Durazzo, fine del viaggio

22 agosto
Tappa finale, che potremmo definire "di trasferimento". Dalla quarantina di chilometri della tratta Kruja-Dürres (Durazzo) non ci aspettiamo granché, e non tardiamo ad avere riscontro delle nostre scarse aspettative. Rifacciamo all’indietro la strada di due giorni prima fino a Fushë-Krujë, ideale monumento alla mobilità insostenibile, e pochi chilometri più in là confluiamo in una superstrada-autostrada che resterà tale fino a Durazzo.

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Tra il rumore ed il traffico incessante non è certo un modo piacevole di viaggiare in bicicletta, ma abbiamo visto di peggio. Rispetto alla terribile Valona-Fier la sede stradale è ampia e consente agli autoveicoli di sorpassarci a debita distanza. A tratti riusciamo perfino a pedalare sulla corsia di emergenza, fuori dalla sede stradale.

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Scatto un paio di foto (le due qui sopra) dalla bici in corsa, mentre sto per riporre la fotocamera nel marsupio una stele funeraria mi viene incontro, e fotografo al volo anche quella.

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È incredibile il numero di lapidi che si possono incontrare sulle strade dell’Albania, caduti di una guerra infinita denominata "motorizzazione di massa", in cui spesso le vittime ed i carnefici si identificano. Queste tre foto sono per me sufficienti a raccontare l’intera pedalata.

Durazzo, nonostante la cattiva fama dei porti di mare, appare una città abbastanza ordinata e pulita, almeno nelle sue vie più centrali.

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L’attività portuale, dopo la caduta del regime, deve aver portato parecchi soldi nelle casse della città, favorendo la crescita di numerosi condomini ed alberghi a fronte mare, cresciuti come funghi senza le necessarie precauzioni ambientali. Quando ci spostiamo sulla spiaggia per rinfrescarci con una bibita fresca questo è lo spettacolo che ci si para di fronte.

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L’acqua è marrone, e gli "effluvi" che ci raggiungono sono inequivocabili. Il termine "depuratore" non ha probabilmente alcuna traduzione in lingua albanese. Lasciamo frettolosamente la neo-battezzata "Merda Beach" per pranzare con una "pita" all’ombra degli alberi di un piccolo parco.

La mia ripugnanza per la cementificazione frettolosa e dissennata del territorio finisce con l’inquinare anche le poche foto che scatto ai monumenti storici. Qui immagino l’eroico partigiano dare l’allarme per la mostruosa sagoma del palazzone che incombe al di sopra dell’antico castello.

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Qui invece lo vedo costretto alla fuga di fronte all’avanzata inarrestabile del cemento armato.

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Dopo pranzo, nell’attesa dell’imbarco serale, ci muoviamo a visitare la città. Cominciamo dalla moschea, di fronte alla quale troviamo questa piazza, moderna ma non sgradevole.

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Le linee della "torre" di fronte a noi rimandano ad un gusto arabeggiante, e ci rammentano una volta di più come l’Albania sia per certi versi un avamposto musulmano nel bel mezzo del mediterraneo, terra a rischio di lacerazioni a causa di volontà egemoniche reciprocamente conflittuali. Con questi pensieri in testa entriamo nella moschea.

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Di tutte quelle visitate fin qui questa è la più grande, ricca e moderna, ma è anche desolatamente vuota. A differenza delle altre qui nessuno è in preghiera. La moschea grande di Durazzo condivide il destino di tanti luoghi di culto figli della modernità che, anche da noi, assolvono il compito di ospitare folle numerose durante i giorni festivi, ma che poi finiscono col risultare freddi, inospitali e deserti per tutto il resto del tempo.

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Dietro la moschea c’è un anfiteatro romano in fase di recupero e restauro. Il tabellone ci informa che in buona parte il progetto degli scavi è seguito da archeologi italiani.

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Nel frattempo si fa sera, la batteria della fotocamera (che a Kruja ho dimenticato di ricaricare) esala l’ultimo respiro, resistendo però eroicamente fino a quest’ultimo scatto che mostra il corso principale, pedonalizzato dalla metà del pomeriggio, con la folla dello "struscio" serale.

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Al momento dell’imbarco, quando ormai tutto sembra filato liscio come l’olio, c’è il "colpo di coda" della vacanza che sembra rimettere tutto in discussione. Manu mi guarda stravolta e mi dice: "il traghetto è già partito, l’abbiamo perso!"

È successo che il traghetto per Pescara, che dovevamo prendere solo noi due, partiva due ore prima di quello per Bari, sul quale avrebbero viaggiato i nostri amici pugliesi. Giovanni non si è ricordato di questa differenza di orari, né d’altro canto a me e Manu è venuto in mente di verificare controllando i biglietti… per cui rischiamo di restare a terra.

Invece il cortesissimo ragazzo della biglietteria (che già stava chiudendo per andarsene a casa), impietosito dalla nostra situazione, riaccende il computer, si riconnette al sistema centralizzato di emissione biglietti (dopo non pochi minuti di patema durante i quali sembra che la connessione non si riesca a ristabilire), e ci rimborsa la quota spettante per l’annullamento.

Con quei soldi ci trasferiamo al botteghino dirimpetto, dove acquistiamo "last minute" due biglietti sul traghetto per Bari. Sono gli ultimi scampoli di un trasporto già pieno: a Manu tocca una cuccetta "donne" di seconda classe, a me di prima. Ci imbarchiamo insieme agli altri in questa inattesa proroga dei saluti finali.

23 agosto
La mattina dopo siamo tutti sui ponti, a guardare la costa italiana che si avvicina.

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Il ritorno a casa fa sempre uno strano effetto. Scendiamo a Bari e ci muoviamo in bici verso la stazione ferroviaria. Guardiamo l’Italia come se la vedessimo per la prima volta, dopo tutto il tempo passato in Albania ci pare strana. 

Mauro mette a fuoco questa sensazione con una frase che segna, almeno per me, un ideale punto di sintesi dell’intera vacanza: "Ehi, sembra la Svizzera!"

Ed è vero. Dopo due settimane in Albania perfino Bari ci sembra "la Svizzera". Adesso siamo in grado di guardare alle cose di tutti i giorni con occhi diversi…. e non è forse questo, in fondo, il senso vero del viaggio?

13 pensieri su “Durazzo, fine del viaggio

  1. Ciao Marco, un bellissimo racconto! L’ha letto anche mia moglie ma non crede una parola di quello che hai detto, perchè ci conosce tutti quanti e non le sembra possibile che non ci siamo fermati al primo bar a Saranda con le biciclette buttate sul pulmino fino a Durazzo.

    Saluti a Manu

    Mauro D.

  2. Ciao a Mauro e a tutti i Cicloamici di
    Mesagne che ci hanno calorosamente accolto nel loro gruppo per condividere l’avventuroso viaggio in Albania.
    Confermo che abbiamo fatto il percorso in bicicletta tutti, tranne piccole pause di alcuni per brevissimi tratti!
    La descrizione del viaggio è stata fatta abbondantemente da diversi di noi, in questo blog e nel sito dei Cicloamici.
    Posso solo dire anzitutto che non so ce l’avrei fatta senza la forza e l’entusiasmo dell’intero gruppo, fondamentale per affrontare le difficoltà e condividere le ricchezze di questa terra.
    Di fatto è un viaggio difficile, non si tratta di sicuro di una vacanza, ma se ne esce (per modo di dire) rinnovati con prospettive e sguardi sulla vita diversi (Bari in effetti, come altre città d’Italia sembrano la Svizzera a confronto!). Degrado e fatiscenza convivono con paesaggi bellissimi e spaccati di vita rurale autentica.
    L’Albania è così: mille contraddizioni e sensazione di caos in un paese che di fatto esplode di vita.
    I loro sorrisi generosi nei nostri confronti però sembrano spegnersi quando da Durazzo molti di loro rientrano nel nostro paese ed un velo di diffidenza sembra di nuovo stendersi sui loro volti.
    Difficilmente dimenticherò questa esperienza.
    Un saluto a tutti: la nostra (anche mia!) super presidentessa Anna Rita, il gentile consorte Giovanni, le punte di diamante della contabilità Mauro e Mimmo, il grande ballerino Adriano, l’inossidabile Baldo ed il sempre vigile Angelo, ma soprattutto l’invincibile famiglia Licciulli che mi ha dato la possibilità di conoscere una irresistibile e dolcissima bambina, Sara.
    A presto.
    Un abbraccio
    Emanuela

  3. salve, sono incappato per caso nel tuo blog e mi sono letto (quasi) tutto il racconto. forse hai soddisfatto alcune mie curiosità e sopratutto una: l’albania è un posto dove si possa andare a trascorrere una vacanza? probabilmente sì, trovando un bel posto di mare e degli amici albanesi. comunque complimenti per il bellissimo giro, mi piacerebbe sapere dove stai progettando di andre la prossima volta.
    giovanni

  4. l’albania è un posto dove si possa andare a trascorrere una vacanza?

    Beh, molto dipende dall’idea che hai tu di “vacanza”… 🙂
    Se cerchi un bel mare ed hai spirito di adattamento l’Albania fa per te, anche se non lo definirei un paese con un’offerta turistica “matura”, dove manderei a occhi chiusi chiunque.

    C’è il limite della lingua (molti parlano solo albanese, o greco, o qualche altra lingua balcanica), ed anche il fatto che in molti posti piccoli non sono abituati a gestire dei turisti che non siano “locali”. A parte questo si spende pochissimo, il mare è splendido ed è relativamente vicina.

  5. Davvero un bel viaggio…
    Davvero un bel diario, come sempre ricco dei particolari giusti.
    Ho anche io un amico albanese, probabilmente l’ho convincerò un giorno a portarmici.

    Un bel pò che non passavo da queste parti. Saluti.

  6. Un commento te lo devo, visto che negli ultimi giorni appena acceso il pc il primo link che cliccavo era quello sul tuo blog, per seguire la descrizione in differita della tua vacanza. Più che un diario hai scritto una lunga riflessione su un paese che dista poche miglia marine dalla Puglia e anni luce da quella che noi ci ostiniamo a chiamare civilità occidentale. Ti ringrazio perché seguendo le tue riflessioni ho molto pensato: di noi, del nostro paese, del nostro concetto di accoglienza, dell’idea astratta di “sviluppo sostenibile” e di economia di mercato, e dei tanti altri temi che con discrezione hai inserito nel racconto.

    E poi un complimento particolare per le foto. Mi picco con presunzione assoluta (e altrettanta assoluta carenza di conferme esterne alla cerchia familiare e di amici) di essere un bravo fotografo, e quando vedo delle belle foto scattate da altri sento una farfalla antipatica che svolazza nella pancia. Guardando il tuo reportage ho sentito nella pancia un intero sciame di farfalle in piena libertà! Le foto, per quello che si può apprezzare nella versione light pubblicata sul bolg, sono tecnicamente corrette, ma soprattutto hanno tutte qualcosa da dire.
    Al prossimo. Ciao.
    Magociclo

  7. Ti ringrazio di tutto quello che hai scritto, non sembri una sciocchezza ma davvero chi scrive un blog non ha riscontro se non attraverso i commenti dei lettori.
    Sulla fotografia ho dato un’occhiata al tuo blog (a proposito, quando si apre un blog bisogna avvisare! io l’ho scoperto solo oggi…) e le foto che hai messo su, anche se piccole, mi sembrano ben inquadrate e leggibili.
    Per quelle mie sull’Albania ti segnalo che puoi cliccarci su e verrai rimandato alla pagina di Flickr, dove è possibile vederle in formato 1024×768, che è il massimo consentito per un account gratuito.

    P.s.: è’ da un bel po’ che ho voglia di tenere una serie di incontri sulla fotografia, spero tra autunno ed inverno di trovare una sede ed il tempo per seguirli.

  8. a me sembra che hai parlato piu in negativo che in positivo dell’albania…e poi non è vero che in albania conoscono solo il greco e l labanese…innanzitutto l’italiano lo capiscono tutti..seconda cosa i giovani l’inglese lo parlano molto bene..
    –Del tuo racconto sono d’accordo solo sul fatto che c’è uno sviluppo edilizio senza un piano preciso–
    ma Valona saranda e tutto il sud non lhai visitato?
    -gjergj-
    ah..complimenti per le foto..

  9. Ciao gjergj
    Mi dispiace se hai avuto l’impressione che abbia “soprattutto” parlato male dell’Albania. Forse non hai letto le altre pagine del racconto di viaggio (altrimenti non ti chiederesti se ho visitato il sud…) per cui ti consiglio di seguire il link Continua alla fine del post per leggere gli altri.
    Ho scritto una cronaca per ogni tappa. Il link di questa pagina ti porterà al post scritto appena rientrato a casa, a caldo, in fondo a quello troverai il link alla prima tappa (da Roma via Brindisi, quindi Valona, fino a Ksamil, a sud di Saranda), e via così da una tappa all’altra.
    Probabilmente sei capitato sulla tappa più brutta di tutto il viaggio (e lo è stata!), perché per altri versi non mi sembra di averne scritto così male…
    Considera anche che per solito sono molto critico anche nei confronti del mio stesso paese, l’Italia, che ha tantissimi difetti e da cui gli albanesi stanno copiando anche molte cose che reputo pessime. In pratica quasi tutte le cose che critico dell’Albania le critico anche, e molto più ferocemente, dell’Italia.
    Più ferocemente perché riconosco al vostro paese di essere vissuto per decenni sotto una cappa di piombo, isolato dal mondo, mentre il mio ha avuto tutte le possibilità di svilupparsi e crescere decentemente, e non l’ha fatto.
    Magari, se ti va, leggi il resto del racconto e fammi sapere il tuo parere.

    P.s.: nei prossimi mesi, a Roma, faremo una serata pubblica in cui proietterò tutte le foto del viaggio (non solo quelle che ho messo on-line, che pure sono parecchie) e ne racconterò. La data non è ancora decisa, ma se capiti da queste parti considerati invitato.

  10. Sono albanese, ho letto attentamente il tuo diario di questo viaggio in Albania. Concordo pienamente con te.. Hai scritto ciò che hai visto, stando attento a non esagerare. Dobbiamo avere presente che la povertà crea la sua “cultura”…Ci vuole tempo a cambiare le cose…Noi albanesi, ma credo ogni persona civile che conosce minimamente questo paese, auspica di vederlo bello, ordinato e benestante. Mi fa piacere che persone come te vanno a visitare il mio paese e con la loro visione, gli apprezzamenti e critiche possano contribuire al meglio, per far si che le cose cambino. Con rispetto per te e quello che hai scritto e fotografato….Dake.

  11. Ti ringrazio per aver letto il mio racconto. Il problema più grande, quando si viaggia in un altro paese e si incontra un’altra cultura, è sempre quello di riuscire a togliersi gli “occhiali deformanti” della propria, cosa che per noi italiani è sempre molto difficile.
    A distanza di due anni questa parte del blog è parecchio visitata, in molti arrivano dai motori di ricerca digitando i nomi delle città albanesi, probabilmente tuoi conterranei trasferitisi in Italia in cerca di lavoro.
    La cosa che mi dispiace di più è il cattivo esempio che state prendendo da noi italiani. In quarant’anni siamo stati capaci di massacrare il nostro territorio a furia di tirar su palazzi e villette, ed è lo stesso processo che ho visto in atto in Albania.
    E’ verissimo quello che scrivi: “la povertà crea la sua cultura”, si rincorre sempre quello che non si ha, tutto quello che è nuovo e costoso sembra bello anche solo perché è qualcosa che prima non potevi avere. Poi si diventa “ricchi” (e il nostro è un paese ricco che nemmeno si rende conto di esserlo) e ci si rende conto che quello che una volta sembrava tanto bello è in realtà pacchiano, grossolano, invadente, e per averlo abbiamo sacrificato cose che nella loro semplicità erano molto più belle e vere.

    Ieri ero con un mio amico che indossava una maglietta con la scritta “Faccio un lavoro che non mi piace per potermi comprare cose che non mi servono”. Penso che questa frase rappresenti fedelmente il tempo presente.

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