato, più che altro per la lunga strada che mi aspettava per il rientro, con la testa piena di dubbi: ho assistito ad una riunione “strana”, oppure è solo la mia situazione contingente, più fuori che dentro, che me l’ha fatta vedere così?

Esiste un rimosso collettivo rispetto alle vicende dei due anni appena trascorsi, oppure è solo la mia percezione di quei disagi ad essere più intensa? Si è stati davvero per tutto il tempo a discutere di “forma”, ignorando la “sostanza”, oppure era la norma in tutte le riunioni degli anni passati, ed ero io a non rendermene conto?

Tornando a casa mi sono sovvenute le parole di una vecchia canzone dei Talking Heads, inaspettatamente capaci di descrivere, con una precisione sconcertante, le sensazioni che la riunione mi aveva lasciato.

“Well we know
where we’re goin’
but we don’t know
where we’ve been
and we know
what we’re knowin’
but we can’t say
what we’ve seen
and we’re
not little children
and we know
what we want
and the future
is certain
give us time to
work it out”

Sulla narrazione

Molte delle domande che mi vengono poste, da un po’ di tempo a questa parte, riguardano il blog. Sempre più spesso, infatti, quando mi si chiedono informazioni su un viaggio che ho fatto, su un libro che ho letto, sui laboratori teatrali che frequento, oltre a rispondere nel merito tendo ad aggiungere "se vuoi saperne di più ne ho scritto sul mio blog", e a questo punto quelli che hanno poca familiarità con internet finiscono col domandarmi cosa sia un blog, ed una volta compresa, per grandi linee, la funzionalità dello strumento software, "che senso abbia".

Questa è sicuramente la parte più difficile: spiegare cosa spinge una persona a lasciare parole, pensieri, idee, su una pagina web… Ma forse ieri mi è sovvenuta una risposta interessante: il blog fa parte della narrazione che l’umanità fa di sé stessa, ed in quanto tale attiene alla sfera cognitiva collettiva. È indubbiamente una definizione che merita un ulteriore approfondimento.

Partirò quindi dall’ultimo romanzo di Ursula K. Le Guin, "La salvezza di Aka", pubblicato nel 2002 da Mondadori (e che, scopro ora, ha addirittura una sua pagina in wikipedia). Romanzo strano, di difficile classificazione come tutti i lavori (o forse dovrei dire capolavori) della Le Guin, in cui la vicenda si impernia su una ricercatrice/diplomatica inviata su un mondo lontano per guidarne l’ingresso nel consesso dei mondi popolati da umani, e qui realizza che l’avanzamento del progresso tecnologico sta facendo tabula rasa del passato, della storia, delle tradizioni, di tutto, procedendo ad un’omologazione devastante.

Nel dettaglio la protagonista scopre che l’intera cultura di quel mondo era in passato basata sulla "narrazione", forma di racconto scritto operata su tutte le superfici disponibili: carta, ma anche pareti, soffitti, mobili, ovunque… storie vere, inventate, aforismi, racconti, contornavano ogni spazio privato e/o pubblico, scritti antichi ma anche continuamente aggiornati. Tutto questo andava rapidamente svanendo sotto la calce e la vernice, in omaggio ai diktat della sorgente tecnocrazia.

Devo ammettere che anche per me è risultato un romanzo talmente spiazzante da farmelo, lì per lì, sottovalutare, ma come ogni opera veramente importante ha gettato semi che a distanza di molto tempo stanno ancora germogliando.

Ad una lettura semplicistica mi è sembrata una trasposizione in chiave metaforica della "Rivoluzione Culturale" cinese degli anni ’70 (i cui devastanti effetti ho avuto modo di comprendere meglio nel corso del viaggio di quest’estate in Albania), ma in realtà è molto di più, e ci racconta di come, collettivamente, elaboriamo una comprensione del mondo.

Wikipedia cita una frase presa dal libro: "Se non raccontiamo il mondo, noi non conosciamo il mondo. Ci perdiamo nel mondo, moriamo."

Ecco, ieri, forse, ho realizzato il reale significato di questa frase, o meglio l’ho agganciata definitivamente al mio mondo, al mondo in cui vivo. Ed ho compreso che scrivere un blog non è probabilmente diverso dal comporre un romanzo di fantasia, dall’effettuare una cronaca giornalistica, dal raccontare una fiaba ad un bambino, dall’intrattenersi con gli amici, dal parlare, dallo scrivere, dal dipingere, dal filmare…

Sono tutti modi che utilizziamo per descrivere il mondo. E, nel raccontarlo, per comprenderlo. Tutto quello che chiamiamo "cultura" fa parte della nostra "narrazione" del mondo, indispensabile all’elaborazione ed alla comprensione di ciò che ci circonda, come singoli e come collettività.

Come tutte le descrizioni del mondo anche questo mio piccolo contributo, questo blog, ha limiti e potenzialità, io spero che serva ad estendere un po’ di più i confini che il mondo ha per me e per tutti quelli che lo leggeranno, ad esplorare idee, concetti, a fornire chiavi di lettura ed interpretazione diverse dalle solite.

Perché davvero il mondo è grande, sconfinato, ma se non ce lo raccontiamo finirà che non lo scopriremo mai.