Da un po’ seguo via feed RSS il blog Scienza in cucina di Dario Bressanini che sviluppa tematiche scientifiche legate ai cibi. Ho trovato decisamente interessante, oltreché molto chiaro e ben esposto, un post sui cibi OGM, dei quali si parla molto spesso senza cognizione di causa.
Ho trovato altresì interessante la discussione che ne è seguita nello spazio dei commenti, ma alla fine ne sono rimasto insoddisfatto per una certa superficialità nell’affrontare unicamente su un piano scientifico temi che invadono l’ambito etico/morale, così ho aggiunto anche il mio commento, e già che ci sono ve lo ripropongo pure qui. Manca, è vero, il resto della discussione (ma se volete la trovate in coda all’articolo, seguendo il link) tuttavia mi sembra che gli argomenti vengano esposti in forma sufficientemente autocoerente da giustificarne la pubblicazione.
Molto interessante l’articolo, ma ho apprezzato meno la piega che ha preso la discussione nello spazio dei commenti. Non credo che il problema sia di partigianeria pro o contro gli OGM, né se la ricerca pura sia cosa buona o cattiva. Dirò una banalità: nessuna cosa è buona o cattiva in sé, dipende dall’uso che se ne fa. E l’uso che si vuole fare degli OGM è purtroppo finalizzato a far arricchire le aziende che li sviluppano.
Non mi si venga a dire che il "gene killer" di Monsanto ha finalità etiche, o aiuterà il mondo a sconfiggere la fame. L’unica finalità che ha è quella di vincolare i coltivatori, anno dopo anno, all’acquisto di granaglie, dal momento che quelle che coltiveranno non saranno fertili. E questo, per i paesi del terzo mondo, equivale a mettersi un cappio al collo: se per ipotesi l’intera agricoltura dovesse passare a semi con il "gene killer" le varietà locali sparirebbero, e la dipendenza sarebbe totale.
Quindi la questione passa su un piano etico/morale, la conoscenza in sé è neutra, ma poi che uso se ne farà. Ammesso che si arrivi un giorno (lontano) a conoscere abbastanza sul funzionamento dei geni da poter produrre nuove specie, poi come verrà utilizzato questo sapere? Regalare una simile conoscenza, un simile potere, ad una specie come la nostra socialmente e politicamente immatura, che conseguenze avrà? Mi sembra che da parte degli scienziati e dei tecnici questo livello di analisi sia pesantemente sottovalutato.
Dire che gli OGM possono "risolvere dei problemi" dovrebbe indurci a ragionare sulla definizione che noi diamo del "problema" in sé. Produrre fragole che resistono al freddo quale problema risolve? Vendere fragole ai finlandesi che altrimenti devono importarle? E’ davvero un problema così grave da richiedere investimenti in ricerche genetiche o piuttosto solo un’idea semplice e un po’ paracula per far soldi?
(N.b.: aggiungo qui una breve ma necessaria annotazione non presente nel commento originario. Nel lasso di tempo di diverse ore intercorso tra il momento in cui ho letto l’articolo, ed i primi commenti, ed il momento in cui ho scritto quello che state leggendo mi si devono essere rimescolate un po’ le idee, per cui ho fatto confusione tra il pomodoro resistente al freddo e le fragole-pesce che non sono mai esistite. Questa incongruenza mi è stata fatta notare nei successivi commenti all’articolo originale ed anche qui. Mi scuso se ho aggiunto disinformazione ad una argomentazione che continuo a ritenere di fondo ragionevole) |
Visto così il mondo appare diviso in due metà, una che deve risolvere il problema di avere da mangiare, e soffre la fame, l’altra che deve risolvere il problema di avere cibi nuovi ed esotici perché si annoia di mangiare sempre le stesse cose. La seconda metà spende e spande le ricchezze del mondo (il petrolio arabo) riccamente fregandosene della prima.
Sul tema dell’inquinamento genetico penso che la riflessione dovrebbe essere più profonda. E’ vero che anche in natura accade che le varie specie competano, ed alcune abbiano la peggio, ma qui devono competere con specie le cui finalità evolutive sono dettate dalle pretese umane, non da un adattamento naturale. Non c’è bisogno di scomodare l’ingegneria genetica per far notare che la selezione artificiale operata dall’uomo ha prodotto dei bovini da latte che ormai possono vivere solo in condizioni artificiali, con macchine che pompano via quotidianamente decine di litri dalle loro mammelle. Simili bovini, in natura, non sopravviverebbero a quelle che sono vere e proprie tare genetiche, tuttavia funzionali all’industria dei latticini. Per le specie vegetali il discorso è analogo, una pianta di mais selvatico impollinata da una varietà industriale potrebbe risentirne negativamente. Una pianta impollinata da mais contenente il gene killer produrrebbe una progenie sterile, e si estinguerebbe.
Poi, e qui il discorso ci porterebbe troppo lontano, c’è di fondo il problema dei problemi, quello della pressione demografica della nostra specie sull’ecosistema, ma fintanto che la spinta demografica verrà considerata alla stregua di un’arma da usare contro le popolazioni limitrofe, com’è in molta parte del mondo, difficilmente la nostra specie troverà un equilibrio col pianeta che la ospita.
E’ quindi a mio parere riduttivo legare lo sviluppo delle biotecnologie unicamente alla soluzione di "problemi" slegati da una visione globale di equilibrio da raggiungere. Potremo trovare il modo di rendere l’agricoltura più efficiente, ma questo non risolverà il problema di una popolazione in costante aumento, che alla fine richiederà sempre più cibo. E la soluzione a questo non verrà dalla scienza o dalla tecnica, ma da un maturazione collettiva, politica e sociale, delle persone.